62 . Pessime idee

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Pessima idea.
Quella di correre in bagno era stata una pessima, pessima idea. Chiudere la porta a chiave fu persino peggio, se esisteva una parte peggiore.
Non poteva chiedere aiuto, non voleva che qualcuno vedesse il suo aspetto, con quelle squame che si spaccavano come rocce laviche a mostrare il magma sotterraneo e il prurito le masticava la pelle come un mastino accanito. La morfina era troppo lontana da lei, precisamente nel cassetto della scrivania nella sua camera. Per un attimo pensò di lanciarsi e raggiungerlo a piedi: il Seidr non rispondeva. Era bloccata lì, in un bagno, con il suo aspetto da Muspell che la guardava negli occhi, un prurito che la stava torturando. Crepuscolo era così vicina che le fischiavano le orecchie. La stava invitando. Se avesse chiuso la mano attorno all'elsa sarebbe stata irrefrenabile. Anche davanti ad un esercito armato, se il KVM ne aveva uno. Ciò che la frenava, non era più la corruzione, ma il giudizio di Natasha che le perdonava tutto, quello di Tony che aveva già troppi incubi da smaltire, quello del Capitano che ormai si era intestardito e infine quello di Jay-Jay, che dormiva nel suo letto con il game-boy sotto il cuscino e il pigiama con i dinosauri che gli piaceva tanto e a cui aveva fatto una promessa. Inoltre, prendere la spada di suo padre significava essere condannata ad una vita di eremitaggio. Thor lo avrebbe scoperto subito, lo aveva già visto nella sua visione, e sarebbe venuto a cercarla. La legittima erede al trono di Muspellheim non doveva stare sulla Terra. Un impero era pronto per essere ereditato e rispondere ai suoi comandi, insieme ad un esercito, un popolo, un titolo, delle responsabilità che non aveva alcuna intenzione di assumersi. Astrid voleva solo la spada, voleva liberare sua madre ed essere imbattibile per difendere ciò che aveva conquistato: la sua libertà e la sua famiglia. Non era diverso da quando si era alleata con Loki. Il potere che le interessava ora era a beneficio di sé stessa e del suo onore, oltre che dei suoi amici e di quello della donna che l'aveva partorita.

Fiadh...

Il giorno in cui aveva scoperto di avere una madre era stato anche il giorno in cui aveva iniziato a alimentare una malinconia nei suoi confronti, un bisogno di affetto da parte sua, un bisogno di specchiamento e di condivisione con lei. Sebbene faticasse a chiamarla "madre" e riconoscerla come tale, il cuore della bambina che l'aveva tenuta per mano, in quel sogno comatoso sulla via per Asgard, ne era affamato.
Fiadh avrebbe sicuramente saputo come aiutarla, perchè in fondo sapeva che le voleva bene. Non l'aveva mai cercata per non morire di crepacuore e pensare a questo le faceva più male di tutto. Voleva conoscerla, sapere cosa le piaceva, se era precisa e meticolosa o caotica e grossolana come lei, sorprendersi a scoprire i tratti che avevano in comune. Tirò su col naso ricordando la treccia piena di fiori e spaghi che le cadeva sulla schiena e al percepire la consistenza di quelle piccole attorno al proprio capo, che aveva fatto apparire per assomigliare a lei, per tenere un pezzo di lei con sé.
Era divisa, strattonata da due desideri contrapposti: da una parte Jay-Jay che non poteva lasciare, dall'altra sua madre, bloccata in un bosco, senza poter vedere il mare, senza poter scoprire quanto fosse bella New York di notte e senza poter parlare con qualcuno, magari una sorella o un'amica. Provò un senso di strozzamento, che amplificò i morsi sulla pelle. Ma per colpa di Odino, erano destinate a mancarsi per sempre.

Si appoggiò sul lavandino e tese tutte quante le dita per smettere di scorticarsi.
Respira.
Dentro.
Fuori.
Dentro.
Fuori.
Udì una voce sibillina. Un fruscio, quasi un sospiro. La riconobbe subito. La sentì provenire alle sue spalle, oltre le mattonelle ruvide della doccia.

-Non era ancora tempo di ghermirla - disse Loki accompagnato dal riverbero - Oramai ha annusato il tuo sangue. Ti perseguiterà finchè non avrai corrotto la tua anima.

Aveva già abbondanti motivi per cui essere arrabbiata. Loki e il suo infierire erano la ciliegina sulla torta. Pemsava die ssersene liberata e invece eccolo. Era così irritante. Persino in prigionia riusciva a darle filo da torcere. Colpì il muro con il gomito e il muro si squarciò tanto da scorgere le tubature al suo interno. Se lo avesse avuto lì davanti gli avrebbe conficcato l'altro pugnale nel costato. Non le era mancato per niente. Per qualche ragione sentì il suo Seidr dissolversi nuovamente, per non fare più ritorno. Forse aveva capito di non darle fastidio.
Ora doveva capire come passare dalla sala comune senza trasformarsi, senza barcollare, senza sembrare moribonda o pazza. Come faceva a calmarsi? Un'epifania fulminea le attraverso il cervello. "Calmare", pensò, non "guarire". Il siero funzionava non perché guariva quello che a tutti gli effetti era il sintomo della sua aggressività repressa, ma perché la faceva rilassare e affievoliva la voce della Spada che urlava il suo nome.

Nebbia E Tenebre | MARVEL ❷Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora