Capitolo 9

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Noah's pov

Sei mesi prima

É l'alba mentre raggiungo la spiaggia nel punto in cui di solito mi vedo con Rory. Il cielo ha una tonalità chiara e si prospetta una bella giornata, perfetta per allenarsi anche se è inverno.

So già di trovare Rory mentre finisce il suo ciclo di stretching prima di indossare la muta e calarsi in acqua.

Ma quando raggiungo la spiaggia, lei é seduta sulla sabbia con un'enorme felpa addosso e i capelli rossi che volano al vento. Non c'è alcuna traccia della muta, né della sua tavola azzurra.

«Ciao, Rory» la mia voce la fa quasi sussultare, come se fosse persa nei suoi pensieri.

«Buongiorno a te» dice sfregandosi le mani per riscaldarle. «Siediti».

«Ti senti bene?» chiedo un po' allarmato. É appena arrivata da Boston e la prima cosa che mi ha detto quando sono andato a prenderla all'aeroporto è stata che avrebbe trascorso le due settimane successive ad allenarsi come una matta. Vogliamo entrambi partecipare alle regionali quest'estate, quindi mi sembra strano che stia sprecando delle buone onde come quelle di oggi.

Lei annuisce, ma evita di guardarmi. «Cos'hai amore?» mi siedo accanto a lei e mi sporgo per darle un bacio. Ancora mi fa strano tutto questo, che lei sia la mia ragazza.

«Io... volevo parlarti, Noah» la sua voce é rotta e io mi irrigidisco. «Di noi».

«Non capisco».

«Credo di... ecco, di» Rory cerca le parole più adatte mentre brividi gelidi mi corrono lungo la schiena. «Di non essere quella giusta per te».

Resto immobile, completamente pietrificato.

«Mi dispiace, Noah. La scorsa estate é stato bello e mi sono davvero divertita con te, ma adesso... con i campionati e tutto il resto»

«Vuoi mollarmi perché sono una distrazione?» non le lascio finire la frase e lei comincia subito a scuotere la testa.

«Certo che no. Ho solo capito che non posso darti quello che vuoi, che non provo quello che provi tu» vedo quanto pronunciare queste parole le risulti difficile, ma non credo abbia la minima idea di quello che mi sta facendo.

Sento il mio cuore sgretolarsi, pezzo dopo pezzo. E lei sta lanciando i cocci dritti nell'oceano.

«Non sono quella giusta. E lo sai anche tu».

No non lo so, vorrei gridarle. Perché non è vero, perché la amo. O, almeno, credevo di farlo. E credevo che per lei fosse lo stesso. Dopo tutto questo tempo, dopo tutti gli anni in cui ci siamo avvicinati cautamente, diventando prima amici e poi qualcosa di più.

«Ti prego, dimmi qualcosa» ha le lacrime agli occhi, le scorrono sulle lentiggini appena accennate e io respingo l'impulso di asciugargliele con le dita.

Vorrei dirle tante cose, ma resto in silenzio, completamente schiacciato dal peso del mio cuore che si rompe, come un fragile castello di carte. Non sono preparato e le sue parole mi spiazzano come un'onda anomala.

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