Capitolo 6

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Cammino fino a casa, fino al garage dove so che il nonno tiene la sua vecchia tavola da surf. É pesante, ma la stringo con entrambe le mani.

É il profumo del mare a condurmi sulla spiaggia, in un lembo di sabbia nascosto da bassi arbusti. Inciampo tra i rami, imprecando, ma ormai sono arrivata fin qui e non ho intenzione di tirarmi indietro.

Il rumore delle onde mi chiama, come il dolce canto di una sirena al chiaro di luna e mi chiedo se sia questo ciò che ha sempre ascoltato Rory. Lei che aveva l'acqua del mare a scorrerle nelle vene.

I miei gesti sono rallentati dall'alcol, e riesco soltanto a togliermi le scarpe. La sensazione della sabbia sotto ai piedi mi fa sentire improvvisamente leggera, come se camminassi su una nuvola.

L'acqua è gelida e il vento mi spruzza grosse gocce sulla faccia e sulla pelle nuda delle braccia, facendomi rabbrividire.

Cerco di ricordare i movimenti di mia sorella, il modo in cui entrava in acqua, come posizionava le mani sulla tavola.

In pochi secondi l'oceano mi ha inglobata fino alle ginocchia, gelandomi le ossa. Ma ignoro il freddo e continuo a camminare. Il vestito bianco aderisce alla pelle dell'addome. Stringo le dita attorno alla tavola fino a farmi diventare le nocche bianche e mi mordo il labbro per non sentire il freddo.

É stranamente piacevole quando mi immergo completamente in acqua. Ripeto quasi meccanicamente le mosse che ho visto fare a mia sorella un migliaio di volte: mi sdraio sulla tavola, iniziando a muovere le braccia e i piedi per restare a galla e avanzare.

Più vado avanti più l'acqua diventa immensa e le onde alte, ma il freddo mi libera la mente e, finalmente, non penso più a nulla.

Non c'è Rory, con il suo sorriso dolce e le lentiggini.
Non c'è Rory, con i capelli ramati e lisci come spighe di grano.
Non c'è Rory, con il suo perenne ottimismo e la gentilezza che conquista sempre tutti

Lei non c'è.

Ma c'è l'oceano.

E, improvvisamente, mi rendo conto della sua indomabilità. Sto continuando ad allontanarmi dalla riva, ma non riesco a distinguere un punto finito nel mare. Tutto è uguale e l'acqua si mischia al cielo notturno rendendomi impossibile capire dove inizia uno e finisce l'altro.

Quella che mi sembrava una buona idea si trasforma in un secondo nel mio più grande incubo.

Ho paura di quest'acqua torbida e incontrollabile, senza fine. Mi stringo alla tavola, cercando di tornare indietro ma é ormai troppo tardi. La corrente è troppo forte e le onde mi portano dove vuole l'oceano. Alla deriva.

Il panico si impossessa del mio corpo, rendendo vano ogni tentativo di restare a galla. Vado giù, ricerco velocemente l'aria ma intorno a me c'è solo buio. Anche la luna ha spento la sua luce.

É questo quello che ha provato Rory prima di morire? Questa paura, questo senso di impotenza?

Eppure, sono sicura che era lei a dire che cavalcare un'onda ti dava la potenza di una regina, ti faceva sentire padrone del mondo.

Provo a ritornare a galla aiutandomi con la tavola, spingendone la punta verso l'alto e in parte ci riesco, tornando finalmente a respirare. Mi riempio i polmoni solo per rendermi conto che mi fanno male e che ho bevuto più acqua del dovuto.

Tento di issarmi sulla superficie liscia della tavola, ma un'onda mi colpisce in pieno. Sento il rombo del mare nelle orecchie e l'urto spezza il laccio di sicurezza che mi tiene legata alla tavola, lasciandomi precipitare nel vuoto.

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