Capitolo 20

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La nonna mi trova il mattino dopo, addormentata sulla sdraio fuori in giardino, con la fronte bollente e il corpo scosso dai brividi della febbre. Neanche me lo ricordo quando mi porta di sopra e mi infila sotto alle coperte. Mi sento leggera come una piuma, ma con la testa pesante e le palpebre che bruciano.

Mi sento completamente a pezzi, dislocata dalla realtà e persa nei miei incubi.

Vedo un nero intenso, il buio più soffocante intorno a me. Lentamente mi rendo conto di trovarmi in un vortice d'acqua scura. Il vento soffia forte, come a volermi condurre lontano. Ed io non ho le forze per oppormi.

Vedo mia sorella, con il viso pallido e le labbra azzurre, congelate. Gli occhi spenti e i capelli spezzati. I vestiti bagnati e la paura in ogni fibra del suo essere. Lo sento nel cuore, perché noi siamo legate. Perché lei è l'altra metà della mia anima.

Poi lo scenario cambia e mi ritrovo a Boston, nella mia stanza di sempre con l'enorme libreria. Ma la porta è chiusa a chiave da fuori e io sono intrappolata. Provo a battere le mani sul legno e gridare, ma non sento nessuno. E nessuno sente me. Nessuno viene da me perché sono da sola.

Ancora una volta mi ritrovo in riva all'oceano, una massa informe di oscurità, infinita e violenta. Ancora mia sorella. Questa volta, però, è arrabbiata. Non dice niente perché ha le labbra cineree sigillate, ma il suo sguardo parla per lei: mi sta accusando, puntandomi il dito contro. Provo a dirle qualcosa, provo a dirle che mi dispiace. Ma quando apro la bocca, fiumi di acqua salata si riversano sulla sabbia bagnandomi i vestiti, impedendomi di respirare. E Rory resta lì a guardare, immobile.

Mi dispiace, mi dispiace.

Vedo il sole del tramonto, caldo e luminoso. Stormie e Maila sono in acqua, indossano la stessa muta e le tavole svettano tra le creste delle onde e io le sto guardando dalla spiaggia, con un libro in mano e i raggi infuocati che quasi mi bruciano la pelle.
Si voltano un momento, dando le spalle all'oceano, per salutarmi, i loro sorrisi caldi e luminosi. Ma non si accorgono che il sole cala all'improvviso e qualcosa cresce dietro di loro.

Un'onda. Gigantesca, violenta, mortale.

Provo ad avvertirle, ma loro continuano a sorridere ignare del pericolo. Il momento dopo non le vedo più, l'oceano ha inghiottito anche loro nella sua morsa fatale, mettendo a tacere le urla e i singhiozzi.

Mi dispiace, mi dispiace.

Un altro luogo, un altro incubo. Sono nel giardino nella casa dei nonni, riconosco le piante di eucalipto e il loro profumo. Noah è qui, si avvicina più bello che mai. Ha la pelle dorata, gli occhi luminosi che mi guardano come se volessero di più, le labbra piene e i capelli in disordine. Infilo la mano tra i suoi ricci biondi e lui mi avvicina ancora di più. Finché i nostri corpi aderiscono e i respiri si fondono in uno solo.
Poi si irrigidisce, la linea della mascella si contrae e gli occhi si assottigliano, come se mi stesse guardando per la prima volta. «Non sei Rory» dice con la voce carica di disprezzo. «Cosa le hai fatto?» le sue mani si allontano da me con uno strattone. Lui si allontana da me.

Mi dispiace, mi dispiace.

Resto di nuovo da sola, sulla spiaggia, nella mia camera a Boston e qui, nel giardino dei nonni.

Non riesco più a capire quale sia la verità e quali gli incubi. Forse, non c'è confine tra i due.

' ~ ~ '

Noah's pov

«Resta» sento Stella supplicare, il viso rigato di lacrime e i capelli ancora umidi che catturano la luce fioca e sbiadita di una luna pigra e nascosta tra le nuvole.

Resta. Crede che non abbia sentito il suo sussurro. Ma non ci riesco, non posso. Le ho già causato abbastanza dolore, devo convincermi che la sua vita sarà migliore senza di me.

Quello che è successo a Rory, per colpa mia... non posso lasciare che accada anche a Stella.

Mi allontano da lei, ma lei continua a seguirmi nella mia testa. Rivedo il suo sguardo alla festa, come se avesse paura di me. La rivedo che cade nella piscina perché non mi sono accorto in tempo che era lei. Rivedo Stormie e Maila guardarmi come se fossi un mostro. Jessie, anche con le labbra spaccate, sorrideva.

Rivedo il corpo di Stella tremare dopo che Buck l'ha tirata fuori dall'acqua. Aveva il viso stravolto, come se avesse appena rivissuto un trauma.

E, la parte peggiore, è che so esattamente cosa ha vissuto. Crede di essere responsabile per la morte di sua sorella, ma non conosce la verità. E, se lo facesse, non vorrebbe più guardarmi in faccia.

C'è una parte di me che vorrebbe confessare, solo per vederla smettere di torturarsi in questo modo. Ma l'altra parte, troppo egoista per fare la scelta giusta, vorrebbe che lei tornasse a guardarmi come una volta, quando ancora non aveva visto il lato peggiore di me.

E poi c'è il mio cuore, che vorrebbe soltanto toccarla e non smettere mai di stringerla, di tenerla vicina. Di assaporare la sua pelle, il suo corpo, le sue labbra.

Il mio cuore, che si è innamorato del suo.
Che si innamora del suo ogni volta che tiene testa alle mie battute. Ogni volta che abbassa lo sguardo perché si sente in imbarazzo ma non si rende conto di quanto sia bella. Ogni volta che si porta indietro i capelli bagnati dalle onde. Ogni volta che un piccolo successo nell'oceano la fa sorridere illuminandole gli occhi.
Ogni volta che la guardo.

Ogni volta che smetto di respirare perché lei è vicina. Ogni volta che il mio corpo reagisce al suo.
Ogni volta che respiro.

I miei pensieri mi hanno completamente tolto la percezione dello spazio. Mi ritrovo a camminare fino al sentiero che conduce alla vetta della scogliera. Ho ancora i brividi dall'ultima volta che sono stato qui, ma é anche la prima volta che ci torno dall'incidente. Da quando, per colpa mia, Stella ha perso sua sorella.

Vorrei avere il coraggio di tornare indietro e controllare come sta. Mi sento uno schifo ad averla lasciata lì, da sola.

Ma comincio a salire tra gli arbusti fitti, graffiandomi le ginocchia. Riconosco ancora la strada sterrata e in pochi minuti mi ritrovo in alto.

L'oceano è agitato come quella notte, come una sorta di promemoria che suggerisce di voltarsi e scendere dalla scogliera. Ma io resto immobile, con il vento che soffia impetuoso e il forte fragore delle onde che si infrangono sugli alti speroni.

Mi sento improvvisamente stanchissimo, svuotato. Mi accascio al suolo come un bambino e, per la prima volta da sei mesi, permetto a me stesso di lasciarmi andare e piangere. Piangere sul serio.

Il buio mi fa da fedele compagno nella mia angoscia. Poi, quasi come per magia, le nuvole si dipanano. La superficie scura dell'acqua viene illuminata da un forte bagliore. Ma non è la luna.

Sono le stelle.
Una in particolare. Luminosa e bellissima.

E, improvvisamente, anche le nuvole dentro di me scompaiono e resta solo una luce. Forte e magnifica. La mia stella.

Mi rendo conto in questo momento di tenere a lei molto più di quanto mi era concesso, più di quanto avrei sperato. Non voglio perderla perché sarebbe come smarrire la luce, ancora una volta.

Ma devo raccontarle la verità, anche se poi mi odierà.

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