Capitolo 3

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Non so dove sono, ma decido di bloccarmi quando non sento più l'aria entrarmi nei polmoni e il sapore dell'oceano inondarmi completamente i sensi.

Esausta, mi lascio cadere su una piccola duna di sabbia, con il rumore del mare che mi rimbomba nelle orecchie, mettendo a tacere tutto il resto. Ho ancora gli occhi umidi, ma almeno la mente si è svuotata completamente.

Rabbrividisco quando l'aria ormai fredda della sera mi colpisce la pelle nuda delle braccia e delle gambe. Le stringo al petto, cercando di farmi scudo dal vento.

«Ho pensato potesse servirti» una voce allegra mi giunge alle spalle e, veloce, mi asciugo le ultime lacrime prima di voltarmi e vedere una ragazza tendermi la mia felpa. «Me l'ha data tua nonna» dice.

«Mmh, grazie».

«Sono Stormie» sorride, rivelando denti bianchissimi. Ha la pelle già leggermente abbronzata e i capelli biondi.

«Stella» mi presento, mentre mi infilo la felpa, coprendo l'enorme macchia sul top e beandomi del calore istantaneo.

«Si, lo so. Voglio dire, conosco tua nonna e conoscevo Aurora» farfuglia lei, agitando le mani e abbozzando un sorriso imbarazzato.

«Mi dispiace per Noah, lui a volte sa essere davvero uno stronzo» continua, a ruota libera.

«Non fa niente, ma avrei voluto rispondergli per le rime» e lo avrei fatto davvero, se non fossi stata tanto vittima dei miei pensieri.

«Avrei fatto il tifo per te» commenta Stormie, abbandonandosi ad un'allegra risata che, inevitabilmente, coinvolge anche me.

Mi rendo conto che questa è la prima volta che sorrido davvero da quando sono partita, e in realtà la prima volta in sei lunghi mesi.

La luce delle prime stelle illumina il volto di Stormie e la collanina in argento.

«Mia sorella portava sempre lo stesso ciondolo» dico, continuando a guardare ipnotizzata la piccola tavola da surf che ondeggia tra le clavicole di Stormie.

Lei si porta la mano al collo. «É una sorta di portafortuna».

«Fai surf?»

Stormie annuisce. «Ti renderai conto che qui a Conny Bay non si parla né si fa altro. È una piccola cittadina e l'oceano è l'unica casa che abbiamo».

L'oceano è casa. Le parole di Rory mi rimbombano nelle orecchie e desidero solo essere altrove, lontana chilometri da qui o da qualunque altro posto che si affaccia sul mare.

Lei deve averlo notato, perché cambia subito argomento con un sospiro brusco. «Verrai alla festa domani? Non è niente di speciale, ma si inaugura l'inizio dell'estate».

Oh, fantastico, una festa in riva al mare. Vorrei declinare l'invito, e ho un milione di motivi per farlo — perché devo finire di sistemare le mie cose a casa dei nonni, perché sono ancora stanca e voglio dormire o, semplicemente, per via del fuso orario — ma in qualche modo nessuno mi sembra abbastanza valido.

«Non saprei...»

«Andiamo, sarà divertente. Ti farò conoscere i miei amici» Stormie si è già alzata in piedi con un salto, prendendo il telefono dalla tasca posteriore dei pantaloni. «Mi serve il tuo numero».

Mi alzo anch'io e glielo detto, cogliendo la sua espressione felice.

«Perfetto!» commenta. «Più tardi ti mando tutti i dettagli. Ci vediamo!»

La saluto e la guardo per un secondo camminare verso la strada, poi rimango di nuovo da sola con i miei pensieri. E non so se sia un bene.

~      ~ '

Mentre tornavo a casa, pensavo soltanto di voler crollare sul letto e dormire fino al mattino dopo. Ma quando mi sono chiusa in camera il sonno non é arrivato, lasciandomi a fissare immobile il soffitto.

Quindi eccomi qui, con il mio pigiama con le fragoline e un libro tra le mani, a scendere le scale a piedi scalzi. Apro la portafinestra che dà sul giardinetto e mi posiziono su una sdraio. Ho intenzione di leggere fino a quando non avrò sonno.

É mezzanotte passata, ma la luna mi sembra molto più luminosa rispetto a Boston. Forse perché non ci sono tante luci artificiali a schermare la brillantezza del cielo.

La quiete, tuttavia, non dura molto neanche qui, un luogo ai margini del mondo e dimenticato da tutti. Sento qualcosa agitarsi tra i cespugli che dividono la casa dei nonni con quella dei vicini, finché una testa bionda sbuca dagli arbusti di eucalipto.

Vedo una tavola da surf sguizzare nell'aria e poi un paio di occhi azzurri bloccarsi quando mi notano dall'altra parte del giardino.

«Guarda quanto è piccolo il mondo!» commenta Noah sarcastico e il suo tono mi fa subito drizzare i capelli e infiammare le guance di rabbia.

«Non è il mondo, ad essere piccolo. Ma quest'isola» ribatto, con la stessa inclinazione di voce.
Mi aspetto che lui mi risponda con altre parole taglienti, ma si limita a sorridere, abbassando lo sguardo sulla tavola che tiene stretta sotto al braccio.

Goccioline d'argento gli ricadono dalle ciocche bionde e, solo adesso che resto a fissare immobile il loro corso, mi rendo conto che è a torso nudo. I muscoli guizzano sotto la pelle perlacea, forti e torniti.

Distolgo immediatamente lo sguardo, ma non sono abbastanza veloce da evitare una sua frecciatina. «Ti piace il surf?» chiede ridendo.

«Non proprio».

«Oh, a me sembra di sì».

«Te lo sarai immaginato».

Noah resta a fissarmi con occhi pieni di sfida, poi si passa le dita tra i capelli bagnati e distoglie lo sguardo.

Vorrei essere capace di fare lo stesso anch'io, guardare le piante curate del giardino, guardare le pagine del libro abbandonato sulle mie ginocchia. Ma mi limito a fissarlo con le sopracciglia aggrottate.

Ripenso alle parole di Rory, che il surf é uno sport che richiede pazienza e sacrificio. E, adesso, mi chiedo se non sia questo, il sacrificio di Noah: allenarsi di notte, dopo una giornata di lavoro. Coricarsi tardissimo e svegliarsi all'alba solo per mantenere fede ad una passione.

La vibrazione del telefono mi desta dai miei pensieri, illuminandomi il viso con la sua intensa luce azzurrina. Mi sporgo leggermente in avanti: é un messaggio di Stormie, probabilmente con le informazioni per la festa di domani. E, come se questo spezzasse il momento, anche Noah riprende a camminare verso la porta sul retro di casa sua.

«Devo andare, domani ho il doppio turno» dice con noncuranza, ma prima che possa sparire del tutto tra i cespugli, si volta. «Bello il pigiama comunque».

«Perché? Vuoi versarci di nuovo il cioccolato?»

Forse é davvero stanco, perché si limita a ridere anziché ribattere.

«Buonanotte, America».

Vorrei dirgli che odio i soprannomi, ma il suo sorriso mi fa dimenticare per un secondo il mio nome e tutto quello che vedo sono i riccioli biondi e la punta della sua tavola da surf.

«Buonanotte».

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