Capitolo 23

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Seduta sulla tavola da surf di Noah, mi sono lasciata trasportare dalle dolci onde dell'oceano, e dalla sua mano.

L'increspatura dell'acqua mi solletica la pelle nuda delle gambe ma, avvolta nella felpa di Noah, sento soltanto il suo profumo e quello, pieno e maestoso, dell'oceano.

Non siamo troppo lontani dalla riva, eppure sembra di essere su un pianeta alieno lontano da tutto. Lontano dai rumori e dalle luci della città, dalla gente curiosa e dalla musica che proviene dalle spiagge limitrofe.

Qui, nell'acqua, ci siamo soltanto io e Noah, e la luna. Sembra molto più grande vista da qui, un'enorme sfera lattiginosa che pende sul filo dell'oceano come una ghigliottina.

La meraviglia del paesaggio mi fa dimenticare per un attimo il vero motivo per cui sono qui, per cui ho scritto a Noah di vederci.

Voglio risposte e, finalmente, lui sembra disposto ad esaudire i miei desideri. Come poco fa sulla spiaggia, continua a guardare dritto davanti a sé, come se quello dell'oceano fosse un richiamo troppo forte per lui.

«Amavo tua sorella» dice, e per la prima volta sono felice di non aver parlato per prima e, soprattutto, sono grata che stia guardando la luna perché le mie guance si tingono di ciliegia.

Improvvisamente mi rendo conto di non voler questa risposta, non voglio sentirmi dire che non sono Rory e che il mio quasi bacio con Noah è stato solo un errore, un momento di debolezza.

«Era impossibile non farlo» continua lui. «Sapeva sempre come farti ridere e portava il sole ovunque andasse. Credo che fosse inevitabile ad un certo punto, innamorarmi di lei».

Una serie di frammenti di ricordi mi attraversano la mente come una lama affilata. Rivedo il sorriso luminoso di Aurora e so benissimo di cosa parla Noah. Per tutta la vita, io sono stata la notte e mia sorella il giorno.
Io le stelle e lei il sole.

Lei è sempre stata quella piena di vita, di amici, quella libera che seguiva solo il proprio cuore. Quella che tutti invitavano alle feste di compleanno. E lei neanche si sforzava di essere così. Aveva il sole dentro, l'oceano nelle vene.

«Ma ho impiegato troppo tempo a capire che lei non mi amava allo stesso modo» Noah continua a parlare, muovendo lentamente le lunghe gambe nell'acqua. I ricci gli ricadono sulla fronte e catturano la luce della luna come minuscoli fili di perle luminescenti.

«Credevo che non fossi abbastanza per lei, che ci fosse qualcun altro che la aspettava a Boston, magari qualche figlio di papà che le offriva il mondo intero».

«Il mondo intero non ha mai interessato a Rory» la mia voce è un sussurro. Il mio cuore accoglie il dolore di Noah, un dolore che però faccio fatica a comprendere sia stato causato da Rory. Mia sorella che non ha mai fatto del male ad una mosca, che si batteva sempre affinché i suoi amici invitassero anche me ad uscire, che mi ha protetta per tutta la vita e che si prendeva sempre la colpa per me.

A volte, leggo storie di fratelli e sorelle che si odiano e non si sopportano per nulla, soprattutto negli anni dell'infanzia. Ma con Rory era impossibile. L'unico litigio che abbiamo avuto... quel litigio era qualcosa di strano. Una pagina distorta che non sarebbe mai dovuta esistere.

Noah si volta a guardarmi, gli occhi azzurri come una lastra di vetro che brillano anche sotto al cielo notturno. «Eppure c'era una sola persona che era tutto il suo mondo, l'altra metà della sua anima».

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