cap 52

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Alice's pov

Corsi in bagno e mi appoggiai al lavandino, fissando il mio riflesso allo specchio. Non mi riconoscevo. Gli occhi erano lucidi, le labbra tremavano, e un'ondata di disperazione mi risaliva lungo la schiena come un'onda inarrestabile. La musica si sentiva ancora in lontananza, ma per me era solo un rumore indistinto quasi fastidioso.
Nella mia testa rimbombavano solo l'immagine di loro due, il modo in cui lui la stringeva, e lei si aggrappava alle sue spalle.

Sentivo le lacrime scendere, calde e silenziose, mentre cercavo di riprendermi. Non volevo piangere per lui, non dovevo. Eppure, ogni pensiero tornava a Matteo, a tutto quello che avrei voluto dirgli, a tutto quello che avevo perso. L'amore che provavo per lui, così intenso e complicato, sembrava ora una ferita aperta che non sapevo come curare.

La verità era che mi sentivo persa. Per quanto cercassi di essere forte, non riuscivo a smettere di pensare che mentre io mi consumavo di dolore, lui stava con lei, senza preoccuparsi minimamente di cosa stesse accadendo dentro di me.

Mi guardai di nuovo allo specchio. Quella ragazza riflessa, con gli occhi lucidi e la stanchezza dipinta sul volto, non era la versione di me che volevo mostrare. Dovevo reagire, dovevo uscire da quella spirale di autocommiserazione.
Ma come si fa a ignorare il dolore quando lo senti in ogni respiro?

Mi ero appena appoggiata di nuovo al lavandino, cercando di fermare le lacrime che continuavano a scendere, quando la porta del bagno si aprì e sentii dei passi leggeri entrare. Mi girai di scatto, cercando di nascondere il viso rigato dalle lacrime, ma chiunque fosse entrata aveva già visto tutto. Speravo solamente che ignorasse la mia presenza, che andasse direttamente a sistemarsi allo specchio, ma sentii subito una voce dolce, quasi preoccupata.

X: "Ehi, tutto bene?" domandò una ragazza dai capelli castani e mossi, con un sorriso così sincero che mi colse alla sprovvista.

Annuii velocemente, cercando di ricompormi.
A: "Sì, sì, tutto a posto... grazie," risposi con un filo di voce, anche se non ci credevo neanche io.

Lei però non sembrava convinta. Fece qualche passo verso di me, con delicatezza, quasi come se temesse di invadere il mio spazio.
X: "Non sembra proprio così. Scusami se mi intrometto, ma... sembri davvero giù."

Quando alzai lo sguardo per guardarla per bene la riconobbi, era la ragazza seduta al tavolo con gli altri.
C'era qualcosa di disarmante in quella sua gentilezza. Non mi conosceva, eppure c'era una preoccupazione sincera nei suoi occhi. Forse era l'alcol o forse la solitudine che mi pesava sul cuore, ma in quel momento avrei voluto solo sfogarmi con qualcuno.

A: "È complicato... soliti problemi... sai com'è." le risposi senza entrare nei dettagli, se conosceva la band non potevo rischiare di espormi troppo.

Lei annuì comprensiva, avvicinandosi ancora un po' e con un po' di fatica si sedette nel pavimento del bagno accanto a me.
Se i marchi che ci stanno utilizzando per sponsorizzarsi vedessero i solo vestiti per terra impazzirebbero.

X: "Non sei stata molto esplicativa ma va bene così.. Non sei obbligata a dirmi cosa non va.."
Poi mi porse un fazzoletto. "Ma lascia che mi presenti dato che non ci conosciamo, io sono Rebecca."

Presi il fazzoletto e mi asciugai le guance, sforzandomi di sorridere.
A: "Alice. Grazie, Rebecca."

Ci fu un attimo di silenzio in cui mi chiesi se avessi fatto bene a mostrarmi così vulnerabile, ma Rebecca sembrava davvero solo voler aiutare. Dopo un istante, si appoggiò al lavandino accanto al mio, guardandomi con un'espressione dolce ma decisa.
R: "Se ti va di parlarne, io sono qui. A volte raccontare le cose a una persona estranea aiuta a mettere tutto in prospettiva. E se non vuoi dirmi cosa non va puoi sempre lamentarti di quanto faccia schifo la vita e io non potrò fare a meno di darti ragione" sorrise

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