14 - SE QUALCUNO MI DA DEL MAGGIORDOMO LO PRENDO A PUGNI SUL NASO

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"Dove il silenzio, diventa la sua unica difesa e la fiducia, una porta che nessuno riesce più ad aprire."
- Rae Hart

Jonathan

Osservavo Mia da lontano, cercando di mantenere il mio solito distacco professionale, ma sapevo che non sarebbe stato facile. Non con lei. C'era qualcosa in lei che riusciva a scatenare in me un misto di irritazione e fascino, una combinazione pericolosa che avevo cercato di ignorare. Il ricordo di lei, era indelebile come un tatuaggio. Non era facile, fingere di non conoscerla. Mentre sedeva al suo posto, con lo sguardo fisso fuori dal finestrino, mi chiesi cosa stesse pensando. Forse si stava ancora chiedendo perché avesse accettato la mia presenza, nonostante il suo orgoglio evidente e il bisogno di tenere tutto sotto controllo. Mia non era una donna che si lasciava intimidire, e di certo non accettava aiuti facilmente. Eppure, eccoci qui, a condividere lo stesso volo verso Londra, con quella tensione tra noi che sembrava vibrare nell'aria. Il mio istinto, aveva avuto la meglio, quando Dan, mi aveva chiamato disperato e mi aveva raccontato l'accaduto al museo. Avevo passato la notte in bianco, ricordando come si stringesse a me, quando aveva paura.
Lei guardava le stelle e io guardavo lei.
Lei era stata la mia stella.
Decisi di concentrarmi sul mio telefono, cercando di non pensare troppo. Questo lavoro non doveva essere personale. Era solo una questione di sicurezza, di tenerla fuori dai guai. Ma con Mia niente era semplice, e il nostro rapporto, se così si poteva chiamare, era sempre stato complicato, fin dall'inizio.

*

Dopo un'ora di volo, mi alzai e feci un rapido giro per il jet, controllando che tutto fosse a posto. Era un'abitudine che avevo sviluppato nel tempo, la necessità di mantenere il controllo su ogni situazione, soprattutto quando c'erano troppe variabili in gioco. Mia era una di quelle variabili, forse la più imprevedibile. Mentre tornavo al mio posto, il jet cominciò la discesa verso Londra. Sentii l'atmosfera cambiare, un mix di attesa e tensione. Mia si raddrizzò nel suo sedile, come se sapesse che il vero test sarebbe iniziato una volta a terra. Lo sbarco fu rapido. Appena usciti dall'aereo, l'aria fresca di Londra ci accolse. Il grigio cielo della città si rifletteva nei suoi occhi, che ora sembravano più chiusi, come se avesse indossato una maschera invisibile per nascondere ciò che sentiva davvero. Non l'avevo mai vista cedere troppo alle emozioni, ma ora sembrava più distante che mai. La limousine ci attendeva sulla pista. Mia camminava davanti a me, sicura come sempre, ma notai un leggero irrigidimento nelle spalle. Qualcosa la preoccupava, e non era solo il fatto di essere sorvegliata da me. Quando salimmo in auto, il silenzio tra noi era quasi assordante. Mia guardava fuori dal finestrino, il suo viso era impassibile, ma sapevo che dietro quel volto freddo stava calcolando ogni possibile mossa, ogni singola parola che avrebbe potuto pronunciare. Decisi di rompere il silenzio, se non altro per alleggerire la tensione.
<<Siamo quasi arrivati>> dissi, fissandola nel riflesso del finestrino.
<<Londra non è cambiata molto da quando ci sono stato l'ultima volta>>.
Non si voltò nemmeno, ma rispose con la sua solita voce tagliente.
<<Non sono qui per visitare la città>>.
Un mezzo sorriso si formò sulle mie labbra. Tipico. Mia non perdeva mai occasione per farmi sapere quanto fosse indipendente e distaccata. <<Immagino di no>>mormorai. La macchina scivolò attraverso le strade trafficate di Londra fino a fermarsi davanti all'albergo. Il lussuoso edificio si stagliava contro il cielo grigio, con le sue eleganti linee moderne che si mescolavano alla storicità della città. Non era solo un rifugio temporaneo, ma il luogo dove avremmo pianificato i prossimi passi.
<<Siamo arrivati>> dissi, aprendo la portiera e aspettando che scendesse. Mia uscì con la stessa grazia altera che la caratterizzava sempre, lanciandomi solo uno sguardo veloce prima di dirigersi verso l'ingresso. Sapevo che i giorni a venire sarebbero stati difficili. C'era una battaglia non detta tra noi, una che si giocava non solo sulla sicurezza, ma su chi sarebbe rimasto con il controllo della situazione. Eppure, nonostante tutto, mi ritrovai a sperare che, in qualche modo, le cose non andassero come avevo immaginato. Forse, Londra ci avrebbe riservato sorprese.

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