"La neve copre ogni traccia, ma certi segreti non si possono seppellire; prima o poi riemergono, come ombre nella tempesta."
-Rae Hart
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La neve è così fitta che sembra volersi impossessare del mondo intero, avvolgendolo in una nebbia bianca e immobile. Il buio della notte, spezzato solo dal debole riflesso dei fari, è impenetrabile, come una bestia silenziosa che aspetta. Stringo il volante, cercando di cogliere anche solo un dettaglio della strada, ma ogni riferimento è inghiottito dalla furia della tempesta.
<<Maledizione!>> mormoro, la voce bassa e tagliente, mentre il tachimetro ondeggia. L'Alaska sa essere spietata, e questa notte sembra aver deciso di ricordarmelo. Non mi piace guidare in questo stato, ma non ho scelta. Non è una notte qualunque, e non posso rischiare di essere intercettato. Abbasso un po' la velocità, scorrendo mentalmente i dettagli del piano per la centesima volta. Ogni pezzo è al suo posto, almeno fino a...
Il suono improvviso di una chiamata spezza la quiete del motore, rimbombando nel piccolo abitacolo. Sbuffo, irritato. Perfetto, proprio quello di cui avevo bisogno. Schiaccio il pulsante sullo schermo e una voce familiare, tagliente come un coltello, riempie l'auto.
<<Allora?$$ domanda senza esitazioni, come se avesse letto nei miei pensieri <<A che punto è il piano?>> sospiro, cercando le parole giuste. <<Rallentato. C'è Jonathan di mezzo>>.
Dall'altra parte della linea cade un silenzio sospeso, pesante. Poi, un'esclamazione secca, come un colpo di frusta <<Jonathan?>>
<<Anderson>> confermo, con il fastidio che mi affiora in gola, come un retrogusto amaro che non riesco a mandar giù. Non avevo previsto questa complicazione, e so che non sono il solo a esserne contrariato. Esplode in una raffica di imprecazioni che risuona attraverso gli altoparlanti <<Quello stramaledetto Jonathan! Sempre tra i piedi, sempre a ficcare il naso dove non dovrebbe. Pensavo di essermene liberato vent'anni fa! Sempre pronto a rovinare tutto! Quel gran figlio di puttana!>>
Ogni sua parola è un pugno nel silenzio della macchina, ma io non rispondo. Non ce n'è bisogno. Jonathan è diventato un problema per entrambi, un ostacolo che nessuno di noi aveva previsto. Le sue mosse sembrano sempre anticipate, come se avesse un sesto senso. Ed è questo che mi rende nervoso. Lui non è come gli altri. C'è qualcosa in Jonathan Anderson che lo rende... diverso. Come se la sua stessa esistenza fosse una minaccia costante, una presenza che incombe e osserva, in attesa del momento giusto per affondare il colpo. E adesso è qui, tra noi e ciò che ci spetta di diritto. La voce dall'altra parte si calma, riducendosi a un sibilo.
<<Non deve interferire ancora. Sappiamo entrambi cosa significa avere un cane sciolto come lui in giro, a fare domande. E non è la prima volta...>> lo so troppo bene. Stringo il volante e sento i tendini della mano pulsare sotto la stretta. Certe ombre del passato dovrebbero restare sepolte, ma lui ha sempre un modo per riportarle alla luce, come se scavasse nelle ossa della terra stessa. E adesso quel passato rischia di inghiottire anche il mio presente. La macchina avanza tra il bianco senza fine, i fari come fiammelle sperdute in una notte che sembra non voler finire mai. Dentro di me, tutto ribolle. Ogni pensiero, ogni strategia è un calcolo febbrile. Mi muovo in silenzio, e il silenzio, dopo quella chiamata, pesa come un macigno. Gli edifici della mia città si avvicinano, le ombre accese dai pochi lampioni si allungano deformi e oscure sul parabrezza. Provo a ignorarle, ma è come se qualcosa mi osservasse da fuori, come se Jonathan stesso mi stesse seguendo da lontano, pronto a colpire, nascosto in quella neve.*
La tempesta si placa appena quando finalmente raggiungo la mia destinazione: una piccola baita incastonata tra gli alberi, nascosta da un muro di neve. Spengo il motore e il mondo si avvolge nel silenzio, interrotto solo dal vento che sibila e scuote i rami dei pini come uno spettro inquieto. Faccio un respiro profondo e lascio che la tensione accumulata durante la guida svanisca, anche se solo per un istante. Scendo dall'auto, e il gelo mi colpisce come una frustata. Ogni passo affonda nella neve fresca, che ormai mi arriva quasi a metà stinco. La luce dei fari, ancora accesa, crea ombre lunghe e distorte sui fiocchi che continuano a cadere, inghiottendo tutto ciò che mi circonda. Apro il portellone posteriore e afferro lo zaino, sentendone il peso familiare sulle spalle. Contiene tutto ciò di cui ho bisogno, eppure non riesco a scrollarmi di dosso l'inquietudine. Avanzo verso la porta. Il legno della baita è ricoperto di una patina di ghiaccio, e i contorni della casa sono sfumati, quasi surreali, nella fitta neve. Sollevo il coperchio di un piccolo pannello accanto al pomello, che nasconde un tastierino numerico. Le dita si muovono automaticamente, digitando il codice con una precisione meccanica. Un clic sommesso indica che la porta è aperta.
<>Sono a casa, tesoro!$> esclamo con un tono volutamente leggero, come se fosse una serata qualunque. La porta si chiude alle mie spalle, soffocando il suono della tempesta. L'ambiente è avvolto in un'oscurità quasi assoluta e per un attimo mi godo quel silenzio, lasciando che la tensione si dissolva completamente. Accendo la luce e il calore del camino, che avevo programmato a distanza, mi accoglie insieme all'aroma di legno bruciato. Mi libero dello zaino e lo appoggio su una sedia, mentre lo sguardo vaga per la stanza, ogni angolo un promemoria del mio isolamento e, insieme, della mia sicurezza. La baita è arredata in modo spartano: solo il necessario, ogni oggetto è lì per un motivo, senza fronzoli né eccessi. Questo è il mio rifugio, l'unico posto dove mi sento realmente protetto da sguardi indiscreti, da orecchie tese. Tolgo il cappotto e mi avvicino al camino, lasciando che il calore mi riscaldi le mani intorpidite, ma la pace è solo apparente; dentro di me, c'è ancora il ricordo della chiamata di prima, di quelle parole che riecheggiano nella mia testa come una minaccia costante. Jonathan. Quel nome è diventato una spina nel fianco, un problema che cresce giorno dopo giorno, una pedina imprevedibile sulla mia scacchiera. Rifletto su quanto possa spingermi oltre. Jonathan non sa dove sono, ma non posso permettermi errori. Lui ha un istinto infallibile, uno di quelli che scavano in profondità, e non posso rischiare che lo usi per trovarmi. Mi volto verso una delle finestre, il vetro opaco dal gelo. Sollevo una mano e traccio un segno sul vetro, quasi un gesto distratto, ma è come se stessi disegnando un simbolo di protezione. La neve cade incessante, coprendo ogni traccia, ogni segno del mio passaggio. Ma per quanto? Finché quella spina nel fianco continuerà a premere, il mio rifugio, per quanto isolato, potrebbe non essere mai davvero sicuro.
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Behind you
RomanceMia, in arte Angel, è una cantante di fama mondiale. La sua vita è sempre stata il riflesso della perfezione, tutto quello che ogni ragazza sognerebbe, eppure, per Mia non è così. La bolla in cui è cresciuta, ha fatto si che diventasse l'antagonista...