38 - MIA

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"È come camminare in mezzo a una folla senza mai incontrare uno sguardo."
- Rae Hart

Il silenzio riempie la sala per qualche secondo, rotto solo dal respiro affannato di tutti noi. Mi sforzo di non guardare il riflesso nello specchio, come se evitarlo potesse nascondere la vulnerabilità che ho appena mostrato. Gli altri ballerini si scambiano sguardi rapidi, ma nessuno dice nulla. Forse sono abituati alla mia facciata, a quella Angel invincibile che non sbaglia mai, e ora non sanno cosa pensare.
<<Riprendiamo>> dico infine, stringendo i pugni per trovare un po' di controllo. Il sudore mi brucia gli occhi, ma ignoro il fastidio. Non posso permettermi di fermarmi. Ogni battito di musica è una via di fuga temporanea, ogni passo mi tiene ancorata alla realtà. Ma so che è una tregua effimera. Le parole di Dan continuano a ronzarmi in testa, come un promemoria incessante delle aspettative che gravitano su di me. Mi muovo automaticamente, il mio corpo conosce questi passi meglio di quanto io conosca me stessa ormai. Il palco, le luci, il pubblico, sono diventati tutto ciò che definisce chi sono. Eppure, mentre mi muovo, un dubbio si insinua lentamente. Mi chiedo, per la prima volta, se tutto questo valga davvero il prezzo che sto pagando. La sensazione di essere sempre osservata, giudicata, persino da quelli che dovrebbero aiutarmi, è soffocante.
<<Angel, stai bene?>> la voce di Jonathan arriva alle mie spalle, morbida, ma con una nota di preoccupazione. Lui è sempre lì, un'ombra silenziosa che veglia su di me. Di solito, la sua presenza mi dà sicurezza, ma oggi mi sento fragile, e non voglio che nessuno lo veda.
<<Sto bene>> mento, evitando il suo sguardo mentre continuo a muovermi, ma non è stupido.
<<Mia>> mi chiama, e solo il suono del mio vero nome mi fa fermare di colpo. Mi giro verso di lui, e per un istante vedo nei suoi occhi la preoccupazione che cerca di nascondere.
<<Smettila di chiamarmi cosi!>> urlo. Mia non esiste più. Non c'è spazio per quella ragazza, non in questo mondo. Sono Angel, la popstar, l'immagine perfetta che tutti si aspettano di vedere. Jonathan non risponde subito, ma il suo sguardo è fermo, come se stesse cercando di leggere oltre la facciata che mi sforzo tanto di mantenere.
<<Non puoi continuare così, Mia>> dice infine <<Non devi farlo da sola>>.
Quelle parole mi colpiscono come un pugno. Non posso farlo da sola. Lo so, l'ho sempre saputo, ma ammetterlo a qualcuno sembra rendere la mia debolezza reale e non posso permettermi di essere debole, non ora.
<<Non sono da sola>> replico, stringendo i denti <<Ho il tour, il pubblico e...>> ma anche mentre lo dico, sento che manca qualcosa.
<<Angel>> correggo subito <<Ho detto Angel>> la mia voce trema leggermente, e odio me stessa per questo. Jonathan mi guarda per un momento, come se volesse discutere, ma poi si limita a fare un piccolo cenno, come se sapesse che forzarmi ora non servirebbe a niente.
<<Va bene, Angel. Ma ricordati che ci sono, qualunque cosa succeda>>.
Mi lascio andare un sospiro che non mi ero resa conto di trattenere. Riprendo la posizione per la coreografia, il mio sguardo si incrocia brevemente con quello di Jonathan nello specchio. La sua presenza mi dà un senso di sicurezza che non so come spiegare, ma non mi lascio distrarre. Ora ho bisogno di concentrarmi. La mia carriera, la mia vita, tutto dipende da questo momento. La musica riparte e io mi muovo di nuovo, ma questa volta con una consapevolezza diversa. Le parole di Jonathan riecheggiano nella mia mente, mischiandosi con quelle di Vanessa, con i dubbi che mi tormentano. Mi sento come se stessi camminando su un filo sospeso nel vuoto, e non so per quanto ancora potrò mantenere l'equilibrio. Devo essere perfetta. Non ho altra scelta. Ma forse, solo forse, non dovrò farlo da sola.

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