18 - A VOLTE MI SENTO UN COGLIONE

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"Le cuffie sono il ponte tra il mondo esterno e il tuo universo interiore."
- Rae Hart

Dan

4 giugno 2024

<<Dan, c'è qualcosa che non va>> la voce di Lisa era tesa, quasi stridula. Si avvicinò a me con passi nervosi, stringendo le mani come se cercasse di controllare un tremore.
<<Che vuoi dire?>> le gettai un'occhiata veloce, ma il mio sguardo tornò subito a Angel sul palco, che si muoveva con la grazia e la potenza di una regina. La folla era in estasi, ma percepivo una strana vibrazione nell'aria, un'energia diversa rispetto alle altre sere.
<<Ho visto qualcuno dietro le quinte, qualcuno che non dovrebbe essere qui>> il tono di Lisa si abbassò a un sussurro, come se non volesse che nessuno sentisse.
<<È da quando siamo arrivati che ho una brutta sensazione. E poi quel messaggio... "Falco17"? Cosa significa?>>
Il messaggio.
Mi tornò in mente all'improvviso, facendomi raggelare per un istante.
<<Non lo so>> risposi, tirando fuori il telefono e rileggendo quelle poche lettere. Era un avvertimento? Uno scherzo? Non potevo permettermi di abbassare la guardia.
<<Dan, dobbiamo fare qualcosa, dobbiamo avvisare la sicurezza>>.
<<Rilassati, Lisa>> cercai di mantenere un tono calmo, ma dentro di me la tensione si stava accumulando.
<<Forse è solo una coincidenza. Non facciamoci prendere dal panico>> Lisa non sembrava affatto convinta, i suoi occhi erano spalancati e pieni di paura. In quel momento, un suono insolito si fece strada tra le urla del pubblico. Era un rumore metallico, sordo, che si sovrapponeva alla musica di Angel. Lo sentii chiaramente, e non ero l'unico.
Angel sul palco sembrò esitare, appena un attimo, ma poi continuò, professionale come sempre. Tuttavia, un brivido mi corse lungo la schiena.
<<Hai sentito anche tu?>> chiese Lisa, quasi soffocando le parole.
<<Sì>> mi guardai intorno, cercando di individuare qualcosa di fuori posto. La mia mano scivolò istintivamente verso la pistola che avevo nella fondina sotto la giacca. Qualcosa non andava. Fu in quel preciso istante che il mondo sembrò fermarsi. Un'esplosione, forte e devastante, squarciò l'aria. Il palcoscenico tremò e una grossa nube nera avvolse lo stadio.
<<No!>> il caos si scatenava intorno a me. La folla urlava, spingendo per scappare, mentre le luci sul palco vacillavano. Mi precipitai verso il palco, il cuore in gola, ma la mia mente era già concentrata su un'unica cosa: raggiungere Angel. Doveva essere viva. Non poteva finire così.

*

Oggi

Il palco illuminato dalla luce delle migliaia di torce accese, eppure, da dietro le quinte, sembrava quasi un'altra dimensione. Mia, con quel suo passo deciso e le spalle tese, non era più la ragazzina che avevo conosciuto anni fa. Ora era una star. Ma, anche se lo nascondeva bene, l'ansia non l'aveva mai abbandonata. Potevo vederla chiaramente nel modo in cui si muoveva prima di entrare in scena, come se ogni volta affrontasse una battaglia interiore. Mi trovavo lì, dietro di lei, con lo sguardo che la seguiva mentre si preparava. Ero il suo manager, il responsabile di tutto ciò che riguardava la sua carriera, ma negli ultimi tempi mi sembrava che il nostro rapporto fosse cambiato. Non solo sul piano professionale, ma anche su quello personale. C'era qualcosa in Mia che mi spingeva a preoccuparmi per lei come un fratello maggiore, e non solo come un uomo d'affari che voleva vederla brillare. Quando Jonathan si avvicinò, sempre silenzioso come un'ombra, lo guardai di sfuggita. Sapevo che il loro rapporto era complicato, che Mia lo vedeva come una sorta di ostacolo, ma Jonathan non era lì per farle del male, anzi, l'avrebbe protetta meglio di chiunque altro. Solo che Mia non lo capiva, non ancora. Era sempre stata testarda, una qualità che la rendeva così brillante, ma anche incredibilmente difficile da gestire. La musica iniziò e Mia si trasformò. Il suo viso cambiò, le tensioni che avevo visto poco prima scomparvero, lasciando spazio a una performance che toglieva il fiato. Sapevo che il pubblico non vedeva quello che vedevo io: la fragilità dietro la sua sicurezza apparente. Il modo in cui si rifugiava nella musica, come fosse l'unica cosa capace di tenerla insieme. Mi staccai dalla parete e feci un passo indietro, incrociando lo sguardo di Jonathan per un istante. Anche lui non la perdeva di vista, non per un secondo. E, anche se non parlavamo mai molto, sapevo che c'era una comprensione silenziosa tra di noi. Entrambi eravamo lì per Mia, pronti a fare tutto il necessario per proteggerla, anche quando lei non ce lo avrebbe mai chiesto. Mi riebbi dai miei pensieri mentre la canzone raggiungeva il suo culmine e il pubblico esplodeva in applausi. Mi resi conto che, nonostante tutto, Mia aveva bisogno di quel palco tanto quanto il pubblico aveva bisogno di lei.

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