13 - SPERO CHE QUEI DUE NON SI UCCIDANO

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"La musica è visibile, solo a chi sa ascoltare davvero."
- Mia Parker

Dan

L'aria tesa tra Angel e Jonathan era palpabile, anche a distanza. Avevo cercato di evitare questa situazione, ma a quanto pare non c'era altro modo. Mentre parlavo al telefono, tenni d'occhio la scena: Angel, con il suo atteggiamento sicuro e provocatorio, e Jared, che rispondeva senza scomporsi, perfettamente a suo agio nel ruolo di guardia del corpo riluttante. Quando chiusi la chiamata, avevo già capito come sarebbe andata a finire. Angel non avrebbe mai accettato l'idea di avere qualcuno che la seguisse ovunque, tantomeno uno come Jonathan, che con il suo sguardo tagliente e il suo sarcasmo poteva facilmente darle sui nervi. Eppure, contro ogni previsione, cedette. La guardai incredulo mentre si allontanava verso il jet, il suo solito passo sicuro e deciso. Non una parola di protesta, solo un "Va bene". Sapevo che qualcosa non quadrava. Angel non era mai così arrendevole, e di certo non con qualcuno come Jonathan. Mi chiesi cosa fosse cambiato nella sua testa, cosa la spingesse ad accettare la presenza di un uomo che sicuramente avrebbe voluto tenere alla larga. Mentre la guardavo salire a bordo, Jonathan si avvicinò, il viso serio, ma con quell'inevitabile scintilla di superiorità che non poteva nascondere.
<<Non ti aspettavi una reazione così, vero?>> mi chiese con un mezzo sorriso.
<<Non da Angel>> risposi, scuotendo la testa <<Di solito mi fa a pezzi per molto meno>>.
Jonathan annuì, il suo sguardo si incupì per un attimo.
<<È una tipa tosta, ma credo che abbia capito la gravità della situazione. Questo lavoro non è una passeggiata>> sospirai, fissando la porta del jet. <<Sì, lo so, ma non è facile per lei. Non ha mai accettato di essere protetta, ha sempre voluto cavarsela da sola. E tu non rendi le cose più semplici>> Jared si voltò verso di me, il suo viso impassibile.
<<Non sono qui per essere simpatico. Sono qui per fare il mio lavoro>>.
Sapevo che aveva ragione, ma non potevo fare a meno di preoccuparmi. Angel non si fidava di nessuno, e con Jonathan le cose potevano prendere una piega pericolosa. Se avesse deciso di ribellarsi o di sfidarlo apertamente, non sarebbe finita bene. E poi c'era quella tensione strana tra loro, un mix di ostilità e attrazione che non riuscivo a decifrare.
<<Tienila d'occhio, Jared. E cerca di non peggiorare la situazione. Lei può essere... complicata>>.
Lui mi fissò per un momento, poi annuì.
<<Non preoccuparti. Non mi interessa cosa pensa di me, finché resta al sicuro>>.

*

Salì sul jet poco dopo di loro, cercando di scuotermi di dosso la strana sensazione che mi aveva accompagnato per tutto il giorno. Angel era seduta al suo solito posto, gli occhi fissi fuori dal finestrino, mentre Jared, di fronte a lei, era concentrato sul suo telefono, apparentemente ignorandola. C'era un silenzio innaturale tra loro, come una calma che precede una tempesta. Mi sedetti qualche fila più indietro, osservando la scena con attenzione. Non potevo fare a meno di chiedermi cosa passasse nella testa di Angel. Era sempre così sicura di sé, così fiera, eppure adesso sembrava quasi stanca. Forse l'idea di dover accettare l'aiuto di qualcuno la metteva a disagio più di quanto volesse ammettere. Jared non parlava, ma non smetteva di tenere sotto controllo ogni suo movimento, come un predatore in agguato. E Angel, nonostante il suo apparente disinteresse, lo sapeva bene. Lo sentiva. Lo capiva. Mentre il jet iniziava a rullare sulla pista, mi resi conto che questo viaggio sarebbe stato più lungo e complicato di quanto avessi immaginato e non per la distanza.

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