Capitolo 42 - Il Villino Parte II

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Spostai lo sguardo dalle mie mani strette attorno a quel paio di mutande sconosciute al volto che mi stava fissando con aria corrucciata. Per qualche minuto di troppo rimasi immobile con l'espressione più idiota che potessi tirar fuori, cercando di far venire a galla qualche parola da quella nube di alcol che mi aveva offuscato occhi e cervello.

Lasciai cadere la biancheria intima sul pavimento e mi portai le mani strette al petto, cercando di darmi almeno un'aria più stabile.

«Ehm...è una storia lunga, non mi va di raccontarla. E tu? Cosa ci fai qui? »

Lui rise di me, forse mi trovava davvero molto buffa, e io dentro di me, sapevo di potergli dar torto, ma cercai di rimanere composta.

«Io sono stato invitato Kylie. Non posso certo dire la stessa cosa di te...o sbaglio? » disse con l'aria più impertinente che gli avessi mai visto addosso. « Dov'è il tuo ragazzo?»

«Non c'è. Sono qui con Blake, è lei che ci ha fatte entrare» risposi sempre meno insicura di me stessa.

«Immaginavo. Solo lei ti avrebbe portata ad una festa del genere» lo guardai pensierosa, e lessi una strana espressione dipingersi sul suo volto.

«Beh ora ti saluto, vado a cercare Blake. Ciao James» il mio cuore ebbe un piccolo sussulto quando pronunciai il suo nome, ma decisi che era dovuto solo al troppo alcol che avevo in corpo. Gli voltai le spalle e feci per andarmene quando un mano forte e salda mi trattenne il braccio e mi bloccò sul posto.

«Tu non vai in giro da sola a cercare Blake» disse facendomi voltare verso di lui e puntandomi addosso quegli incredibili occhi azzurri, capaci di attraversarmi tutto il corpo. Rabbrividii.

«Ti ringrazio ma posso farcela da sola» cercai di liberarmi dalla presa ma lui non me lo permise e mi inchiodò di nuovo ai suoi occhi.

«Questo è un ordine Kylie, da sola in queste condizioni non vai da nessuna parte»

Aprii la bocca, intenta a controbattere, ma lui posò la mano sulle mie labbra e mi fece tacere.

«Dov'era l'ultima volta che l'hai vista?» sussurrò a distanza ravvicinata.

«Stavamo salendo le scale con Seimeyer e poi...non so, li ho persi»

«Eravate con Seimeyer?» chiese corrucciando la fronte.

«Si»

«Ok..forse so dove possono essere...vieni con me» prese la mia mano con la sua e mi trascinò con se in mezzo alla folla ubriaca. In un primo momento cercai di ribellarmi a quel gesto, per me, fin troppo intimo, ma l'alcol mi spingeva ad avere reazioni che non avrei mai potuto avere da sobria, così lasciai che le nostre mani restassero in contatto...rendendomi in cuor mio, soddisfatta e felice, come non lo ero da tempo.

Attraversammo l'intero piano superiore, cercando di oltrepassare numerosi getti di vomito intatti e, senza mai lasciare che le nostre mani si sciogliessero, raggiungemmo la fine di un lungo corridoio che terminava con una piccola scala a chiocciola in legno.

«Come sai dove dobbiamo andare?» gli chiesi cercando di fare una bruta caduta, su quella scala fin troppo scivolosa per i miei gusti. James si girò verso di me e mi sorrise.

«Conosco fin troppo bene Alex e la sua casa» disse con una luce divertita negli occhi. Chiusi le palpebre un paio di volte, per cercare di ridare ai miei occhi un poco di lucidità, ma non ottenni grandi risultati. Pensai che forse anche Alex Seimeyer doveva aver avuto una reputazione da play boy incallito. Raggiungemmo l'apice della scala e una vista mozzafiato sullo skyline losangelino si aprì davanti a me. Rimasi abbagliata sulle piccole luci che scintillavano come tante lucciole, la calda brezza estiva scompigliava dolcemente i capelli e trasportava con se la musica della festa. Sentii i muscoli rilassarsi improvvisamente. Sentivo di essere in pace con me stessa, sentivo che era felice di stare al mondo, come se in quel momento niente potesse distruggermi...nemmeno quei due occhi incredibilmente azzurri che mi fissavano divertiti.

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