2015, Grace ha 17 anni.
"Hai freddo?" Mi chiede mio padre, la mano già pronta vicino al riscaldamento della macchina.
"No." Ribatto secca.
La verità è che sto tremando, ma non voglio lasciarmi andare ai suoi tentativi di gentilezza. Non farò come se nulla fosse stato.Mi innervosisce la sua espressione da ricominciamo tutto da capo? Vuole davvero fingere di non avermi rovinato l'infanzia?
"Sei sicura?" Insiste "Stai tremando tesoro..."
Giro la testa di scatto, sorpresa dall'espressione appena usata, e lo osservo aggiustarsi gli occhiali nervosamente.
Immagini di lui, i capelli spettinati, gli occhi folli e una bottiglia di alcool in mano, mi tornano alla mente in un flashback doloroso."Non chiamarmi così." Dico a denti stretti.
"Grace..." Sospira, il tono sconfitto.
"Padre." Lo apostrofo secca e mi giro verso il finestrino, chiarendo che il nostro breve scambio di parole si è concluso.È difficile essere arrabbiati con qualcuno che ti manca da anni, ma è anche difficile non esserlo con chi ti ha rovinato l'infanzia e ha spezzato la tua famiglia.
Non sono affatto felice di essere qui con lui.
Non sono affatto felice di essere a Londra. Lontana da mia madre. Lontana da Bradford, dalla città in cui sono nata. Lontana dai miei amici e dalle mie abitudini noiose ma indispensabili.
"Sarà meglio per tutte e due." Mi aveva detto mia madre salutandomi.
Meglio per me perché in teoria potrò riallacciare i rapporti con mio padre.
Meglio per lei perché da sola, lavorando tutto il giorno, non riusciva a mantenerci entrambe. Inutile dire che senza di me i costi saranno decisamente più sopportabili. Non mi ero accorta dei suoi problemi economici, prima che me ne parlasse, e per questo sono stata stupida: se lo avessi scoperto prima, avrei fatto di tutto per aiutarla."Meriti una vita migliore." Mi aveva detto, cercando di convincermi. Non sono riuscita a farle capire che ciò che mi bastava era stare con lei al mio fianco. Piuttosto che andarmene avrei preferito mangiare un solo pasto al giorno.
Mi sfilo le scarpe e porto le ginocchia al petto, raggomitolandomi sul sedile della macchina e osservando le strade di Londra.Appena arrivata, mi sono subito accorta che non ricordavo così questa città. Ci ero stata una volta con mamma e papà e l'avevo trovata meravigliosa: piena di colori, accenti diversi, strade trafficate, musicisti, gente di tutti i tipi, negozi strani e palazzi eleganti, vivaci teatri e affollati cinema.
Ora mi sembra grigia, triste: come un quadro bellissimo ricoperto dalla polvere.
Forse solo chi ci vive da un po' riesce a vedere il suo fascino anche dietro a giornate di pioggia come quelle.
Appena arrivata pensavo che Londra fosse cambiata negli anni. Mi sbagliavo: Londra è la stessa da tanto tempo, ad essere cambiate sono le persone. Ad essere cambiata sono io.Osservo i passanti correre riparandosi la testa con un giornale, scuotere l'ombrello prima di entrare nei bar o camminare tranquillamente, senza contare più di tanto le gocce di pioggia sottile che inumidiscono i loro abiti.
Guardo le goccioline scivolare mogie sul finestrino, a pochi centimetri dal mio naso e mi concentro sull'unico suono oltre al silenzio che regna in macchina: il ticchettio della pioggia sul tettuccio.
Ringrazio mentalmente mio padre per non avermi fatto altre domande a cui avrei evitato di rispondere: ora come ora voglio starmene sola nel mio silenzio e non sono sicuramente dell'umore adatto per intrattenere conversazioni con l'uomo che mi ha ridotta ad uno straccio piangente durante il mio dodicesimo anno di vita.
Finalmente la macchina si ferma: guardo verso l'alto e intravedo un palazzo in stile antico, bordeaux fare da angolo a due strade.
"Siamo a Covent Garden." Mi spiega mio padre, rispondendo alla domanda che non avevo avuto intenzione di porgere.
Gli faccio un accenno con il capo ed esco dalla macchina, infilandomi il cappuccio.
Mio padre prende un ombrello dal bagagliaio e me lo porge, ma io lo rifiuto, cercando di essere il meno cattiva possibile.
E io che mi comporto anche decentemente con lui.
Prendo le mie due valigie, cocciuta a portarle entrambe da sola e vedo di sfuggita mio padre alzare gli occhi al cielo. Il gesto familiare mi manda una dolorosa scossa dritta al cuore.
Forse un giorno mi spiegherà il perché se ne andò. Forse sarà una scusa tanto ragionevole che lo perdonerò.
Forse.
STAI LEGGENDO
Guardian Angels - La Rivelazione
FantasyGrace Night, diciassettenne con un'infanzia segnata dall'abbandono del padre, è costretta a trasferirsi proprio da quest'ultimo a Londra, per alleviare i problemi economici della madre. Il giorno del suo diciottesimo compleanno, però, tutto cambia:...