Capitolo 28: why don't we go there?

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La cena è passata in fretta e, appena finita, ho salutato tutti,  decisa ad andare subito a dormire.

Mentre mi infilo sotto alle coperte e rifletto come ogni sera, un rimorso continuo legato a Devin mi tormenta. Non capisco da che cosa sia derivato, nè del perchè io abbia iniziato a sentirlo ora... Non so neanche in cosa consista.

Forse sto sbagliando il modo di relazionarmi con lui: lui si comporta in modo così normale, come se quel bacio non fosse mai esistito.
È così menefreghista e odio che lo sia.
Allora perchè non fare la stessa cosa?
Credo sia proprio quello che si aspettasse, il fatto che io cercassi di essere fredda, distaccata, arrabbiata.
E oltretutto, ho fallito nel farlo: anche se il mio orgoglio rimane ferito per ciò che è successo, non ce la faccio a non guardarlo negli occhi, ad evitare di ridere, a disprezzarlo come probabilmente dovrei.

Non sono mai stata una ragazza molto permalosa... In realtà è sempre stato un limite quello di lasciar andare la rabbia dopo poco, oltre che una dote.
Ho sempre odiato questa mia caratteristica perchè mi faceva sentire troppo accondiscente e buona, e una persona troppo buona finisce sempre male.

Sicuramente ricambiare con menefreghismo sarà un metodo molto più efficace, e sicuramente molto più facile per me.
Dopo tutto, però, una fastidiosa vocina mi ripete che è stato solo un bacio, facendo crollare tutti i miei palchi. Non riesco a catalogarlo in "solo un bacio" e odio questo fatto.

-

Mi sveglio nel bel mezzo della notte a cause del freddo e per la chiara sensazione di essere senza coperte.
Mi alzo a sedere sul letto e cerco a tentoni le coperte ammucchiate ai miei piedi.
Quando le trovo le tiro velocemente, pronta per sentirmi di nuovo al calduccio al di sotto di esse, ma qualcosa le ferma.
Apro bene gli occhi, sorpresa, e guardo nell'angolo del letto: una figura è seduta a gambe incrociate e mi sta fissando.
Mi strofino gli occhi, troppo insonnolita per gridare di sorpresa, e guardo di nuovo verso l'angolo.
Niente.
Solo le mie lenzuola ammucchiate.

-

La mattina dopo, al mio risveglio, i miei muscoli gridano vendetta (mi sento pesante come marmo) e so per certo che mi dovrò abituare a questa sensazione per due settimane.
Per ora non riesco e non voglio pensare a cosa succederà al loro termine: quando accadrà, cercherò di essere pronta e accoglierò le novità come cerco di fare sempre.

Mi trascino lentamente fuori dalle coperte, infilo le ciabatte e mi dirigo verso il bagno con dei vestiti puliti in mano.
Il ricordo della figura sul letto della notte precedente mi sfiora la mente mentre mi lavo il viso, ma classifico tutto come un sogno o una svista durante la dormiveglia.

Come la mattina precedente, una ventina di minuti dopo sono tornata in camera con il sacchetto della colazione in mano.
Mi siedo sulla poltroncina a sgranocchiare la mela, e dopo qualche conto improvvisato, realizzo che Dicembre deve essere iniziato da pochi giorni.
A Bradford, con mia madre, l'albero lo facevamo sempre il primo weekend di questo mese. Ricordo ancora la sensazione che provavo i primi giorni quando mi alzavo, e mentre camminavo il cucina, passavo davanti a questo mucchietto bellissimo di luci e decorazioni che mi migliorava la mattina.

Sorrido al ricordo, crogiolandomi nella malinconia.

Ad interrompere i miei pensieri è un'altro video messaggio di Devin, che lampeggia sulla parete bianca della stanza.
Mi affretto ad alzarmi e a toccare il pallino lampeggiante, e mi siedo sul letto, in modo da averlo di fronte.
"Buongiorno." Mi saluta, con una mano dietro al collo, e cerco di ricordare i ragionamenti della sera precedente.
"Anche a te." Ricambio, con un leggero sorriso.
Per ora è il massimo che riesco a fare.
"Volevo spiegarti i programmi di oggi." Dice tranquillamente e io annuisco, ascoltandolo.
"Puoi restare vestita così..." Mi spiega, squadrando il mio semplice outfit "Oggi abbiamo allenamento mentale."
Quello che temo di più, perchè non so davvero cosa aspettarmi.
"Preferisco uscire, quando non c'è bisogno di stare rinchiusi ad allenarci..." Continua il ragazzo "Quindi, usciamo ora."
"Ora?!" Domando, le braccia immobilizzate nell'atto di raccogliermi i capelli. "Ma non sono ancora le otto..." mi lamento, guardando la brioche ancora incartata nel sacchetto.
"Ora. Preparati. Fa in fretta."
Detto questo spegne la chiamata e la parete torna a mostrarmi il panorama di una campagna molto verde.
Sospiro e butto il torsolo della mela nel sacchettino della colazione.

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