Capitolo 31: mind travelling

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Mi rendo conto di essere emotivamente stanca quando a pranzo, al pensiero della mia vecchia vita; di mia madre, Ethan, la scuola, Hero, mio padre; il cuore si stringe più del solito, gli occhi si appannano e mi trovo ad osservare il piatto pieno di cose (che prima mi facevano venire l'acquolina) con perduto interesse.

Osservo il pollo al curry con una nota struggente di nostalgia, pensando a tutti quei venerdì sera in cui me lo preparava mia madre, per poi mangiarlo come me davanti ad un buon film commovente.
Ne assaggio un morso, ma il sapore non è lo stesso: questo ha molto meno salsa ed è troppo speziato.
Non lo finisco neppure.

Alzo lo sguardo verso i commensali e incontro lo sguardo di Devin: mi stava fissando e non si preoccupa di smettere di farlo, neanche dopo che me ne accorgo.
Mi verso un bicchiere d'acqua con un groppo alla gola e decido di andare in camera a riposarmi, nel tempo che ho a disposizione prima di ricominciare gli allenamenti.
Mi alzo da tavola con un certo riguardo, e cammino in fretta fuori dalla mensa, diretta agli ascensori.
Mi infilo in uno già occupato da un uomo di mezza età e raggiungo il piano della mia camera in poco tempo.
Mi ritrovo ad accelerare il passo fino quasi a correre, impaziente di distendermi sul letto e crogiolarmi nella nostalgia, ma quando apro la porta della mia camera, mi trovo davanti ad una sconveniente sorpresa per i miei piani.

"Devin!" Esclamo, presa alla sprovvista, osservando il ragazzo seduto sul mio letto con occhi lucidi. "Che ci fai qui?"
Lui mi osserva brevemente, ma non accenna a scomodarsi, perciò entro nella stanza e mi chiudo la porta alle spalle.

"Appena ti ho vista alzarti e andartene a pranzo, ho pensato ci fosse qualcosa che non andava." Dice con voce roca, leggermente stanca, ma rilassata.
"E sei arrivato qui prima di me...?"
Rotea gli occhi "Teletrasporto"

"Oh... Beh, non c'è niente che non va, grazie di esserti preoccupato..." Aggiungo, sistemando un po' la camera in disordine, come l'avevo lasciata in fretta questa mattina.
Il ragazzo sorride e alza un sopracciglio, ma faccio finta di non averlo visto.
"Non avevo fame..." Ammetto, buttando i cuscini decorativi sul letto, muovendomi di qua e di là per spostare l'attenzione dalla brutta sensazione che sento dentro.

Lui resta immobile sul letto.
Alzo lo sguardo verso la parete illuminata, che riflette nuovamente una via di Londra, e sento un nuovo colpo allo stomaco.

"Grace..." Sento la voce di Devin chiamarmi, ma penso solo a cambiare quell'immagine riflessa.

Cosa mi succede?

"Grace." Mi chiama di nuovo, mentre scorro freneticamente le immagini, cercandone una che non mi ricordasse la mia vecchia vita.
Abbasso le braccia lungo i fianchi, frustata, e mi giro per piegare i vestiti sparsi sulla sedia e riporli nell'armadio.
Quando per la terza volta un maglione cade dall'appendino a cui cerco di affibbiarlo, stringo i pugni e lascio andare un singhiozzo frustato, infastidito, triste.

Cosa mi succede?

"Grace..." Questa volta la voce di Devin è alle mie spalle, e sento le sue mani toccare delicatamente i miei pugni serrati e le sue dita aprirli nuovamente.
Una sensazione sconfitta precede una nuova tranquillità, consapevolezza e rilassamento.
Prendo un respiro, mi giro verso di lui e sorrido lievemente.
"Sì?" Dico innocuamente.
"Fermati. Calmati." Abbassa lo sguardo verso il mio viso, per quella piccola distanza in altezza che ci separa.

Lo supero con un passo e mi siedo sul letto, per poi passare a distendermi completamente, a guardare il soffitto.

Che cosa mi succede?

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