Sono un cretino ma non mi importa di saperlo...

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«Chissà cosa penserà di te...» rifletté Daniele a voce alta.

«Se tutto va bene» rispose Gemin, «che sono un cretino ma che non me ne importa nulla».

«E come speri di conquistarla, allora?».

«Conquistarla? L'ho già conquistata se è per questo».

«Cosa? Ma... se te ne sei andato!».

«Appunto».

E tacque, lasciando che l'amico si sforzasse di capire.

Pensava già ad altro, coi pugni all'altezza delle ascelle, fermi al semaforo in attesa che cambiasse colore.

«Gemin, ma che stai facendo?» chiese Daniele, spaventato, mentre l'amico agitava i gomiti come una gallina.

Sul marciapiede opposto c'erano quattro amiche che li avevano notati.

«Guardate: c'è lo stordito!» proclamò Silvia alle altre.

«Ma dai!» esclamò Gloria, «Quello è più fuori di un terrazzo».

«Deve avere picchiato la testa da piccolo» esclamò Monica.

«Può essere, ma la mattonella si è rotta» ribatté Silvia.

Daniele era rosso di vergogna ma Gemin pareva non curarsene.

«Fa più ridere l'amico con quell'aria da sfigato» rifletté Gloria.

«Ma come fanno ad essere amici?» chiese Erica.

«Il mese scorso» fece Gloria, senza distogliere gli occhi alla scena, «mi ha detto: presto, io e te faremo un discorso serio».

«E tu che gli hai detto?» chiese Erica, curiosa.

«Gli ho detto che non c'era niente di serio di cui parlare con uno che ti ferma in mezzo alla strada senza conoscerti» rispose Gloria, «E lui mi ha risposto che quello era già un discorso... hai capito? Poi quando Silvia me l'ha presentato...».

«Sul serio gliel'hai presentato?» chiese Monica.

«È capitato!» rispose Silvia, intenta a guardare il duo.

Il semaforo divenne verde e Daniele fu obbligato da Gemin ad attraversare.

«Appena me l'ha presentato» proseguì Gloria, osservando che si avvicinavano, «si è messo a parlare con Silvia senza cagarmi, finché gli ho chiesto: Beh? Non mi dici niente?, e lui: Devo dirti qualcosa?, Come! faccio io, E il discorso serio?, È questo dice lui, trovare qualcosa da dirti».

«Un idiota... un completo idiota» sentenziò Erica.

Daniele era livido per la vergogna, in mezzo alla gente che sfilava, mentre Gemin ballava, intralciando i passanti.

«Non ci hanno visti!» disse Silvia, «Nascondiamoci!».

«Ma tu riesci a sentire cosa si dicono?» domandò Monica.

«No, ma guarda che fa!».

Gemin stava baciando il marciapiede.

«Che schifo! E se un cane ci ha pisciato sopra?».

«Se lo viene a sapere non piscia più lì» fece Silvia e tutte e quattro risero.

«Gemin, finiscila!» implorava Daniele.

«Terra! Abbiamo toccato terra! Questo devi dirlo a Silvia!».

«Smettila! Non pronunciare il suo nome!» protestò l'amico.

«Perché no? Hai paura di farle gli occhi da triglia? Ma alle ragazze piace!».

Daniele divenne rosso dalla vergogna.

«Io» bofonchiò, «vorrei dirle... ma che senso ha parlarne?».

Gemin tacque, senza sfotterlo.

Anche lui s'era innamorato una volta, e sapeva cosa volesse dire. Poi si era ammalato e una volta guarito qualcosa in lui si era rotto per sempre. Ora voleva solamente vivere.

Daniele lo fissava, stupito di quel silenzio, percependo una strana somiglianza ed entrambi seppero di comprendersi come raramente accadeva.

Gemin non capiva perché l'altro fosse così timido, così come Daniele non capiva la spensieratezza dell'amico.

«A me piace Silvia ...» disse, «Ma non voglio fare la triglia».

Gemin scoppio a ridere.

«E allora falle il pesce fritto!».

Daniele rise.

Le ragazze si avvicinarono, parlottando come se non li avessero visti, confuse tra la gente.

«Cioè... mi sforzo di non guardarla negli occhi e non ci riesco».

«Bravo! Così quando la guardi ti tradisci!».

«Cosa? Sul serio?».

«Beh, se la guardi poco, quel poco parla. Ma non preoccuparti... oh! Abbiamo visite!».

Daniele si voltò e la vide, smettendo di respirare.

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