Prigionieri del vortice

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«Si sono barricati là dentro i bastardi!» gridò Cardonwsky.

Un cambiamento di rotta fece loro perdere l'equilibrio e caddero.

«Aprite!» urlò Kili.

Si lanciò contro il portello a divisione stagna col mitra in pugno.

«Fermati! Se buchi la paratia lo sbalzo di pressione ci fotte!».

«Ma ci stanno portando indietro!» urlò Anfani.

«Li ammazzo quei bastardi!» esclamò Kili.

«È sicuro che devono morire» rispose Marshall, «Calma! Possiamo morire anche noi per una cazzata!».

«Marshall, sono in due, uno è mio» disse Mbuktu.

«E sia. Proviamo col cervello! Derrick, re della dinamite, hai qualcosa in mente?».

«By-passare i comandi col portatile di Kili!».

«Come cazzo fai a manovrare quest'affare con un computer?» urlò Kili.

«Non è mal pensata quella di usare il computer per aprire questa porta » s'intromise Anfani.

«Hai ragione. Approvato. Ci riesci Kili?».

«Mi serve un amplificatore di radiazione, un outdoor che lavori a cinque GHz» rispose l'interpellato, «Porca puttana! Cosa sono queste facce! Non c'è bisogno d'un extender, una trasmittente da camionista va benissimo!».

«E dove cazzo la pigliamo la tua radiotrasmittente di merda?» urlò Derrick, esasperato dai fragili nervi dell'altro.

«Calma!» disse Marshall, «Bocciato. Il satellitare dal quale ho parlato è nella sala comandi! La presa LAN cui è collegato il portatile fa capo alla sala comandi... forza, teste di cazzo del mio cuore, spremete le meningi!».

«Fa' provare, Marshall» disse con convinzione Mbuktu che si buttò contro la porta con una poderosa spallata.

Quella non si piegò nemmeno.

«Hey! Siamo fermi! Siamo prigionieri del vortice!» gridò con gioia Cardonwsky, affacciato all'oblò.

«Dici sul serio, mongolo, amore mio?».

Tutti si buttarono pervedere.



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