Nuova scoperta

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Erano tutti là, compresa Elena, davanti a una galleria nella sabbia: era stata disseppellita dai due colleghi che vi lavoravano con la scavatrice e coi rilevatori di profondità.

Ancora lontane, videro sopraggiungere delle Jeep che sollevavano una nuvola di polvere.

«Cosa sta succedendo?» esclamò Ivan, stupito.

Nessuno rispose. Gustavo ammiccava con aria di trionfo. Un denso fumo fuoriusciva dalla cavità, adagiandosi sul fondo della duna. Pareva lo sfiato d'un crollo sotterraneo.

«Che cos'è?» chiese Peter.

Le jeep erano sopraggiunte: Mallorne, l'intervistatore televisivo, un'intera squadra di operatori, e giornalisti vari scesero. I cameramen furono i primi e accesero subito gli strumenti, per filmare la nube nera che si disfaceva.

L'addetto al missaggio audio e video posizionò il PC su un tavolinetto pieghevole, il generatore di corrente buttato sulla sabbia e il ricevitore digitale accanto. La squadra lavorava in wireless, ogni apparecchio inviava i dati al ricevitore che li trasmetteva con un cavo di rete al PC e il regista dirigeva il flusso di dati.

«Che ci fanno qui?» chiese Ivan, nervoso.

La presenza della troupe televisiva gli risultava sgradita.

La terra tremò e alcune voragini si aprirono attorno alla cavità. Tutti sussultarono, stupiti e qualcuno gridò.

«Calma! Non c'è niente da temere!» gridò il professor Leoni.

Peter e Ivan guardarono i cameraman come mastini. Il professore indicava l'apertura.

«Cos'è stato?» chiese Gustavo.

«Un meccanismo sotterraneo» rispose Leoni, sereno.

«Filmate, ragazzi, filmate...» ordinò Mallorne, apprensivo.

I cameramen, sotto l'occhio rabbioso dei giovani ricercatori, si disposero nei paraggi.

«Allora» chiese un cameraman, «Sei pronto capo?».

«Un attimo» rispose Mallorne, «aggiustami il taglio Jennifer, per i primi piani...».

Il giornalista e gli operatori avevano guadagnato la zona antistante la cavità per filmarla meglio, mentre i ricercatori se ne erano allontanati, disgustati.

Jennifer, una donnina bionda di mezza statura, si avvicinò con un belletto in mano e uno specchietto, ficcando le mani in testa al giornalista, dopo avergli aggiustato il colore sul viso.

«Oh, scusi! Aspetti che correggo...».

«Non fa niente Jennifer, siamo tutti un po' nervosi...».

Peter ruppe il silenzio, indignato.

«Professor Leoni» chiese, anteponendo il titolo per calcare la domanda, «Che ci fanno questi qua?».

«La sabbia è stata risucchiata all'interno» precisò Leoni, ignorando la domanda del giovane collaboratore.

«Abbiamo sbloccato il meccanismo!» esclamò Gustavo.

Peter si tratteneva a fatica.

«E loro?» esplose di nuovo, indicando i giornalisti.

Leoni non rispose. Qualcosa non andava: il capo acconsentiva allo sciacallaggio della televisione.

«Siete pronti?» chiese Mallorne, «Prima che il dottor Leoni ci ripensi... fermi, fermi! Non filmate, ci sta guardando... accidenti! Questa sabbia ti entra nelle mutande!».

«Dottor Leoni, mi scusi» intervenne Ivan per dare manforte, «vuole permettere ai giornalisti di ingigantire e raccontare quello che succede, prima che le diamo la giusta collocazione nel quadro delle scoperte fatte? Proprio ora che la gente pare interessarsi all'archeologia?».

«Un gioco di specchi e prismi, che ha fatto scattare il meccanismo» disse Leoni, guardando in direzione della troupe.

Elena era fredda e assorta.

Mallorne si avvicinò, sbracciandosi.

«Dottore Leoni! È pronto? Oggi è un gran giorno...» disse, «Facciamo... due minuti all'intervista?».

«Non vorrà permettere...» chiese Peter, dominandosi a fatica.

«Ma come possono pretendere...» intervenne Raffaella, «Possibile che permettiamo loro di star qui?».

Il dottor Leoni pareva stranamente impassibile.

«Professore!» esplose Peter, mentre il giornalista aspettava a qualche passo di distanza, «Che le prende? Questi ci sputtanano, sparando il più divertente mucchio di balle della storia su una cosa che neanche noi abbiamo fatto in tempo a vedere, e lei li lascia entrare? Mi perdoni... ma non si rende conto di quel che domani tutti penseranno di lei?».

E s'interruppe, sconvolto dalla propria audacia, ma ancor più dall'impassibilità del professore.

Elena aveva perso un po' di colore, divenendo più simile al gesso. Leoni si voltò. Tutti, tranne i cameraman che parlottavano a qualche decina di metri, rimasero col fiato sospeso.

«Peter, apri gli occhi!» disse Leoni, «Oggi la Storia è dalla nostra parte. Non si tratta di capire, ma di vedere!».

Peter sgranò gli occhi.

«Da oggi non dovrò più difendermi» proseguì, «non più dagli attacchi, ma dalle richieste d'aiuto!».

«Ma... mi scusi» lo interruppe il giovane, «noi la seguiamo... ma perché correre il rischio di...di...».

«Mio padre non corre nessun rischio» proruppe Elena.

Peter la guardò scioccato.

«Tuo... padredomandò.

La ragazza taceva, guardandolo con sfida.

«È mia figlia» confermò questi.

Nessuno reagì.


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