21.

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***
Cammina rapido in mezzo alla strada quasi cancellata dalla nebbia. Un vento arrabbiato gli graffia la pelle del volto, lo costringe a socchiudere le palpebre. Il ragazzo si chiede dove si trova e dove sta andando. È una strada sterrata che non gli dice niente, con alcuni imponenti alberi a distanze più o meno costanti. Non riesce a vedere più in là di qualche metro. Avanza a fatica cercando di rompere quel foglio di carta velina e nebbia.
In lontananza vede una macchia colorata, una sagoma sempre più nitida. Lei.
«Lacey!» grida. Vede la figura fermarsi sul marciapiede, mentre lui continua a camminare in mezzo alla strada. La ragazza volta la testa e lo osserva minacciosa, come se qualcuno l'avesse maltrattata. Il ragazzo s'irrigidisce, deluso nell'accorgersi che non si tratta della ragazza di cui è innamorato.
Tenta di avvicinarsi per poterla vedere meglio in volto ma lei ha già ripreso a camminare per la sua strada. Il cuore inizia a pompare sempre più, una malinconia straziante gli stringe la gola. Vorrebbe rincorrerla, chiederle chi sia, dove stia andando.
Urla un'altra volta:«Ehi, tu!».
La ragazza si volta con ancora più rabbia in volto, come se le fosse stato lanciato un sasso addosso.
***

Un urlo rauco lacera la sua gola: un colpo di pistola lo aveva colpito.
In un primo momento rimane parallizzato per la paura, con gli occhi spalancati tentando inutilmente di vedere oltre il buio ed ascoltando l'inudibile.
Poi riconosce la stanza, ricorda quelle monotone pareti, ed insieme ad un'ondata di sollievo, per la prima volta, si sente felice di trovarsi rinchiuso in quella stanza.

Percepisce il materasso umido, il sapore della sua saliva, il suo pesante ansimare. Si strofina il volto con i palmi delle mani, con sempre più forza e velocità come a volersi cancellare.
È stato un incubo.
Di quelli brutti.
Si dirige velocemente in bagno per rinfrescarsi. Ha i capelli bagnati alla base del cranio e la barba gli crea un prurito fastidioso.

Deve dare una svolta a questa situazione; non può aspettare che il principe azzurro bussi alla porta della sua camera, né che gli chieda di buttare giù i suoi capelli dalla finestra.
Deve cavarsela da solo.
Una domanda gli sorge in mente; un piccolo,insignificante, e forse divertente, quesito: Come faccio ad andarmene da qui?
Non sa dove sbattere la testa, dove trovare la risposta nè dove cominciare a cercarla. Improvvisamente abbandonato da ogni genere di forze si tuffa a peso morto sul materasso che cigola sotto di lui.

Si mette ad ascoltare.

La notte è buia e tranquilla, ma non silenziosa, caratterizzata comunque da un suono non ben definibile.
Avrebbe preferito avere Lacey accanto a sé, ma questo non è possibile.
Si domanda se in questo momento anche lei sia sveglia, se anche lei ha continui incubi, o se invece riesce a dormire tranquilla. Chissà se anche lei lo pensa costantemente.
Non può saperlo, così appoggia la schiena alla testiera del letto e facendo respiri profondi cerca di rimanere sveglio.
Alcuni minuti dopo si trova a combattere con la pesantezza delle sue palpebre che si muovono sempre più lentamente, finché non viene completamente inghiottito dall'oscurità.

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