29.

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Ancora stordita esce da quella stanza ammuffita e prima di varcare la porta con entrambi i piedi si guarda intorno con circospezione.
Si dirige cautamente verso delle scale in legno tenute in pessime condizioni.
Fa il primo scalino e seppure abbia fretta di scappare necessita di aggrapparsi allo scorrimano, le gira la testa e le gambe le sembrano di gelatina. Fatica a reggersi i piedi ma riesce a procedere di un paio di scalini sfruttando ogni muscolo che riesce ancora a sorreggerla.
Di nuovo ha bisogno di fermarsi. Comincia ad avere il fiatone causato sia dallo sforzo che sta facendo per reggersi in piedi sia per la paura di essere scoperta e non riuscire ad andarsene da lì.

Il solo pensiero di aver appena evitato un tentativo di stupro la fa rabbrividire, percepisce i peli rizzarsi per la paura e la pelle d'oca comparire ovunque sul suo corpo.
Non avrebbe mai pensato che Mark potesse farle una cosa del genere, gli occhi si gonfiano e le si fanno lucidi mentre con lentezza sale gli ultimi scalini. Tenta di trovare motivazioni che possano giustificare Mark per il suo comportamento; gli scalini si fanno più stretti ed è costretta a portare un piede davanti all'altro.
Finalmente raggiunge la porta e con un sospiro di sconforto la apre di pochi centimentri, il minimo indispensabile per poter controllare ciò che si trova dall'altra parte.

Vorrebbe acasciarsi a terra e dormire per ore, sente le sue forze prosciugarsi più velocemente di quanto dovrebbero. Smette di respirare pensando che così le ultime forze non se ne vadano via, non scappino da lei. È esausta, ha perso ogni genere di speranza.
Le gambe le cedono e rischia di cadere a terra se non fosse che riesce ad aggrapparsi allo stipite della porta. Procede con la massima velocità che le è possibile, sorreggendosi su ogni mobile a portata di mano. Non ha idea di dove stia andando.

Il martellare continuo e frenetico del suo cuore non si placa, accellera sempre più facendola faticare a pensare e ragionare il più limpidamente possibile.
Non riesce a trovare una via di fuga, fatica a capire ciò che la circonda.
Sente una macchina parcheggiare nel cortile esterno. Il cuore le si ferma per pochi secondi, una manciata di secondi che le permette di godersi la mancanza di quell'incessante suono che riecheggia affannato nel suo petto lasciandole un momento per concentrarsi e pensare.
Ispeziona la stanza con attenzione sorreggendosi al tavolo della cucina che ha di fronte. Volge lo sguardo a destra e a sinistra con impazienza e agitazione.
Teme per la sua vita. Non sa a cosa è dovuto il suo rapimento e non sa nemmeno se per loro averla viva o morta cambi qualcosa.

Comincia a tremare e questo non aiuta la sua già scarsa capacità a rimanere in piedi.
Qualcuno sta trafficando con la serratura d'ingresso, sente una profonda voce maschile boffonchiare bestemmie.

Ha paura.

Si guarda intorno terrorizzata e, puntando tutto sulla fortuna, si chiude dietro la prima porta che trova.

Cerca di regolarizzare il respiro, chiude gli occhi stringendoli fino a far tornare dentro le lacrime.

Non è il momento per certe emozioni, si ripete come se stesse rimproverando una persona che però non c'è.

Si trova nel bagno.
Entra nella vasca e tira la tenda un po' sporca e ammuffita anche questa. Lacey ipotizza che non ci abiti nessuno in quella casa, suppone tra sé e sé che sia un edificio abbandonato.

Silenziosa ascolta i rumori che la circondano: rumore di passi, le chiavi poggiate sul tavolo in legno e altri borbottii sconnessi. Lacey riesce a comprendere solo il nome di Mark e involontariamente incrocia le dita perché riesca a scappare via prima che l'uomo, nell'altra stanza, scopra che è riuscita a liberarsi.

Altri passi, questa volta si stanno avvicinando verso il bagno. Lacey chiude gli occhi sussurrando una preghiera.
La porta si apre e Lacey si sente persa, basterebbe scostare la tenda e l'avrebbe vista.
La figura si ferma davanti alla vasca. Lacey trattiene il respiro e si costringe a rimanere calma e immobile.
Rimane immobile, con gli occhi sbarrati per non perdersi nessun movimento dell'uomo. Quest'ultimo si slaccia la cintura e abbassa la zip ponendosi di fronte al water, si ricompone, ed esce chiudendosi la porta alle spalle.

Lacey sospira e solo ora percepisce il dolore delle unghie strette sui palmi delle mani.
Inspira ed espira.
Un fastidioso odore di marcio le impregna le narici.
È un odore disgustoso, gli occhi le iniziano a bruciare e non capisce come non se ne sia accorta prima.
Si accorge di essere rimasta nella stessa posizione da quando era entrata nella vasca, immobilizzata dalla paura.

Cerca di ascoltare altri rumori che potrebbero aiutarla a capire cosa succede nella stanza accanto, ma le sembra di essere diventata improvvisamente sorda.

Ha un altro giramento di testa, ma questa volta non capisce se sia a causa della droga o da questo pungente odore.
Cerca di rimanere in piedi sorreggendosi a qualsiasi cosa più resistente di lei in questo momento. Poggia la mano dietro di lei abbassando lo sguardo a terra.
Ritrae subito la mano come se si fosse punta, sbarra gli occhi e comincia a respirare affannosamente: qualsiasi cosa abbia toccato non si tratta del freddo muro di ceramica del bagno e il fondo della vasca è tutt'altro che bianco come l'esterno.

Comincia a tremare, non riesce a controllare le mani e le ginocchia le cedono del tutto.
Chiude gli occhi e si morsica la lingua cercando di trattenere il dolore causato dallo scontro della sua schiena con il rubinetto della vasca.

Teme per qualsiasi cosa possa trovarsi di fronte appena aprirà gli occhi. Si impone di farlo, non può rimanere con gli occhi chiusi pe l'eternità.

Un urlo rauco squarcia l'apparente silenzio presente nell'edificio.
Si stringe le ginocchia al petto.
Urla e libera tutte le lacrime che ha trettunuto fino a questo momento.

Due corpi nudi con la stessa pelle delle bambole di ceramica; le labbra violacee sembrano essere truccate, in contrasto con i capelli grigi. Il sangue, ormai secco, che dalle loro gole percorre il loro corpo in lunghezza rende quel bianco cadaverico ancora più acceso.
Si concentra sugli occhi, sulle palpebre chiuse, le da un senso di serenità, ma le è difficile rimanerci concentrata per più di qualche secondo. Non fa altro che far balzare gli occhi dai corpi nudi di due anziani signori e il fondo della vasca rosso come le loro gole.

È orribile, macabro e disgustoso. Il suo peggiore incubo è diventato realtà per queste due anziane persone: sono morte, chissà da quanti giorni.

La porta del bagno sbatte e si può sentire il muro sgretolarsi dietro di essa, a livello della maniglia.

Ed ora cosa le succederà?

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