30. RISVEGLIO

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ADRIAN'S POV.

I soccorsi erano arrivati il prima possibile.

Stava perdendo sangue, davvero troppo.

Un elicottero ci aveva portati all'ospedale più vicino: per tutto il tempo era rimasta tra le
mie braccia, non la avevo lasciata nemmeno un secondo.

Clary ce la farai te lo prometto.

Queste erano state le parole che continuavo a ripeterle nelle speranza che mi sentisse.

Pamela intanto se la era cavata.

Per fortuna il giubbotto anti-proiettili che aveva addosso le aveva attutito il colpo.

Si stava ripetendo la stessa scena di Black Lake, sembrava un incubo: era la seconda volta che non riuscivo ad evitare che le accadesse qualcosa di brutto, la seconda volta.

Come avevo potuto non accorgermi di Kian?

Avrei dovuto riceverlo io quel colpo non lei!

Era dannatamente colpa mia.



Mi misi le mani tra i capelli nervoso: ero seduto su una delle tante sedie nella sala d'aspetto dell'ospedale.

Se non ce l'avesse fatta?

- Adrian - la voce del padre di Clary mi fece tornare alla realtà.

- Lei che ci fa qui? - alzai la voce.

Aveva una ferita sulla testa ed un braccio fasciato.

- Sono venuto per mia figlia - disse con sguardo basso sedendosi difronte a me.

- Che razza di risposta è? Dopo quello che le ha fatto? È colpa sua se è successo tutto questo! E se non fossi arrivato in tempo? Si rende conto? Non sono nemmeno più al suo servizio, mi ha licenziato si ricorda? Eppure sono qui. Lei invece? Ha voltato le spalle a sua figlia -

Le infermiere si erano voltate ad ascoltare la discussione.
Forse avevo urlato un po' troppo, ma non mi importava, se lo meritava.

- Ho sbagliato tutto - scoppiò a piangere.

Poi continuò:

- Mia figlia ha rischiato di morire. Io..non posso perderla....ho sbagliato, ho sbagliato tutto fin dall'inizio. Non avrei dovuto scendere a compromessi, usarla per ottenere ciò che volevo. Non riesco nemmeno a guardarmi allo specchio per questo. Non la merito. Tu ci sei sempre stato Adrian, hai vegliato su di lei come un angelo. Ti meriti la sua fiducia -

Ero rimasto attento ad ascoltarlo.

Mi avevano colpito le sue parole.

Mi vedeva davvero così?

Un angelo?

No non era possibile, non ero quel genere di persona.

Un infermiera ci interruppe.

- La ragazza si è svegliata, ha perso molto sangue ma è stabile. Ha bisogno di riposo adesso - disse reggendo una cartella clinica.

- Posso vederla? - chiesi speranzoso.

- Solo i familiari mi spiace - disse alludendo al padre.

- Non credo voglia vedermi, lo lasci entrare -

Il suo tono era basso e pieno di vergogna.

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