46. UN NUOVO INIZIO?

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Ero ancora sotto shock per quello che era appena successo: mi aveva trattata come spazzatura, come se non fosse mai successo niente tra di noi.
Ero stata una stupida a fidarmi di lui.
Mi scappò una risata amara.
Iniziai a fare avanti e indietro sul bordo della strada mordendomi il labbro nervosamente.
Vidi un auto accostare ed abbassare il finestrino, dentro una ragazza con degli occhi azzurri mi sorrise.
- Tutto bene ragazzina? -
Per quale motivo una sconosciuta aveva appena accostato per me nel bel mezzo del nulla?
Facevo davvero così pena?
- Si certo - mi asciugai le lacrime con la manica della maglia.
- Posso darti un passaggio se vuoi, sai non è una buona idea restare qui a quest'ora della notte - rise amichevolmente.
Sembrava sincera.
Accettai sospirando.
Non ero il genere di persona che accettava passaggi dagli sconosciuti ma sinceramente se fosse stata una serial killer e mi avesse portato in un bosco ed uccisa non mi avrebbe toccato minimamente, distrutta com'ero per Adrian.
Non avrei mai chiamato mio padre ora come ora: cosa gli avrei potuto dire?
Non sapevo nemmeno come stavano le cose.
Diedi alla ragazza le istruzioni per arrivare a casa mia e poi mi rannicchiai sul sedile guardando fuori dal finestrino.
O questa ragazza era un angelo oppure avevo avuto una botta di fortuna: probabilmente sarei rimasta tutta la notte sulla strada se non si fosse fermata.
- Io sono Seline tu? - mi disse continuando a tenere gli occhi fissi sulla strada.
- Clary - ammisi a bassa voce.
- Stai bene? Sembri esausta - chiese con voce preoccupata.
- Si sì tutto a posto - mentii.
Mentire.
Ecco la cosa che mi veniva meglio.
- Brutta giornata? - chiese.
- Più o meno - non volevo darle troppa confidenza.
Arrivammo davanti casa mia: le luci erano spente, probabilmente mio padre era uscito con i suoi uomini a cercarmi.
- Eccoci - mi sorrise lei.
- Non so davvero come ringraziarti - le dissi sincera.
Scesi dall'auto e mi incamminai verso la porta di casa.
La sentii suonare il clacson per poi andare via.
Appena arrivai notai che la porta era aperta: o era entrato qualcuno in casa oppure mio padre aveva dimenticato di chiudere la porta a chiave, ma conoscendolo era più probabile la prima ipotesi.
Dovevo chiamare la polizia?
Al diavolo, pensai.
Magari era stata la bambina, doveva essere sicuramente in casa.
Entrai piano.
- C'è qualcuno? - urlai.
Niente.
Notai solo in quel momento che le luci di sopra erano accese, in particolare quelle della stanza di Adrian.
Avanzai piano fermandomi sula porta: le sue cose erano sparite.
Dunque era entrato a portare via la sua roba?
- Ovvio - esclamai con una nota di amarezza.
Figurarsi.
Quindi era tutto vero.
Presi il cellulare dalla mia tasca e mi accorsi delle dieci chiamate perse da parte di mio padre: merda.
Mi avrebbe ammazzato.
Richiamai subito.
- Clary! - mi urlò nell'orecchio.
- Papà - feci io indifferente.
- Dove diavolo sei? -
- A casa -
- A casa? Beh allora non muoverti, io sono al laboratorio poi ti spiego. Cerco di arrivare il prima possibile - attaccò.
Spiegarmi?
Cosa?
Non volevo sapere altro.
Ogni volta che cercavo di scoprire qualcosa facevo sempre un passo indietro.

ADRIAN'S POV.
- Allora? - mi chiese il verme.
- Allora cosa? Ci ho pensato io - affermai deciso.
Lui sorrise.
- Bentornato Adrian - mi poggiò una mano sulla spalla.
Ero di nuovo nel giro, si fidava di me.
Uscii fuori sul terrazzo a fumare una sigaretta: era ricominciato il vizio.
Da quassù si vedeva l'intera città di notte ed era bellissima.
Ma mai quanto lei.
Sbattei un pugno sul muro: dovevo smetterla di pensare a lei.
Decisi di chiamare Seline.
- Pronto? - la sua voce acuta.
- Hai fatto? - le chiesi con tono indifferente.
- Si è a casa adesso - mi rassicurò.
Non sapeva tutta la storia ma era meglio così, le avevo solo detto di riaccompagnare una ragazza a casa senza fare troppe domande e lei aveva accettato.
Probabilmente aveva pensato che fosse una delle tante che mi portavo a letto.
Meno persone sapevano la verità e meglio era.
- Va bene ciao - chiusi.
- Aspetta -
Che voleva adesso?
- Non vuoi nemmeno sapere come sta? - mi domandò.
- Perché credi che mi importi? - la attaccai.
Passò un attimo di silenzio.
- Perché non mi hai mai chiesto di riaccompagnare una ragazza a casa e aspettare che fosse al sicuro. Non è da te tutto qui - ammise.
- Non hai un cazzo da fare a parte farmi la predica? Non mi importa di lei, non più ormai -Attaccai senza darle tempo di rispondere.
Ci mancava solo questo adesso.
Ora potevo ricominciare da zero.

CLARY'S POV.
Mi ero addormentata sul divano del salotto e mio padre era arrivato verso le cinque del mattino.
La squadra da lui mandata era sparita nel nulla, probabilmente uccisi, mentre il laboratorio era stato dato alle fiamme.
I bambini erano stati portati in salvo e Lucy si trovava in ospedale per accertamenti.
Non avevo raccontato tutta la verità a mio padre, solamente che mi aveva lasciata sulla strada.
Non gli avevo accennato della nostra conversazione, se si poteva chiamare così.
Adesso che sembrava essere tutto finito potevamo tornare alla normalità, senza guardie e senza paura.
Avrei potuto ricominciare da capo, anche se il dolore era troppo forte.
Solo a sentire il nome Adrian mi sentivo una pugnalata allo stomaco.
Dovevo dimenticarmi di lui proprio come lui aveva fatto con me, dovevo smettere di pensarlo perché solo così avrei potuto essere felice, avrei dovuto imparare ad odiarlo perché solo così sarei potuta diventare più forte.

Tre settimane dopo.....
- È definitivo - affermò mio padre sventolando in aria delle carte.
Io stavo inzuppando i miei biscotti preferiti dentro la mia enorme tazza di latte.
- Cosa? - chiesi sbagliando.
- Andiamo a vivere a New York -
Per poco non caddi dalla sedia.
Stava scherzando?
- Davvero? - chiesi sconvolta.
Mi aveva accentato un po' di tempo fa riguardo a questo suo progetto ma non pensavo di certo che lo avrebbe realizzato così presto.
- Si. E tu dato che stai per compiere diciotto anni avrai una casa tutta per te - spalancò le braccia soddisfatto.
O mio dio.
- E la mamma? - aggiunsi.
Non volevo stare così lontano da lei e nemmeno da...
Clary smettila.
- Potrà venire a trovarci quando vuole - ammise sorridendo.
L'idea di trasferirmi mi emozionava tantissimo ma allo stesso tempo mi metteva un po' di paura: avrei perso di vista i miei amici.
Andarmene da qui mi avrebbe fatto bene.
Avevo quasi del tutto superato quello che era successo anche se il dolore nel petto rimaneva, così come la tristezza nel vedere la sua camera vuota.
Sarei cambiata.
Sarei diventata una persona migliore.
Lo dovevo a me stessa.

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Buon pomeriggio! Allora, nel prossimo capitolo Clary partirà insieme a suo padre per New York :)
Ho deciso di far finire la storia al 50esimo capitolo! Spero vi vada bene:)
alla prossima!❤️

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