23. ADDIO

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Non ero riuscita a chiudere occhio quella notte: non potevo credere a quello che era appena successo.
Troppe cose insieme.
Come poteva mia padre aver appoggiato una cosa del genere? Erano solo dei bambini!
Come potevano usarli come cavie?
Troppe domande senza risposta.
Ero disgustata, mi sentivo una stupida, non ero stata in grado di fare nulla.
Quella sera mio padre era stato portato in salvo da alcuni agenti, tuttavia la polizia non era riuscita a prendere nessuno degli uomini di Bruce: erano spariti nel nulla senza lasciare alcuna traccia.

Da quella sera Adrian era diventato improvvisamente freddo e distante e non riuscivo a carpirne il perché.

La mattina seguente mi alzai dal letto frastornata: cercai di riprendermi andando a fare una doccia fredda.
Non avevo il coraggio di scendere di sotto.
Presi il telefono e mandai un messaggio a Kevin, gli chiesi se gli andava di uscire magari fare due passi.
Mi misi dei leggins per stare comoda ed una felpa lunga bianca.
Indossai le mie fidate converse e scesi di sotto piano cercando di non fare rumore.
Adrian era in cucina seduto a leggere il giornale .
Aveva i capelli arruffati dal sonno ed una canotta da cui spuntavano fuori i suoi tatuaggi neri.
Ovviamente il mio tentativo di non fare rumore fallì miseramente.
Appena mi vide alzò lo sguardo squadrandomi dalla testa ai piedi.

- Dove vai? - chiese acido poggiando la tazza di caffè sul tavolo.

Perché cambiava umore così in fretta?

- Vado a fare un giro con Kevin. Non starò via molto, solo qualche minuto -

- Vengo con te - affermò alzandosi dal tavolo e venendo verso di me.

Istintivamente indietreggiai.
Non so perché ma dopo la scena di ieri sera, dopo averlo visto picchiare quell'uomo a sangue non riuscivo più a guardarlo con gli stessi occhi.

- No rimani qui non c'è bisogno - indicai la tazza di caffè che aveva appena lasciato sul tavolo.

- Sta zitta -

Non riuscivo a crederci.

Poi prese la sua felpa bianca e se la mise passandosi una mando tra i capelli per aggiustarli.

- Andiamo - fece lui.

Io rimasi ferma immobile.

- Ma che problemi hai? - gli puntai il dito contro.

- Scusa? - sembrava non capire.

- Non c'è bisogno che mi segui ovunque! E poi perché ti comporti così? -

- Non farmi arrabbiare Clary non è giornata! -

ADRIAN'S POV.

Perché doveva fare così?

Dio se era ingestibile.

Cocciuta e testarda.

- Sei sempre arrabbiato - mi urlò lei.

Non era vero.

O almeno se lo ero, non era per lei assolutamente.

Se solo avesse saputo la verità.

Ma non potevo.

- Clary cammina - la presi per un braccio trascinandola fuori dalla porta.

Non avrei sopportato una altra scenata o litigata.

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