Violet

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Sono incazzata nera.
Genn è uno stronzo.
Non può pensare di saper tutto di me solo perché mi conosce da 1 settimana. Lui non sa, ne saprà mai nulla. E deve smetterla di giudicarmi.
È sempre pronto a criticare ogni cosa che faccio: il cibo, i film, l'università, i vestiti. Ed io non lo sopporto. È vero, forse do troppo peso al giudizio degli altri ma questo non mi ferma.
Piuttosto mi protegge.
So evidenziare i confini tra ciò che vorrei fare e ciò che devo fare. E questo mi permette di essere accettata ed apprezzata. Chissenefrega se questa non è la vera me. Io devo sopravvivere, e se per farlo devo omologarmi lo farò. Indipendentemente da ciò che Genn mi dice. Lui non può capire.
Sono sul tetto del palazzo, qui la vista è bella e posso pensare in santa pace. Vedo la mia accademia e la gente che si affretta per andare altrove, vedo una madre che strattona il figlio per il braccio, troppo presa dal suo cellulare per capire che il bambino non sta bene. Vedo due ragazzi su una panchina che si baciano ed un vecchio che fa una faccia schifata appena li vede, perché ai suoi tempi queste cose non si facevano. Vedo un signore che divide il suo pane con gli uccellini del parco. Vedo un mondo che si erge sulla finzione ma non sa nulla di tutto ciò.

Vedo me, sempre troppo distante dal mondo per farne parte.

Rimango sul tetto a disegnare sul blocco che ho sempre in borsa: disegno i tetti, i fili del telefono che passano da un quartiere ad un'altro, disegno gli uccellini che volano.
Disegno un ragazzo con una berretta calcata sulla testa: Genn.
E devo smetterla, perché mi fa solo arrabbiare di più vederlo lì, tra le cose a cui tengo, nel mio album da disegno.
Chiudo di scatto il blocco e tiro fuori il cellulare. Guardo l'ora e mi accorgo che sono quassù da più di 3 ore. Cazzo.
Sblocco l'iPhone e trovo 12 messaggi di Sam, 10 sue chiamate e 2 chiamate di mia madre.

E 3 chiamate di Genn.

Ignoro tutto e chiamo Sam, che mi risponde dopo 4 squilli.
"Dove cazzo sei?" Chiede lei evidentemente arrabbiata.
"Tra poco arrivo. Mi presti qualcosa per stasera?" Chiedo.
"Ma Vì, stai bene?"
"Si, sto bene. Ho solo bisogno di svagarmi un po, quest'esame mi ha distrutta!" Spiego mentendo.
Voglio solo dimenticare per una sera.
Voglio solo lasciarmi andare per una volta.
"Hai ragione! Stasera ci daremo alla pazza gioia! Parola mia!" Ride. "Ho un vestito che mi sta grande, lo vuoi provare?" Chiede.
"Si, va bene. Dammi 15 minuti e sono da te."
"Ok!" Dice lei riattaccando.

Prendo una sigaretta e ne tiro fuori una, la metto tra le labbra e tiro fuori l'accendino.
È nero, con delle scritte fatte con un UniPosca bianco: c'è scritto da un lato Penso meno e dall'altro E sto meglio.
Genn.
Cazzo, è il suo accendino.
Mi accendo la sigaretta e mentre fumo mi rigiro l'accendino tra le mani.
Anche io dovrei pensare meno.
Anche io vorrei stare meglio.
Ed invece sono incastrata in un'immagine che non è la mia.

Ma per stasera, solo per stasera, farò vedere a tutti chi è la vera Violet.
Genn compreso.

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