Capitolo 8

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Appena arrivo casa mi infilo sotto la doccia , per lavarmi via dalla pelle questa brutta sensazione di sporcizia. Mi sento in colpa, ma per cosa poi non lo so.
Anche se da Niall non l'ho dato a vedere, sono sconvolta. Non sapere chi si è preso la mia verginità mi spaventa. Esco dalla doccia, mi metto il pigiama e con i capelli ancora bagnati svuoto la borsa. Tiro fuori un maglia nera e aderente e solo dopo averla girata e rigirata, mi rendo conto che non è mia.
Provo a ricordarmi ma non mi viene in mente propio nulla. D'un tratto squilla il telefono, e per l'ennesima volta mi ricordo di non aver ancora telefonato a mia sorella.
"Pronto?"
"Shai, sei tu?"
"Oh, si. Ehm, ciao zia!"
Santo cielo, non mi ricordo l'ultima volta che l'ho vista, o le ho anche solo telefonato.
"Dove sei?" mi chiede con un tono di voce un po' alterato.
"A casa, perché?"
Di colpo mi accorgo che dovrei essere a scuola.
"Mi hanno telefonato da scuola"
Ecco.
Porca merda.
Mia zia è stata fin troppo gentile ad assumersi la responsabilità di tutti noi fratelli, dopo che i miei genitori sono morti. Abita ad Edimburgo e per lei non è certo facile.
"Zia mi dispiace" le dico realmente dispiaciuta.
"Shai, lo sai che ti voglio bene, ma questa era una delle condizioni del patto"
Già, il patto.
Avevamo fatto degli sforzi enormi perché l' assistente sociale permettesse a mia zia la custodia mia e dei miei fratelli. Avevamo fatto un patto che diceva che almeno a scuola non dovevamo creare troppi pasticci. E le assenze ingiustificate vengo ritenute un "pasticcio".
Non ci sono stati grandi problemi fino ad adesso, perché la scuola tutto sommato mi piace. Ma ultimamente non so cosa mi sta succedendo.
"Scusa, veramente" le ripeto.
"Non stai di nuovo pensando a mamma e a papà?" chiede comprensiva.
Non le rispondo e dall'altro capo del telefono sento mia zia sospirare.
"Shai, ti sei tenuta in contatto con Emma o Luke?".
Conosce già la riposta. Perché me lo deve chiedere? Sa perfettamente quanto io stia già male per il mio menefreghismo verso gli altri, perché so che non sono perfetta, e lei continua ad infierire.
"No." rispondo un po' troppo duramente.
"Sai bene che dovresti farti sentire ogni tanto".
Ah, ma davvero?!
"Si, lo so" rispondo tranquilla.
"Allora... mi prometti che non salterai più scuola per motivazioni inutili e che telefonerai a Emma?"
"Va bene"
"Ti voglio bene Lily, ciao."
No.
Solo la zia, papà e Charlie mi chiamavano Lily, perché mio fratello era troppo piccolo per riuscire bene a dire "Shailene", e così un giorno se ne era uscito con "Lily" e da allora loro tre mi chiamano così. Ma era da tantissimo tempo che non me lo sentivo dire.
"Ciao zia" rispondo secca.
Stacco il telefono velocemente, finisco di asciugarmi i capelli e decido di andare a fare una passeggiata con Madison.
C'è un bel parco nella periferia di Londra, dove spesso mi rifugio per stare un po' da sola. Non è tanto grande, ma gli alberi sembrano essere più verdi e i fiori più profumati; ogni tanto c'è anche un anziano con una chitarra che suona delle melodie dolci e struggenti, e che rendono quei momenti di solitudine estremamente intensi e quasi nostalgici. Ammetto che quando era un po' più piccola avevo sempre desiderato portarci il mio fidanzato, ma non si era mai presentata l'occasione. O meglio, sono io che mi sono sempre trovata i peggiori stronzi di turno.
"Accettiamo l'amore che pensiamo di meritare" cita Stephen Chbosky.
Credo proprio che questo sia il mio caso.
Prendo la metropolitana e dopo essere arrivata, percorro circa un chilometro a piedi. L'aria gelata mi scompiglia i capelli e mi fa pizzicare gli occhi, mi appoggio una mano sul cuore e lo sento battere con energia.
E mi sento viva, viva come non mai.
Credo che se solo lo desiderassi, potrei mettermi a volare tra questi palazzi fatiscenti. Ma perché questo improvviso cambiamento?
Fino al giorno prima guardavo le mie cicatrici, e mi chiedevo perché non sono stata io morire; ora invece guardando le mie cicatrici, e riconosco la vittoria.
Sarà perché ho rincontrato Anne, sarà perché ho perso la verginità solo la notte scorsa o sarà perché ho conosciuto Harry, questo non lo so, ma sono sicura che sono in debito con qualcuno.
Entro nel parco e vedo Madison seduta sulla solita panchina, con due bicchieri fumanti di non so che cosa e con due sacchetti marroni. Mi avvicino alla panchina e mi siedo, senza salutarla, lei si gira e mi porge uno dei due bicchieri.
Sono una persona poco affettiva, e so che non tutte le persone a cui voglio bene si rendono conto dell'importanza che hanno nella mia vita, ma va bene così.

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