Capitolo 31

40 1 0
                                    

Le ferite sulle mie mani sono completamente guarite, quelle emotive un po' meno.

Continuo a sentirmi in colpa per qualcosa che non riesco nemmeno io a definire cosa.

E' il 28 gennaio, e sono le 5:36 di mattina. Londra è ancora deserta e sulla riva destra del Tamigi non c'è anima viva. Un vento umido e fastidioso mi scompiglia i capelli.
Fa troppo freddo, ma almeno i miei pensieri non si concentrano su altro. Non riesco più a dormire da sola, mi dà fastidio sentire il materasso freddo e vuoto vicino a me.

Harry non sa di questo problema.

E' da Capodanno che mi succede. Mi sveglio nel cuore della notte, sudata e con il fiato corto. Non faccio nessun incubo, ma mi sembra ugualmente di esserne appena uscita da uno.

Non dormo, così mi vesto e giro per Londra.

E' un'altra città di notte. I lampioni non sono illuminati, le insegne sono spente, le strade deserte, con qualche bus di tanto in tanto o qualche macchina trasandata ferma al ciglio della strada.
Credo di aver parlato di più con le prostitute che in tutta la mia vita.
Sono ad ogni angolo della strada, ed è inevitabile incontrarle.
C'è una ragazza, Amelia, ha solo diciassette anni. Le porto quasi sempre un caffè caldo, dato che è costretta ad indossare uno stupido vestito anche d'inverno. E' pericoloso avvicinarsi a loro, sono costantemente controllate, ma sono riuscita a trovare un piccolo vicolo dove nessuno la può vedere. Le do un po' di soldi, in modo che possa mentire facilmente.
E' strano vedere come siano così simile alle ragazze normali.
Anche loro desiderano un bel vestito, un telefono nuovo, uscire al cinema con le amiche, ed avere una relazione stabile.

Ripeto, Londra è così diversa al buio.

Non sento il bisogno di dormire, non mi sento stanca.

Un paio di giorni fa ho iniziato ad inviare delle foto ed ho continuato a farne altre. Sto passando un bel periodo con Harry, le cose vanno bene. Ci vediamo quasi tutti i pomeriggi e studiamo insieme. Siamo felici. Credo di meritarmelo ogni tanto.

"Quindi" esordisce Harry "una provetta di sangue a temperatura ambiante ha una riduzione della glicemia del 10% per ora e questo dipende dal fatto che i globuli rossi sono cellule vive e che utilizzano come elemento introitavo il glucosio"
"Sì, giusto" dico chiudendo il libro.
Il riccio sospira malinconico. "Andrà malissimo" dice depresso.
"Smettila, sai tutto" sbuffo.
Harry mi guarda con gli occhi stanchi. "Cosa farai dopo?"
"Mangio" dico ovvia.
"Intendo dopo aver finito scuola"
"Oh, non... non lo so"

Credo invece di sapere cosa voglio.

"Chirurgia?"
"Beh, sì certo"
"Dove?"
"Non lo so" mento.

Harvard sarebbe un sogno. Ma è lontana, è costosa ed è difficile.

"Io credo che prenderò il ramo della ricerca" dice lui.
Annuisco.
Credo che lui abbia capito che non ho intenzione di andare ad Oxford, ma purtroppo io sono quasi certa che lui sceglierà quell'università.
"Devo scegliere il meglio per me, e vale la stessa cosa per te" chiarisce, come se potesse sapere cosa penso.
"Certo"

Harry si alza e va verso la cucina. Sono troppo pigra per cucinare qualcosa, così in questi giorni ci pensa sempre lui.

"Dovresti provare a fare box con me" dice lui.
Alzo gli occhi verso il riccio. "Come?"
"Sì, per scaricare la rabbia e l'energia negativa" dice con una voce profonda, imitando il suo allenatore.
"Sicuro, così poi mi uccidi"
"Non è vero" dice fingendosi offeso.
"Guardati già soltanto le braccia, Harry!"

Dio mio, sono davvero enormi. Ha le spalle quasi il doppio delle mie e una sua mano mi copre quasi interamente la faccia.
L'altro ieri ho dovuto spostare degli scatoloni pieni di cose inutili. Harry li prendeva come se fossero fatti di gomma piuma, e i muscoli delle braccia si stiravano, si ingrossavano, si allungavano fluidi come l'acqua.
Credo di averlo guardato per dieci minuti, impressionata.

"Ma con te sono delicato" dice con una faccia maliziosa.
"Sporco maniaco" ridacchio.
"Posso solo...?" chiede avvicinandosi e infilando una mano sotto la maglietta.
"No, no e no" sussurro decisa.
Mette gli spaghetti nella pentola "Ti odio" mi dice
"Anch'io"

Lo guardo mentre si aggira per la cucina.

I suoi capelli ricci, la maglietta logora e quei pantaloni che avrà da un decennio.
Non voglio che se ne vada, e nemmeno voglio andarmene io. Se avessi dovuto prendere questa decisione qualche mese fa, non avrei avuto nessun tipo di problema, avrei pensato solamente a me stessa e ai miei interessi, ma ora non è più così.

Prendo un bel respiro.
"Harry, devo parlarti"
Si gira verso di me, con gli occhi già pieni di paura. Annuisce.
Aspetto che scoli la pasta e quando ci sediamo a tavola parlo.
"Vedi, io sono sempre stata una persona egoista. Non materialmente, ma se con le mie decisione avrei potuto provocare del male emotivo a qualcuno, non mi interessava. Prima di conoscerti sapevo già cosa avrei fatto, le decisione che avrei preso". Harry mastica lentamente. "E ora non ho più nessuna certezza. Io avevo programmato di trasferirmi, e andare a studiare ad Harvard. Ma come faccio, ora, a lasciare andare tutto quello che ho faticosamente portato avanti?"

La mia domanda sembra restare sospesa nel vuoto. Lui ha smesso di mangiare e ora mi guarda con attenzione.

"Vuoi che ti parli come amico o come ragazzo?" mi chiede con la voce rotta.
"Lo sai" dico piano.
Il riccio mi guarda con quei suoi occhi meravigliosi "Vai e prendi la strada che hai sempre voluto". Fa una pausa. "Oppure resta, e distruggi i tuoi piani"
"E' difficile" sospiro.
"Lo so. Proprio per questo devi fare esattamente cosa desideri maggiormente"
"Il problema è che non so cosa voglio"
"Ne sei sicura?"

Non riesco a guardalo in faccia.
Il mio desiderio di diventare chirurgo mi affligge fin da piccola. Poter seguire la strada dei miei genitori, aiutare chi ne ha bisogno, regale il mio sapere per salvare una vita.

"Tra quattro giorni è il tuo compleanno" dico cambiando discorso.
"Esatto" dice lui.

Capisco che è irritato dal fatto che io non gli abbia risposto, ma non voglio iniziare una discussione.

"Non so cosa regalarti" dico mangiando l'ultimo boccone.
Harry mi scruta sorridendo e io capisco cos'ha in mente.
"Non puoi negarmelo anche il giorno del mio compleanno"

Sono felice che non se la prenda troppo per quello che è appena successo. In fondo, nulla è già stato deciso.

Alzo le spalle ridacchiando e metto i piatti sporchi in lavastoviglie.
"Meglio andare a dormire, domani abbiamo il test di biologia" dice sbadigliando.
Annuisco. "Resti?" chiedo, cercando di non mostrarmi troppo speranzosa.
Lui mi sorride con un po' di perfidia. "Quando ti deciderai a lasciarti completamente andare, dormirò qui tutte le volte che vuoi"
Rido, anche se dentro mi sento morire.

Un'altra notte fuori. Non riesco più a sopportarlo.

"Allora sciò" dico con leggerezza e comportandomi come se non ci fosse nulla da nascondere.
"Buona notte" dice già vicino alla porta.
Mi dà un bacio leggero sulle labbra ed esce.

L'una e dieci.
Due e quaranta.
Tre e venti.
Mi alzo di scatto, metto dei jeans, una felpa e il giubbotto pesante. Mi infilo un berretto, prendo il telefono, le chiavi ed esco.
Le gambe conosco la strada a memoria e dopo circa quaranta minuti di camminata, posso godere della vista dal Millennium Bridge. Il Tamigi scorre lento e costante sotto di me e il Tower Bridge splende in lontananza. Accendo una sigaretta e fumo con tranquillità.

























Defenceless [H.S]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora