Capitolo 35

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Luci, macchine, persone.

Ecco quello che vedo.

La voce terrorizzata di Madison risuona ovattata.
"Niall, porca troia, dove cazzo è Harry?"
Ovviamente non sento la risposta.
"Digli di muoversi allora"
Niall deve aver chiesto cosa succede.
"Si tratta di Shay" dice Madison.
Lei non dice niente e sento che mette il telefono nella borsa.

"Ti prego scendi" mi supplica.
"Vai a casa Madison" dico piano.
Non riconosco la mia voce.
Lei non se ne va, ma resta in silenzio.

I miei piedi penzolano dal cornicione, la forza di gravità li tira verso il basso.
Non riesco a pensare a niente. Il vento mi scompiglia i capelli.

Sento un macchina andare veloce e lo stridio delle gomme sull'asfalto. Dei piedi corrono in fretta sulle scale di metallo. Harry, intuibile.
La sua voce è roca e ordina a Madison di scendere. Lei protesta un po', ma poi va verso le scale.

Harry si avvicina con calma e scavalca in modo aggraziato la bassa ringhiera, sedendosi vicino a me.
"Cosa hai intenzione di fare?" chiede con la voce ferma, prendendo una di quelle sigarette alla menta che mi piacciono tanto, accendendola e poi passandomela.
Guardo il piccolo bastoncino e scrollo le spalle.
"Nessuno si accorgerebbe della mia assenza. Non parlo più con Madison, Niall è come se non esistesse, Emma, Jen e tutti loro non li ho visti per anni, e non credo proprio che faccia la differenza"
"Io non conto nulla?"
Lo guardo arrabbiata e stupita "È colpa tua se sono qua" dico gelida.
Lui sorride "Hai ragione. Lasciami rimediare allora"
Scavalca la ringhiera e io lascio cadere la sigaretta nel vuoto.

La piccola punta incendiata si confonde con altre mille luci. Io mi confonderei tra tanti altri suicidi.

"Sono incinta"
Harry non parla per qualche secondo "Sono sicuro che riusciremo a trovare una soluzione" dice dopo poco.
"Riusciremo? Noi? Non mi trattare con i guanti solo perché sono su un cornicione. Forse non ti ricordi che c'ero anch'io al corso di psichiatria. E tu mi stai trattando esattamente come trattano i pazzi. Mi assecondi, solo per farmi inghiottire la medicina amara in un secondo momento. Non sono stupida, ma forse continui a vedere la persona che credi tu"
"Forza, vieni" dice senza ascoltarmi, tendendomi una mano.
Mi giro verso di lui e leggo il terrore nei suoi occhi.
È quello che si merita, soffrire.
Guardo davanti a me. Inizia a farsi buio. Mi appoggio alla ringhiera e fisso Harry negli occhi.
"Mi dispiace" sussurro. E salto.
Una sensazione di vuoto mi avvolge lo stomaco e poi buio.

Apro gli occhi, o almeno è quello che vorrei fare. Sento rumori, odori, ma sono completamente avvolta nel buio. Un peso mi opprime costole e polmoni, e la fatica che faccio per respirare è così grande che sembra che la cassa toracica debba esplodere.
Mi impongo di pensare.
Sento delle voci vicino a me. Sono frenetiche, sento un telefono che squilla, un allarme che suona, un carrello che viene trascinato. Sono in un ospedale.
Sono viva, allora, e al momento non so se esserne felice oppure no. Capisco anche che la cosa che mi opprime il petto è un respiratore.

La verità mi arriva addosso inaspettatamente. Sono in coma.

"E' caduta da molto in alto, la McGowan non crede che si sveglierà"
Matricole. Sento qualcuno masticare e poi rispondere.
"Peccato, sembra una bella ragazza"
'Idiote!' penso. Controllate l'attività cerebrale, invece che stare lì a mangiare.
"C'era qualcuno con lei?" chiede una.
"Un ragazzo. Il figlio di Anne"
"Cosa? Quello è suo figlio?"
Harry, Harry ovunque.
"Sì, si è presentato come il fidanzato"
Bastardo.
"E ha detto come è successo?"
"Ho provato a chiederglielo, ma poi ha quasi sfondato il muro con il pugno, e ho capito che era meglio lasciar perdere"
L'altra ragazza probabilmente annuisce. "Dici che si è suicidata?"
"Non lo so. Potrebbe averla buttata giù il fidanzato"
"Non credo"
Il loro discorso sfocia poi in argomenti inutili, così torno a concentrarmi sul dolore al petto. Provo ad andare a ritmo con il respiratore. E' faticoso, ma il peso si alleggerisce.

Ormai ho perso la concezione del tempo. Mi sembra di essere da anni in questo stato di buio perenne, anche se so che non è così.

Il mio udito ogni tanto sparisce e in quei momenti mi sento morire. Sono avida di suoni, sono il mio ossigeno e sono l'unico mezzo per tenermi al corrente di cosa succede. Sento dei passi frettolosi nel corridoio e la voce di una delle due ragazze che ho sentito, tanto o poco tempo fa.
"Dottoressa, mi creda! Stavo passando di qua, quando ho visto il monitor e c'è attività cerebrale"
"Liz, mi pare impossibile. Durante l'intervento c'eri anche tu e l'ossigeno è mancato al cervello per troppo tempo"
"Ma guardi!"

Sento la donna avvicinarsi.
"Santo cielo" sussurra.
"Chiama il ragazzo, svelta"
Liz esce dalla camera.
Sento il rumore di pagine sfogliate, una penna sulla carta e dei sussurri.

"Come?"
Harry. Dev'essere mattina tardi, perché ha ancora la voce roca, ma non assonnata.
"Ciao" dice la donna vicino a me.
"Buongiorno" dice nervoso Harry.
"Sono la dottoressa McGowan, neurochirurgia"
"Sì, sì. Mia madre lavora qua"
"Anne?"
Harry deve aver annuito, perché la donna continua "Ho notato una certa somiglianza. Comunque, abbiamo notato attività cerebrale. Sai cosa significa?"
"Sì, sono all'ultimo anno alla Uxbridge"
"Va bene allora. Ti lascio questa brochure. Le persone in coma spesso sentono, quindi prova a pensare a cosa le piace leggere, se ascolta musica o le piace avere compagnia"
"Okay"
"Non ha parenti, famigliari?"
"E' orfana. I suoi fratelli sono in Cornovaglia"
"Capisco. Sai chi ha dichiarato come parente prossimo?"
"No" dice piatto Harry.
"Posso provare a cercare. Mi ripeti il cognome, per favore?"
"Watson. Shailene Watson"

Per qualche secondo nessuno parla. "Intende, quella Shailene?" chiede Liz.
"Sì. Sì" dice stupita e turbata la dottoressa. "Harry, devi sapere che solo il 10% delle persone che si risvegliano hanno la possibilità di un recupero, spesso solo parziale"
"Lo so"

Sospiro, o meglio, è quello che farei se solo non fossi quasi morta.

"Può ricevere visite?"
"Sì. La dottoressa Goodwin rimarrà nella vicinanze, se hai bisogno di qualcosa"
Sento la porta chiudersi e il silenzio calare.

Harry mi prende la mano, e per un momento credo di poterla togliere, ma non ho nessun controllo sul mio corpo.
Lui non dice niente, ma ogni tanto lo sento soffiarsi il naso e capisco che sta piangendo.
Dev'essere già passata l'ora di pranzo, e ora sento il calore del sole scivolarmi sulla guancia. Non riesco a pensare a niente, tranne alla sensazione di vuoto che per quei pochissimi secondi si è impadronita di me.

Defenceless [H.S]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora