Capitolo 38

42 4 6
                                    

Mi sistemo meglio sulla sedia e guardo Harry negli occhi.

Sono passati cinque giorni da quando mi sono svegliata.
Cinque giorni ad evitare lo sguardo carico di tristezza di Harry.
Cinque giorni in silenzio, in cui il mio unico pensiero era quello di riuscire a stare più tempo possibile in piedi, a camminare un po' più in fretta, o riuscire a mangiare da sola.

La mensa ora è vuota e il ragazzo con i capelli ricci e gli occhi verdi è davanti a me, in cerca di spiegazioni, di risposte.
"Non so se potrai mai tornare tutto come prima" ammetto, spostando con la forchetta le verdure bollite.
"Prenditi tutto il tempo che hai bisogno, per me non..."
"No" lo interrompo.
"Harry, non hai capito. Non è questione di tempo e nemmeno di cosa io provi per te o di quanto ti ami. E' diverso. Io non so più se fidarmi, e io so anche che tu mi dirai che farai di tutto perché io torni a credere in te. Ecco, qua sta il problema. Io non so cosa tu abbia fatto per farmi perdere la fiducia in te, e di conseguenza non so nemmeno come tu possa rimediare"

Mi fissa, senza dire niente.

"Non è più il fatto che tu mi abbia lasciata da sola, da un giorno all'altro, anche se questo è stato il motivo che mi ha spinto a compiere determinate azioni. Non è questo, ne sono sicura. Mi sembra solo... mi sembra che tu non abbia fatto nulla per farmi stare meglio". Fa male dirlo ad alta voce, lo rende così reale. "Sia dopo il tuo compleanno e sia durante il coma. Ti sentivo lontano, come se vivessimo su due mondi paralleli, che non comunicano tra di loro"

Il suo sguardo è duro, arrabbiato.
Ho paura.

"Non so cosa dire" sussurra con la mascella contratta.
"Non capisco come possa tornare tutto come prima". Faccio una pausa. "Ho perso anche la piccola creatura che mi stava crescendo dentro. Ammetto di averti immaginato stringere tra le tue braccia una bambina. E questo non fa che rendere le cose più complicate, difficili e dolorose" dico con voce piccola.
"Non mi puoi incolparmi per tutto"
"Io non ti sto dando nessuna colpa"

Sospira.
Un sospiro stanco, pesante, triste. Quasi di rassegnazione. Si alza e si avvia con lunghe falcate a posare il vassoio.

"Quindi ora che succede?" dice.
E' appoggiato al tavolo e, mio Dio, è così bello.
"Non lo so"
"Proviamoci, te lo chiedo per favore"
Sento la disperazione in ogni sua parola, in ogni sillaba.
Annuisco "Va bene"

Prende anche il mio vassoio e lo mette nel carrello vicino al cestino dei rifiuti, poi ritorna verso di me e mi aiuta a sedermi sulla sedia a rotelle.

"Devi mangiare di più, sei troppo magra e non guarirai mai" dice con tono di rimprovero.
"Anche tu" sussurro.
"Come?"
"Anche tu sei troppo magro"
"A differenza di come pensavi, sono stato giorno e notte in quella maledetta stanza, senza neppure magiare. Non venire a criticarmi il mio aspetto"

Sospiro e socchiudo gli occhi.
L'ospedale è così silenzioso e mi trasmette un senso di tranquillità.
Passiamo davanti ad una grande finestra, che da sulla sala d'attesa. Guardo il mio riflesso sul vetro, mentre Harry cammina e spinge lento la carrozzina. Non riesco ancora ad abituarmi a avere i capelli così maledettamente corti.

"Io direi che per la prossima settimana sarai pronta a lasciare l'ospedale"
Annuisco senza troppo entusiasmo anche se non vedo l'ora di uscire di qui.
"Ovviamente a casa dovrai riposarti e non potrai andare a scuola"
Inizio a protestare, ma la dottoressa McGowan alza un po' la voce e continua.
"So perfettamente che quest'anno hai gli esami, ma puoi seguire le lezioni da casa. Ho controllato la tua media scolastica e non c'è nulla di cui tu ti debba preoccupare"
Sospiro, affondando con la testa nel cuscino.
"Ora vado. C'è una ragazza che aspetta fuori da quasi un'ora"

Defenceless [H.S]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora