Un'ora dopo eravamo brilli e stavamo ridendo come degli idioti.
«Ma ti sembra? Mi aveva tirato un calcio nelle palle solo perché le avevo rubato una caramella. Quella bambina era davvero fuori.» disse continuando a ridere. Ormai facevamo solo quello dall'ultima mezz'ora.
«Anche io ero mezza matta alle elementari! Mi sniffavo la colla e a volte la mangiavo, me lo ricordo! Forse é per questo che sono uscita cosí deviata!» esclamai a voce alta.
«No non ci credo.»
«Sí sí, credici.» gli urlai convinta.
Sentivo un sacco di occhi puntati addosso.
«State un po' zitti!» sentii dall'altra parte della sala.
«Vaffanculo!» urlai alzando il dito medio.
«Ma cacciateli fuori!» esclamò un'altra signora rivolta ai camerieri.
Vidi una donna sulla quarantina avvicinarsi a noi.
Era elegante e non indossava nessuna divisa quindi dedussi fosse una cliente che voleva rompere.
«Se ci vuole picchiare, sappia che io ho fatto 5 anni di karate e sono cintura nera.» dissi fiera.
«Ciao Anne. Da quanto tempo.» le disse Tyler.
«Tyler, lo sai che ti voglio bene e che per me sei come un figlio, ma sei un cazzone e i nostri clienti si stanno lamentando. Se tu e la tua ragazza ve ne andate vi offro una bella bottiglia di vino da portare a casa okay?»
«Okay, affare fatto!» risposi io entusiasta alzandomi, traballando sui miei tacchi troppo alti per lo stato in cui mi trovavo.
«Vi aspetto sul retro.» disse la signora andandosene.
Inciampai contro un tavolo ridendo mentre Tyler mi aiutava ad alzarmi, anche lui abbastanza traballante.
«Da quando fai karate?» mi chiese.
«Non faccio karate, era solo per spaventarla.» dissi scoppiando a ridere da sola.
Mi tolsi le scarpe prima di uscire così da camminare molto piú comodamente.
Aspettammo la signora sul retro che salutò Tyler abbracciandolo e lasciandogli la bottiglia.
«La prossima volta vai ad ubriacarti a casa tua cretino.» gli disse lei scherzosamente.
La salutai facendo un cenno con la mano.
Lui si diresse verso la sua macchina.
«Tu non guidi cosí! Non voglio morire per un incidente stradale.»
«Giusto, andiamo a piedi. tanto casa mia è abbastanza vicino.»
Mi aiutò a reggermi in piedi sostenendomi dalla vita con il braccio.
«Tyler aspetta.» dissi fermandosi di colpo.
«Cosa?»
«Devo...»
Mi fermai sul ciglio della strada e vomitai tutto il cibo e l'alcol che avevo introdotto.
Sentii le sue mani tenermi su i capelli.
«Stai meglio?» mi chiese appena finii.
Annuii.
«Mi dispiace di aver sprecato la tua cena e mi dispiace di aver bevuto al nostro primo appuntamento.»
«Sheila, va tutto bene. É stata stupenda questa serata con te. E poi ho bevuto anche io.» disse abbracciandomi.
«Andiamo dai, casa mia é quella.» disse indicando una villetta bianca in fondo alla strada.
Camminando qualche altro metro e finalmente arrivammo.
Tirò fuori le chiavi dalla tasca e aprì il cancelletto.
«Dove sono i tuoi?» dissi vedendo tutte le luci spente.
Sperai di non aver fatto una domanda inopportuna e che non fossero morti.
«Sono fuori per un viaggio di lavoro per tre giorni.» disse aprendomi anche la porta di casa.
Accese la luce.
Aspettai che i miei occhi si abituassero e che potessero vedere la casa.
Mi guardai un po' attorno. L'arredamento era molto carino.
«Che bella casa che hai.» dissi girovagando un po'.
«Grazie.» disse appoggiando la bottiglia sul tavolo.
«Aprila.»
«Sei sicura? Hai vomitato prima.»
«Ora sto bene. Solo un bicchiere. Vuoi togliermi il piacere di assaggiare questo famigerato vino?»
Gli rivolsi un occhiolino.
«Oh no milady, non lo farei mai.»
Prese due calici di vetro dalla credenza e me ne porse uno, riempiendolo subito dopo.
«A noi!» disse facendo scontrare i nostri bicchieri.
«A noi.» ripetei buttando giù tutto d'un fiato.
«Madonna é pesante.» sussurrai dopo essermi ripresa un attimo.
«Dai andiamo in camera mia sennò ci finiamo tutta la bottiglia di vino.» disse prendendomi per mano e trascinandomi lungo le scale.
Mi buttai sul suo letto.
«Oddio, é comodissimo.» dissi ridacchiando, sentendo la testa leggera. Si buttò anche lui e restammo stesi per un po'.
«Sei stanco?»
«No tu?»
«No.» disse guardandomi negli occhi.
«Sei bellissima.»
Mi fissò per qualche secondo.
Si avvicinò lentamente a me, ma lo precedetti fiondandomi sulle sue labbra e baciandolo bisognosa.
Appoggiai le mani intorno al suo collo stringendolo mentre le nostre lingue si incontravano ritmicamente in una corsa infinita.
Invertimmo le posizioni, gli strinsi i capelli mentre si spostava dal mento fino al collo succhiando e mordendo la mia pelle sensibile.
Non sapevo cosa stavo facendo, ma la parte razionale del mio cervello era letteralmente andata a farsi fottere insieme al mio autocontrollo nel bere.
Le sue mani vagavano per tutto il mio corpo provocandomi piccole scosse di brividi.
Posizionò le mani sul mio sedere tirandomi su e appoggiandosi contro la porta, senza smettere di baciarmi.
Scese dal collo fino alla scollatura del vestito.
Sentii la sua erezione premere contro la mia pancia.
«Sei bellissima Sheila.» disse muovendosi, provocandomi una scossa di piacere.
«Lo hai già detto.» ansimai ridacchiando contro al suo orecchio e mordicchiandoglielo.
Si fiondò di nuovo sulle mie labbra stringendomi il seno.
«Ti voglio.» mi disse continuando a muoversi facendomi gemere.
Avevo il fiato corto e respiravo a fatica.
La parte razionale di me prese il controllo.
«Tyler, non posso. Non voglio che la mia prima volta sia con noi entrambi ubriachi che probabilmente domani non ci ricorderemmo nulla.»
«Scusa, hai ragione.» disse stringendomi di nuovo le natiche e appoggiandomi sul letto con grazia.
«Posso continuare a baciarti?» disse con l'innocenza di un bambino.
Presi il suo labbro inferiore tra i denti succhiandolo.
Scesi lungo la mascella, lasciando baci nel mio percorso.
Arrivai nel punto tra il collo e l'orecchio cominciando a succhiare, lasciando una macchia violacea.
Continuai ripetendo il gesto lungo tutto il suo collo.
«Che ore sono?» chiesi bloccandomi.
«L'una.»
«Okay, sto qui un altra mezz'oretta e poi vado a casa. Ancora non ho fatto doppiare la chiave quindi non posso tornare troppo tardi sennò mio padre mi rompe il cazzo.»
Agganciò il suo braccio lungo la mia vita avvicinandomi al suo corpo.
Restammo in silenzio per un po'. Non era di quelli imbarazzanti, ma di quelli tranquilli, pieni di parole che volavano nell'aria.
«Tyler perché bevi?»
«In che senso?» mi chiese lui corrucciando le sopracciglia.
«Sai, io bevo perché la mia vita fa schifo, tu?»
«Distrarmi e dimenticare penso.» disse abbassando lo sguardo.
«Da cosa?»
Prese un respiro profondo.
«Quest'estate io e la mia famiglia siamo andati in vacanza. Avevamo una bella casetta nel centro di Parigi. Era un giorno come gli altri. Mia sorella mi chiese se avessi voglia di fare un giro con lei.
Le risposi di no, non ne avevo voglia quel giorno e restai in casa a guardare una partita di football in tv. Qualche ora dopo il telefono squillò. Era stata investita da un camion. Non riesco a smettere di pensare che forse se quel giorno fossi uscito io con lei magari sarebbe stato diverso, magari sarebbe toccato a me e lei sarebbe ancora viva.»
«Mi dispiace tanto. Non é stata colpa tua, ne sono certa. Sono cose inaspettate, non sono programmate.» dissi stringendogli il braccio e lasciandosi un bacio sulla guancia.
«Perché odi così tanto tuo padre?»
«Beh, é uno stronzo. Non é mai stato presente nella mia vita, ha sempre pensato solo al suo lavoro del cazzo e oltre il fatto che si fa vedere ogni due mesi se va bene, pretende di potermi comandare a bacchetta. Che torni a infilare il suo cazzo da vecchio nelle segretarie del cazzo che sicuramente si scopa.»
«Se le scopa davvero?» chiese prendendo qualcosa dal comodino.
«Probabilmente.»
Si accese una sigaretta facendo un tiro e passandomela.
Aspirai il fumo avidamente trattenendolo nei polmoni.
Non fumavo spesso, per evitare di prendere il vizio.
Poi se mamma e papà avessero trovato delle sigarette in giro per casa sarebbero stati cazzi.
Gli passai la sigaretta alzandomi in piedi.
«Devo andare, devo essere a casa tra una ventina di minuti.» dissi sistemandosi il vestito e rimettendosi i tacchi che avevo lasciato sul pavimento.
«Ti accompagno, tanto ho già smaltito l'alcol. Arriviamo a piedi fino alla macchina.»
«Okay.» dissi prendendo tutte le mie cose e scendendo le scale.
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Wildfire (#Wattys2016)
RomancePer Sheila sta per iniziare una nuova vita, lontano dalla sua vecchia scuola, dalle sue vecchie conoscenze e lontano dal dolore. Una ragazza piena di ferite che nasconde con un sorriso. *** «Devi permettermi di aiutarti!» «Tu non puoi aiutarmi, non...