I° PROLOGO: DAIMON

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GRASSETTO = punto di vista di Sarah (dialoghi e riflessioni) 

Corsivo = punto di vista di Jareth (dialoghi e riflessioni)

Sottolineato = DAIMON, nuovo personaggio (dialoghi)

ASTERISCO = Note dell'autrice

I suoi occhi verdi primavera, limpidi come le acque di un oltremare profondo, vagavano senza meta in tutto quel bianco delle pareti che la circondavano. 

 Si sentiva annegare in esso, cercando di distrarsi con qualunque appiglio, anche un dettaglio insignificante, guardando l'ingresso dello studio. Era come lo ricordava. 

Si accasciò, stancamente, su una poltroncina color ruggine, attorniata da quadri. Almeno quella non era bianca come le pareti. 

Accarezzò i braccioli: "E così ci ritroviamo, eh?" mormorò alla poltrona, facendo scorrere sotto le sue dita la stoffa ruvida. 

 Quante volte si era seduta lì, aspettando pazientemente il suo turno. 

La porta di fronte a lei si socchiuse e poi si aprì, spalancandosi, svelando parte dell'interno della stanza. 

 Davanti le si stagliava una figura rassicurante e familiare. 

Appena la dottoressa Daimon* la trovò ed individuò, le rivolse un'occhiata interrogativa, sbigottita. Erano passati anni dall'ultima volta. 

 "E' successo ancora" le disse Sarah, noncurante, risoluta, raddrizzando un poco la schiena, come se avesse constatato il risultato errato di un'espressione, quando aiutava Toby a svolgere i compiti di matematica. Le sembrava essere passato un secolo, da allora.

"Sarah... Riprendiamo con la terapia, sarà meglio." si sentì rispondere. 

 Detto questo, Sarah si accomodò dentro alla camera, stendendosi sul lettino, pronta a ricominciare il ciclo, quel circolo vizioso che era stato la sua vita, da quando aveva compiuto quindici anni ed aveva desiderato, anzi, sognato ad occhi aperti che Toby fosse stato rapito, sotto sua richiesta. 

Desiderio che non aveva mai espresso e mai era stato accolto e soddisfatto, d'altronde, da nessun bizzarro essere di un'altro mondo. 

Prima si sentiva annegare, adesso respirava a fatica, tormentata da quei fantasmi.                                                                                                                                                                                           

Il tessuto dei guanti del Signore del Labirinto, ormai, si era lacerato, per quanto aveva colpito la superficie davanti a sé, con tutta la forza di cui era capace, per uscirne, ma invano. 

Tentativi falliti miseramente. 

Degradante per un re della sua portata, soppesò. 

"Maledizione Sarah!" urlava con tutto il fiato che aveva in corpo. "Non andare, non entrare lì dentro, è sempre stato tutto reale! I tuoi amici erano reali. Le creature che hai incontrato erano reali. Il Labirinto era reale. Lo hai attraversato e superato, mi hai vinto! Goblin era reale. Io, io, sono reale, dannazione!" imprecava, feroce come una bestia selvatica, sbaragliato dalla rabbia che lo stava soffocando. 

Labyrinth Mind (in revisione COMPLETA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora