Grassetto: punto di vista di Sarah (dialoghi e riflessioni)
Corsivo: Jareth (dialoghi)
ASTERISCO*: Nota dell'autrice
"Non lasciarmi andare." pensò Sarah. Ma restò muta. "Non lasciarmi andare." provò a creare un varco, nella sua bocca, ad ogni lettera di quella frase, al suo suono, che echeggiava triste, come un canto funebre, nella sua testa. Tentò di creare un varco ad ogni consonante e vocale, che pesava quanto sprazzi di mondo, calpestato e calpestato ancora da sconosciuti. Da estranei, come estranee risultarono quelle parole alle sue labbra, tanto da non poterle pronunciare. Tanto da perdersi e morire, nascoste, in un pensiero invisibile, nei suoi occhi. Invece di esprimersi, gli domandò solo: "Procediamo, ti va?". "Certo." rispose semplicemente lui. Lei non ne aveva voglia. Aveva voglio soltanto di conoscerlo. Conoscere ogni cosa che definisse Jareth. Conoscere ancora di più il tocco delle sue mani. Le sembrò diverso, dal ballo: quelle mani, che avevano avvolto così saldamente la sua vita, guidandola, spingendola a volteggiare nella sala con lui, tenendola stretta, adesso avevano raccolto qualche lacrima estremamente silenziose, carezzevoli, dolci. Non avrebbe mai immaginato di poter iniziare a piangere di fronte a lui. In nessuna occasione. E non avrebbe mai immaginato che lui potesse porre fine al suo pianto, quando, molto probabilmente, ne sarebbe stato lui stesso la causa. Ed a quel modo, poi, riempiendo di bellezza un gesto così ordinario. Tuttavia, non era il momento più adatto per perdere tempo in quelle sciocche riflessioni, proseguire si rivelava strettamente necessario per sopravvivere. Si girò ed un muro le si parò innanzi. Così si voltò ancora verso il re, sbigottita. Dopodiché proruppe in una risata isterica: "Continua a cambiare... Ma come devo fare io?!" si lamentò, ironizzando perfino su quello che lei stessa aveva detto a suo tempo nel Labirinto del sovrano, di fronte alle due porte. Non se ne stupì affatto, tutto sommato: come il Labirinto mutava il suo aspetto, allo stesso modo la sua mente era in uno stato di continuo divenire. Lo stregone rise con lei e si avvicinò alle altre pareti, saggiandone lo spessore. "E non ci sono nemmeno aperture!" considerò, imitando il suo tono lamentoso. Sarah si coprì la bocca, stringendo le labbra in una linea sottile. Non avrebbe, mai e poi mai, riso per l'imitazione che il mago aveva fatto della sua vocetta stridula da adolescente, che si autocommiserava sulle ingiustizie costretta a subire. Lo promise a sé stessa. Avrebbe dovuto fingersi, anzi, offesa. "Siamo ad un vicolo cieco, quindi. Hai qualche idea?" gli chiese invece, risoluta. Vide il Signore del Labirinto muovere la sabbia sotto ai suoi piedi con la punta di uno stivale. "Come tarli, che in stanchi cerchi senza fine si muovono, girano senza mai raggiungere meta. Il loro vagare non ha alcun senso: tracciano solchi nella sabbia... Avevo già notato precedentemente su cosa camminavamo, totalmente ignari: questa strana sabbia grigio perla... Ma noi siamo dei tarli furbi a scorrazzare nella tua mente, ci tufferemo nella sabbia!" recitò, lento, completamente assorto. Sarah non comprese affatto di cosa stesse parlando, così gli rivolse un'occhiata interrogativa. "Non sono uno sprovveduto, mia adorata." riprese l'altro. "Non mi coglierai mai impreparato!". "Hai di nuovo quell'espressione negli occhi blu, Vostra Altezza." osservò allora, con una smorfia divertita, lei. "Quale espressione?". "Quella esaltata, da folle, che non promette nulla di buono.". Lo sentì ridere sommessamente. E poco dopo lo guardò indicare, con un gesto elegante dell'indice, la sabbia. "Che cosa vorresti dirmi... Che dobbiamo passarci attraverso?" domandò Sarah, sbigottita. "Precisamente." affermò il re dei goblins. Si chinò a terra e con un dito iniziò a disegnare delle linee rette che, incontrandosi, formarono un quadrato, unendosi come in una sorta di cornice, posta attorno alla sua posizione. "Creo una porta." Illustrò, occupando proprio il centro del quadro, spostando i piedi. Non passò neanche un secondo che già la sabbia cominciò, gradualmente, a risucchiarlo. "Oddio...No!" gridò Sarah. "Sono sabbie mobili!" si allontanò di un passo da lui, schiacciandosi contro una parete. "Non puoi stare ai margini, Sarah." più che sereno, il sovrano continuava, imperturbabile, lo sguardo fiero e l'aspetto regale, a mantenere il pieno controllo, le braccia rilassate lungo i fianchi, le gambe leggermente divaricate. Il livello della sabbia stava salendo. Arrivò a metà polpaccio. "Maledizione, sei rimasto invischiato!" urlò in preda al panico l'altra. "Io... Devo trovare qualcosa per tirarti fuori!" sbraitò, disperata. Tentò di conficcare più a fondo le unghie nel marmo scivoloso delle mura, prive di appigli. Come meglio poté, si arpionò con una mano e tese quella dell'altro braccio. "Jareth! Afferra la mia mano!" strillò. "No." lo ascoltò replicare, seraficamente. "Dannazione! Aggrappati!" i suoi occhi verdi schizzavano da una parte all'altra, ansiosi, in cerca di una qualunque via d'uscita. La sabbia salì all'altezza del ginocchio di lui. E lo sentì ridere in tutta risposta. "Mia preziosa, perché agitarsi tanto? Dobbiamo scavare dentro di te!" scosse la testa da un lato all'altro, sorridente. "Prendi tu la mia." le tese la mano sinistra. "Che cosa? Sei impazzito?" fece Sarah con voce roca, spezzata, tanto era sconvolta. Si staccò dal muro e prese ad indietreggiare, sempre di più, di fronte a lui. "E' un passaggio, niente di più. Dobbiamo discendere." le spiegò con uno sguardo penetrante. "Ma tu..." lei si mise le mani sopra gli occhi, digrignando i denti, chinando il capo. "Tu sei mortale, adesso! Puoi... Puoi morire, qui dentro. Soffocherai!" non poteva guardarlo oltre. Guardare come precipitava, intrappolato. "Il medaglione!" scattò con la testa all'insù. "Il medaglione!" esclamò di nuovo. "Posso... Con il tuo potere. Posso tirarti fuori di lì!" chiuse le palpebre, iniziando ad immaginare... "No!" la riprese il fabbricante di sogni. "Non devi. Non ti permetto di farlo. Non sono le vostre Sacre Scritture a recitare - Abyssus abyssum invocat? - L'abisso genera abisso. Non capisci? In questo caso, noi ci stiamo muovendo negli abissi della tua coscienza, non possiamo fare altro che penetrare ancor più in profondità. Non ci sono aperture, perché abbiamo già esplorato tutti gli strati superficiali che la tua mente ci ha permesso di conoscere, che ci ha voluto mostrare. I fondamentali, io credo. Ed abbiamo affrontato chi e cosa li abitavano. Adesso occorre discendere. Devi fidarti di me!". E Sarah lo lesse nei suoi occhi: Jareth sapeva che aveva poco tempo e poi sarebbe scomparso. Doveva convincerla nel minor tempo possibile. Con la massima celerità. E lesse un'altra volta nei suoi occhi che sapeva che non stava ottenendo l'effetto desiderato. Il chiaro azzurro dei suoi occhi si fece torbido, angosciato. Quanto voleva fidarsi di lui, quanto avrebbe voluto farlo. Eppure... Sarebbero morti. Sarebbero entrambi morti. Per soffocamento. Le sabbie mobili sembravano così... Reali. "No... No, no, no, no!" ripeté isterica, strofinandosi il palmo delle mani sui jeans. La sabbia salì ancora, fino alle cosce. "Jareth..." ansimò, tremando, stringendosi le braccia, "Stai letteralmente affondando!" girò più volte su sé stessa, osservando i nemici corridoi che si chiudevano a loro, indecisa sul da farsi. La sabbia giunse alla sua vita. "Quante volte vuoi che io ti perda in poche ore ed in una vita intera?" tuonò, cadendo in ginocchio, le dita giunte come in preghiera. I suoi capelli le scivolarono davanti al viso, nella testa milioni di voci. Poi, come travolta in pieno petto da un fulmine, scossa dalla radice del suo essere, comprese. "Non puoi stare ai margini, Sarah.". Era questo quello che l'altro le aveva detto. Non... Puoi... Stare... Ai... Margini. Come ai margini della vita, più che a vivere a lasciarsi vivere. Ai margini della propria mente, più che a scegliere a far compiere le scelte agli altri. La terapia consigliatale da suo padre e la sua matrigna... Non stare ai margini. Non sulla superficie delle cose. Delle cose note. La loro ricerca si basava proprio su questo, Jareth aveva ragione: arrivare giù e giù ancora per convincere ogni parte di lei che Goblin ed il Labirinto erano sempre esistiti. Che la verità era stata manipolata. Alzò lo sguardo verso di lui, ancora la mano sinistra tesa. Una disperata proposta. "Sarah..." la chiamò fermamente, determinato, non appena incontrò il suo sguardo. Sebbene avesse paura. Lui... Nei suoi occhi celesti... Non le parve possibile, ma aveva paura. Il re dei goblins provava... Terrore. Sarah lo capì: lei aveva paura di trovare chissà che cosa, una volta scesa giù. Una delle tante sé di cui parlava il Cane da guardia*. Quelle inquietanti e pericolose che le avrebbero potuto fare orrore. Che avrebbero potuto ferirla, anche. E lui aveva paura perché sapeva che stava cadendo senza di lei. Vide il suo tormento. Si intrecciò con il suo, in un istante che le sembrò dilatarsi, come infinito. Gli occhi dell'una si aggrapparono a quelli dell'altro. E fu proprio allora che in lei nacque il coraggio. Alimentato dall'affanno e dallo sgomento di entrambi. Prese a correre, ed in ogni passo s'infilava prepotente e chiara una nuova riflessione: sì. Il loro stesso rapporto, il rapporto di lei e di Jareth, si rivelava labirintico: estesissimo, da esplorare, da risolvere, prendeva più direzioni, una volta verso la volontà ed i desideri dell'una e le altre verso quelli dell'altro. Non era mai ciò che sembrava ed in esso tutto era possibile. Quello che pareva prima un limite, in realtà era una possibilità, come delle pareti sovrapposte, falsi muri. Ogni impedimento al suo interno, e ve ne erano, ve ne erano a migliaia, andava superato. Ma alla fine, sarebbero stati sempre soltanto loro due. Da soli. In quella sala dalle scale rovesciate. Ciascuno con la propria prospettiva, alla rovescia o meno. Giusta o sbagliata. Questione di punti di vista. Prima lei a distruggere la sua costruzione e poi lui la sua, con i pezzi delle scale, dell'intera sala a galleggiare nel vuoto spazio. E sempre e soltanto loro due. E se per una volta, tutto, anche loro stessi, fosse restato... Integro? Sarebbe arrivato, prima o poi, il momento in cui, come aveva fatto per raggiungere Toby, lasciandosi alle spalle ogni ragionamento, in un atto di cieca fede, con un pizzico di fortuna e buona dose d'istinto, avrebbe dovuto gettare il cuore oltre l'ostacolo e saltare verso l'ignoto. Saltare verso Jareth. Quel momento era arrivato. E così si lanciò in direzione delle sabbie mobili ed una volta raggiuntolo, afferrò la sua mano e saltò, affondando fino alla vita, con lui. Invischiati. Insieme. Pronti a generare altre porte per altri abissi da visitare. E così si fecero inghiottire dal baratro.
* Vi ricordate? Capitolo 11, parte seconda, "Il Cane da guardia". Il primo sembiante di Sarah, il suo senso dell'autorità e della difesa contro coloro che le sono d'ostacolo e della ribellione al potere degli altri, le spiega come altri immago potrebbero essere ostili nei confronti dei "turisti di passaggio" nella sua mente, ovvero Jareth e la stessa Sarah.
O PORCO GOBLIN! E mò?!
Nel frattempo... 2.322 K. Il che significa che se il 16 settembre, giorno in cui ho pubblicato, stavamo a 2100, ad oggi, 24 settembre, gli occhi spaiati sono aumentati fino a giungere in 9 giorni a 222 in più.
VOI
AMATE
VIZIARMI!
NON
SMETTETE
VI
IMPLORO
AHAHAHAHA
(e se ne andò ridendo anche lasciandovi col fiato sospeso... La malvagità del GoblinKing mi contagia sempre più)!
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Labyrinth Mind (in revisione COMPLETA)
FanfictionLabyrinth Sequel (film fantasy con David Bowie e Jennifer Connelly); N° 1 IN DAVID BOWIE, N°1 IN LABYRINTH, N° 1 IN NUOVI PERSONAGGI, N° 2 IN LABIRINTO e N° 732 su 41.4 K FANFICTIONS Il 17/1/2020 Sarah è stata in terapia diversi anni, spinta da suo...