XLIII° LETTERA

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Normale: punto di vista di Toby (dialoghi e riflessioni)

Normale: i Goblins (dialoghi)

Corsivo: punto di vista di Jareth (dialoghi e riflessioni)



Toby aveva lanciato la cravatta sul bordo del letto con stizza, sciogliendo il nodo che, più che il professionale e tradizionale simbolo di uno che sa il fatto suo, gli sembrava il soffocante distintivo di un collare per cani con tanto di targhetta identificativa. 

La madre lo aveva obbligato ad indossarla, come un bravo, perfetto cittadino alla sua prima occasione lavorativa importante. 

Si gettò di peso sul materasso, esausto, portando lo sguardo alle bozze sparse, come al solito, sulla scrivania. 

Tutto era accaduto troppo velocemente. 

Quei fogli, quei disegni, erano sempre e solo appartenuti a tre paia di occhi. I suoi, quelli di Mark e di Dominique. 

E rispondevano al nome di un quarto paio d'occhi verdi  - gli mancavano da morire - che avevano assistito ai primi schizzi come ospiti esterni alle fantastiche avventure che contenevano: quelli di sua sorella. 

Quegli occhi verdi che l'avevano incoraggiato, nei primi tempi, a diffondere il fumetto su larga scala. 

Ed adesso qualche pezzo grosso voleva acquistare tutto quel materiale. 

Sì, tutto era accaduto troppo velocemente. 

Un talent scout, che aveva notato l'opera su internet, aveva contatto Karen ed i genitori dei suoi amici per parlare del volume che stavano pubblicando. 

La madre aveva avuto modo di gioire di questo. Perfino Mark e Dominique, con i loro parenti. 

Era appena tornato dall'incontro col manager. 

Quella mattina stessa avevano fissato l'appuntamento per definire i dettagli a pranzo, quali, ad esempio, comprare il comic, ponendolo sotto un marchio. 

Escluso lui, tutti ne erano stati entusiasti. Quella notizia li aveva resi felici. 

Ma lui, lui no. Come poteva rallegrarsene, in un momento simile? 

Le sue creature, le creature che avevano incontrato l'amore di molti fan sul web, affidate ad un esperto che le definiva geniali, per autori della loro età, le sue creature... 

Le creature che erano state ispirate dalle storie di Sarah, le storie che gli narrava quando era piccolo. 

Le creature a cui aveva continuato ad aggrapparsi quando era morto il padre*. 

Le creature nate dai racconti di Sarah, che le conosceva meglio di chiunque altro. 

Lei lo aveva spinto a disegnare. 

Voleva riportare su carta ogni immagine che gli descriveva, poterla toccare, poterla riempire di colore o di ombre, sentirne il profumo su carta. 

Ed attraverso quell'atto, aveva trovato sé stesso. 

E Sarah non era lì. Sarah non c'era. 

Fissò l'orologio: ormai erano passate delle settimane, dalla sua scomparsa. 

 E se avesse dovuto indossare di nuovo quel completo al funerale di... No. Non volle pensarlo. 

La polizia l'avrebbe trovata... Prima o poi. 

Labyrinth Mind (in revisione COMPLETA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora