Grassetto: punto di vista di Sarah (dialoghi e riflessioni)
Corsivo: Jareth (dialoghi)
Normale: Parole che Toby ha rivolto a Sarah
"E non sono spaventato dal tuo potere rubato. Riesco a guardarti dentro quando voglio."
- Blue Foundation, "Eyes on fire"
Sarah si sentì diversa, dopo quel gesto. Quasi non si accorse di essere tornata, assieme al Re, nei corridoi del Labirinto. Il teatro era svanito. Ma lei, lei era rimasta in esso, intrappolata com'era nel momento appena passato: poteva ancora sentire la consistenza della maschera tra le dita, quanto pesasse, il rumore che fece quando toccò il pavimento, incontrando il palco, frantumandosi. Come se lei stessa, insieme ad essa, avesse rotto, spaccato uno strato che l'aveva coperta, vestita, nascosta, celata, cementata per mesi, anni, per uscirne, finalmente. Come una crisalide. Volse lo sguardo verso la direzione che voleva prendere. "Dunque, destra, sempre destra..." ricordò ad alta voce. Così, cominciò nuovamente a camminare. Barcollò, colpita da una sensazione improvvisa di spossatezza. Voleva dormire, solo dormire. Era tutto ciò che desiderava: riposare. Scivolò con la schiena su una parete, sedendosi a terra, sforzandosi di restare presente a sé stessa. Attribuì il tutto all'incontro appena avvenuto, con quella strana creatura identica a lei, sul proscenio. Il Cane da guardia, come lo chiamava il sovrano, le aveva detto che avrebbe incontrato differenti versioni di sé stessa, all'interno della propria mente. Avrebbe incontrato sé stessa, in ogni forma, in definitiva. E Sarah non era più abituata a farlo da tanto, troppo tempo. Ciò, forse, comportava uno sforzo immane per riconoscersi. Anzi, per conoscersi per ciò che si è, nel profondo. Lei seppe con certezza che non era pronta. Non era pronta a distinguere sé da tutte quelle altre imitazioni. Non era preparata a perderle o acquisire la consapevolezza di saperle esistenti, dentro di lei. Se solo avesse scoperto come, in quale modo avrebbe potuto comprendere che lei e loro erano la stessa cosa... Jareth l'aveva raggiunta, anch'egli con aria piuttosto assente. Si era appoggiato al muro che gli stava di fronte, a braccia conserte, capo chino e gambe incrociate. "Io... So chi era, quella Sarah." iniziò lei, amareggiata, reclinando il capo all'indietro, rivolgendosi al mago, senza guardarlo in faccia. "Incarna le mie arti recitative, non è vero? Il mio essere attrice nel teatro. Ogni cosa che hai detto... Tu... Avevi ragione. L'ho costretta a ripetere e ripetere ancora "Il Labirinto" come se fosse stato solo una sciocca recita improvvisata in un parco, tratta da un libro, come quand'ero una ragazzina!" rise, senza allegria. "Non avrei mai dovuto dubitare di quello che è stato. Come soltanto ho potuto farlo, non ne ho idea". Più parlava, più notò come il bisogno d'assopirsi diminuiva. Continuò, rinvigorita. "Toby aveva torto. Ho preso la carica di vicedirettore della compagnia teatrale non tanto perché non volevo più calcare le scene per i motivi che mi aveva illustrato... - Cosa ti terrorizza? Diventare una grande attrice? La grandezza? Oppure riesumare le ossessioni del tuo passato con la recitazione? Sei angosciata all'idea che un giorno tu possa interpretare te stessa, vero? O qualcuna che ti somigli -. Questo è ciò che mi ha detto... Ma non potrei trovare l'origine del mio arido blocco artistico in queste ragioni. L'ho capito osservando quella mia copia in scena, bizzarro che me ne sia resa conto soltanto adesso, assumendo un punto di vista che mi è esterno. Certe cose che dovrebbero essere chiare, sono sempre le ultime a rivelarsi a noi. Forse, è perché dobbiamo guardarle con nuovi occhi. Fino ad allora, non le vedremo mai per ciò che sono. Quando ho toccato quella maschera..." rabbrividì, sospirando. "Io... Io l'ho compreso. Ho smesso perché... Non voglio essere come mia madre. Io non voglio essere Linda Williams". Si tormentò le mani, dopodiché si circondò le gambe con le braccia. Proseguì, senza indugiare oltre. Doveva, doveva ammetterlo a sé stessa. Doveva essere coraggiosa. Era giusto così. "Non voglio essere un'attrice come lo era lei. Non voglio più imitarla, come se fosse un modello di riferimento a cui auspicare. Non voglio fare dei suoi sogni i miei sogni. Non voglio più aggrapparmi a lei, a quel poco che mi era rimasto di lei, attraverso la recitazione. Ho sempre avuto l'impressione che fosse lei, ad indossare una maschera, ogni giorno. Con me. Con mio padre..." il suo sguardo corse per la lunghezza delle marmoree cinte del Labirinto, "Lei, che ci ha lasciati non appena ne ha avuto l'occasione. Un'attrice così brava nel simulare affetto per noi, senza neanche avere poi il minimo ripensamento sull'abbandonarci, sull'abbandonarmi, per seguire la sua carriera, il suo nuovo amore, il suo compagno attore. La grande Linda Williams, giovane madre talentuosa, esordiente, sprecata per avere già un intralcio simile ad una figlia." scosse la testa, con una smorfia. "Ecco, io anni fa avevo bisogno, veramente bisogno di fingermi qualcun altro. Era qualcosa di cui sentivo la necessità, quanto respirare per poter vivere. E tutti quei personaggi, quelle storie... Erano un modo per rintanarmi in un mondo tutto mio, in cui non ero la Sarah rifiutata da sua madre, la Sarah il cui padre si era subito risposato, avendo un altro figlio dalla matrigna. Sì, quelle recite erano fondamentali per me: potevo essere l'eroina che mi avrebbe salvato da quel tradimento, potevo trovarla. Volevo cercare una Sarah che fosse più forte, più combattiva." si morse il tessuto dei jeans che le avvolgeva il ginocchio, lasciandovi il marchio dei denti. No, non avrebbe pianto un'altra volta a causa sua. Era una promessa che aveva stretto con sé stessa anni addietro. "Quindi, adesso che sono andata avanti, che sono andata oltre con la mia esistenza, esaurendo il desiderio di essere qualcun altro, chiunque altro, non voglio più fingere come avrebbe fatto lei, fino a perdere l'idea che aveva di sé stessa. Le sue priorità, la sua identità di madre, di moglie. Perché queste erano le maggiormente importanti. Ma ha seguito le parti che più l'affascinavano, quei fasulli ruoli che, una volta a sipario chiuso, morivano con lei. Mi chiedo cosa ci sia mai stato di reale in lei. Lei è stata la più grande illusione della mia vita. E credere, invece, che lo siate voi, tu, Gogol, Bubo, Sir Dydimus, il Labirinto... Goblin... Questo è irrimediabilmente sciocco da parte mia. Voi, che più mi avete reso me stessa. Io sono Sarah Williams. E ciò che sono non coincide necessariamente con ciò che faccio, ovvero recitare. Io non sono Sarah Williams, un'attrice. Io sono Sarah Williams, la Campionessa del Labirinto." si tirò su, alzandosi, facendo perno con un palmo della mano sulla sabbia ai loro piedi. Voleva continuare il percorso e non indugiare un minuto oltre. Porre fine alla ricerca nella sua mente. Non appena lo fece, trasalì. Il Signore del Labirinto, in silenzio, si era accostato a lei fino al punto di appoggiare la testa sulla sua spalla sinistra, completamente muto, un braccio lungo il fianco e l'altro con il palmo della mano disteso sulla superficie alle spalle di Sarah. "Ti aggrada invero, umiliarmi... Non puoi farne a meno..." le disse. Sarah si sentì svuotata, come se qualcosa, anzi, qualcuno che lei sapeva, le avesse messo sottosopra il cuore, frugandoci dentro. Il marmo a cui si appoggiava era freddo e duro, al contatto con la colonna vertebrale. In quell'istante, avrebbe potuto fondersi alla pietra, non se ne sarebbe accorta. "Non capisco. Di cosa stai parlando?" gli chiese. "Per conquistare la tua fiducia, prima mi hai obbligato a ricordarti che mi hai vinto una seconda volta. Come se non fosse abbastanza, vederti già al collo il mio medaglione... Pensi sia piacevole, per me?". "Jareth... Io..." ma cosa avrebbe potuto dirgli? Sarah lo ignorava. Averlo accanto, in quella maniera, la esauriva. Gli parve di ritornare al rintocco della tredicesima ora della sfida del Labirinto di allora, mentre ogni cosa era spezzata, distorta, rotta. Quando la sala dalle scale rovesciate era esplosa, crollata in frantumi. Ogni singolo pezzo a fluttuare attorno a loro due. E cos'erano, entrambi, se non frammenti estenuati dalle tante ferite? Nel gioco in cui si ritrovavano, ogni volta, sempre l'ennesima, a partecipare in prima persona, l'uno contro l'altro: una battaglia sanguinosa nella quale decidere, turno per turno, chi doveva ridurre a brandelli l'altro. E per cosa? Per cosa? "Come pensi che io possa non esserti antagonista, non possa essere sempre un nemico per te, fino a quando non smetterai di provare te stessa, saggiando la tua forza, il tuo potere, mettendoti contro di me?" continuò, mormorando, lo stregone. "Quando sazierai questa tua stremata voglia di affermare il tuo predominio su di me? Pensi che non abbia già trovato in te un mio pari?". Sarah sussultò. Cosa gli stava chiedendo? Cosa gli stava spiegando? E soprattutto, lei, lei stessa, cosa aveva fatto? Gli sembrò di rivederlo, vestito di bianco, sempre più simile alla sua sembianza di rapace, il barbagianni, la stessa tonalità del piumaggio negli indumenti, l'accenno di piume ed ossa di ali di uccello nel mantello. Il viso marchiato da ombre nere, le occhiaie, che sembravano quasi inghiottire l'azzurro degli occhi spaiati. La voce distrutta dalla rabbia e successivamente vinta dallo stremo. Una tristezza, una malinconia, una nostalgia struggenti nell'espressione, nell'attimo nel quale tornava ad offrirle i suoi sogni. Ma lei voleva Toby indietro, non gli interessava più cosa poteva donarle lui, come al loro primo incontro dentro la camera da letto del padre e della matrigna, mentre fuori imperversava la tempesta, il diluvio, i fulmini, il vento. "Mi sento così... Scisso." riprese lui. "E' destabilizzante. E oltremodo frustrante, terribilmente frustrante... Esattamente come io ho rapito tuo fratello, tu hai rapito me. Il pensiero di te mi ha infestato e non c'è modo di tornare indietro da questo. E se mi contraddico è a causa tua. Tutto quello che mi hai chiesto di fare, di essere, diventare e donarti in quelle tredici ore... E nuovamente, adesso, prima del rintocco di quest'altra tredicesima ora. Ti ha mai sfiorato il pensiero che tu mi chieda troppo, ogni volta?". Sarah cadde come in trance, ad averlo udito dire questo. L'unica cosa a cui riusciva a pensare era il discorso che le aveva rivolto prima che lo vincesse. Le stava turbinando in testa. Quelle parole girarono vorticosamente, come un carosello. La mulinarono ancora ed ancora, trascinandola via. Si sentì più leggera. Provò una sensazione di sospensione, come se avesse iniziato a galleggiare in uno spazio vuoto, privo di alcun impedimento ed ostacolo, privo di gravità. "Generoso? Che cosa hai fatto di generoso?" gli aveva domandato lei anni addietro. "Tutto, tutto!" si era sentita rispondere. "Tutto quello che hai voluto io l'ho fatto. Tu hai chiesto che il bambino fosse preso e io l'ho preso. Tremavi davanti a me e io mi facevo più terrificante. Ho sovvertito l'ordine del tempo. E ho messo sottosopra il mondo intero e tutto questo io l'ho fatto per te! Sono stremato dal vivere in funzione di quello che ti aspetti da me. Questo non è generoso?". Era come gli aveva spiegato lei, riferendosi a sé stessa... Certe cose che dovrebbero essere chiare, sono sempre le ultime a rivelarsi a noi. Forse, è perché dobbiamo guardarle con nuovi occhi. Fino ad allora, non le vedremo mai per ciò che sono. Soltanto adesso ne afferrava il senso, ne aveva intuito il significato. "Jareth..." iniziò. Era la risposta più sensata da offrirgli. Pronunciare anche soltanto il suo nome. Perché esso contenne tutto. Tutto quello che aveva ignorato per tanto tempo. Lei e Jareth erano uguali a quella sala dalle scale rovesciate: mai in uno stesso punto, mai nella stessa direzione, mai nello stesso senso, mai sullo stesso livello. Eppure, nello stesso spazio. E lei... Lei non aveva fatto altro che seguirlo, nonostante tutto. Mentre cantava. Aveva osservato ogni angolo, ogni scorcio, per trovarlo, mentre passava da un piano all'altro, correndogli dietro. Fino a quando non aveva fatto apparire una sfera di cristallo tra le sue dita e l'aveva lanciata verso Toby, che l'aveva afferrata con le sue manine. A tutti gli effetti, le aveva indicato dove si trovasse il fratellino. Poi, cercando di raggiungere Tobias, non l'aveva più ascoltato cantare, braccandolo. "No, Sarah, per favore... Taci. Te ne prego." la implorò in un soffio. Cos'erano loro due? Cosa c'era tra loro due? Cos'erano l'uno per l'altra? Sì, si ritrovò a riflettere Sarah: Jareth e lei erano pressoché identici. Complementari. Volitivi, caparbi, dei pianeti alla disperata ricerca di un sole al quale orbitare attorno. E che quella stessa stella fosse stata il primo per la seconda e viceversa? La scappatoia di luce nel buio delle loro odissee senza fine? Erano come quella sala dalle scale rovesciate ancora brancolante, chissà dove, nell'attesa che ogni scheggia si potesse ricomporre, potesse ricombaciare. Trovasse la propria metà dalla quale è stata divisa. "Come ho avuto già modo di dirti precedentemente, io sono il Re dei Goblins." dichiarò l'altro, dopo il silenzio che passò, infinito, eterno, dopo le sue preghiere per far zittire Sarah. Si scostò da lei, liberandole la spalla che aveva occupato fino a poco fa. "E' questo ciò che sono. Io sono il mio regno. Sono il Labirinto, sono l'Underground. Perciò, proseguiamo: devo riappropriarmi di ciò che è mio di diritto. Della mia identità.". Lo osservò, interdetta. Totalmente assorta. Le aveva volto le spalle, ponendo le mani sui fianchi asciutti. La sala dalle scale rovesciate fu l'elemento chiave delle sue analisi, quindi ad essa tornò. Come avrebbero mai potuto comprendersi, se era così difficile appropriarsi della prospettiva dell'altro, nel caos? Una prospettiva composta da più strati. Più stadi, più gradi. Più cunicoli senza ritorno. Lui si girò di nuovo a guardarla. Al che, accennò un sorriso. "Non crucciare il tuo grazioso visino così, adesso. Non vorrai riempirti di rughe!" disse, ironico. "Perdonami lo sfogo..." puntò lo sguardo, di profilo, all'orizzonte, "Non sono abituato a questa condizione umana alla quale mi hai costretto. Si è così...". "Vulnerabili?" sorrise a sua volta Sarah. "Non sono solito sentirmi... Debole. Gli unici oggetti che mi sono ritrovato a modellare e manipolare, fabbricandoli, che sotto al mio tocco erano altamente malleabili, sono stati i sogni. I sogni stessi sono fragili. Vanno custoditi, nutriti. Se possibile, realizzati. Ma non sono altro che dei cristalli: il più delle volte, si spezzano, collassano o scoppiano come bolle di sapone." le rivolse un'occhiata d'intensa intesa, profonda. La grandezza della distesa di un cielo terso, nei suoi occhi. La limpidezza di un azzurro mare, incontaminato dall'uomo. "Già, questo lo so bene." pensò lei. Si ricordò di come avesse frantumato con una sedia la superficie tondeggiante della sala da ballo e di come, prima che tornasse col fratellastro sana e salva a casa, una volta vinta la sfida del Labirinto, lui, nel rovesciarsi a terra, per poi poco dopo tramutarsi in barbagianni, avesse lanciato in aria la sfera che le stava offrendo e di come lei, tentando di afferrarla, la vide dissolversi tra le sue dita. "Grazie per i tuoi Nrocpop. E' stato... Interessante." considerò l'altro, fissandola sornione, meno cupo. "Popcorn!" alzò gli occhi al cielo Sarah, in tutta risposta. Sempre con aria beffarda, Jareth aggiunse: "Ah. Il Teatro mi ha fatto tornare alla mente una cosa che mi ha alquanto indisposto ed irritato a suo tempo...". "Quale?". "Un terrestre di nome Glenn," fece, rabbioso, "uno spettatore ignaro che ti ha seguito una sola volta vedendoti recitare in teatro ed è caduto in amore con te, decidendo di riempire banalmente la tua intera casa con fiori, che un giorno appassiranno, esattamente come la sua mortale infatuazione.". Sarah annaspò. "Oh... Beh... Io...". "Che tipo di relazione intrattieni con lui?" l'azzurro dei laghi dei suoi occhi si fece glaciale, di colpo, come se l'inverno fosse sceso sulle celesti iridi spaiate. "Nessuna. Non c'è... Niente. Veramente nulla." affermò lei. "Niente? Niente? Niente, tra la la? E' la verità?". "Sì." assentì nuovamente, mentre un ricordo le si riversò nella mente: Jareth, travestito da mendicante, li accolse accanto ai Falsi Allarmi. Redarguiva Gogol dal prestarle alcun tipo di soccorso, sgridandolo e rivelandosi a loro con quella buffa espressione. "Che succede qui? Niente? Niente? Niente, tra la la?*". "E la schiera di ammiratori segreti al tuo seguito? Cadaveri disseminati in nome di una guerra invisibile?". "Hai ascoltato Toby, eh... Nuovamente, mi ritrovo a ripetermi: non mi interessano, esattamente come Glenn.". "Sembri sincera." la perforò con un vivo e serio sguardo indagatore. "Esattamente come tu sembri possessivo nei miei confronti.". Sarah si interrogò sul perché la rendesse felice. "Non è un gioco da ragazzi." ammise il suo biondissimo interlocutore, facendo cadere l'argomento. "Lo so. Come non lo era il tuo Labirinto.". "Mi pare di ricordare che tu non fosti di quest'opinione..." rise lui, sarcastico. "E' come hai detto tu: volevo che mi reputassi alla tua altezza. Non volevo apparirti incapace di fronteggiarti, come una stupida ragazzina qualunque. Perciò, a suo tempo, ho mentito. Sono un tipo orgoglioso, l'avrai capito.". Jareth si illuminò per un secondo nell'ascoltarla e nuovamente Sarah ne restò abbagliata. Non era abituata ai suoi sorrisi. Inoltre, si compiacque di come lo aveva visto alzare impercettibilmente le sopracciglia, in segno di sorpresa, alla confessione che gli aveva fatto. "Ma l'arroganza non ripaga." soppesò il fabbricante di sogni. "No, infatti... Né tantomeno la punizione che ricevetti in cambio.". "Non mi trovi che concorde.". "Jareth?". "Sì, mia preziosa?". Il cuore di Sarah si schiarì nel conoscere la tacita tregua che avevano stipulato tra di loro. "Le ferite... " indicò le sue lacerazioni negli spacchi dei guanti. "Il fatto che tu abbia visto cosa aveva disegnato Toby, un gufo, al posto del barbagianni... Che tu abbia sentito la nostra conversazione... Ed infine ciò che mi hai detto nel sogno. Della prigionia... ** Potresti spiegarmi?". "Il tempo è ciò che ci manca.". Sarah scrutò l'orologio, sempre sopra di loro, con una smorfia. Erano passate già tre ore. "Ma i corridoi da attraversare no. Nella durata del tragitto, potresti, almeno in sintesi...". Jareth alzò una mano, chiudendo gli occhi. "Non oltre, mia cara." la interruppe. Le offrì il braccio. "Mi permette di accompagnarla, Milady?". Lei lo accettò estasiata e non appena Jareth si assicurò che avesse acconsentito, lo sentì iniziare il racconto: "Immagina... Una sfera di cristallo...". Sarah si rese conto d'improvviso di come, quando qualcosa li riguardava, niente sarebbe mai stato un gioco da ragazzi. Ed infatti, probabilmente, Jareth non si riferiva, per forza ed esclusivamente, al Labirinto della sua mente, quando lo aveva detto.
* Vi ricordate la scena? Niente, niente, niente, TRA LA LA? Beh, dovreste ahahaha. Rivedetevela. IMPAGABILE.
** Tutto ciò che è successo nei capitoli precedenti... Riferimenti particolari a "Daimon", "A ritroso parte prima", "Desidero parte prima e seconda", "La porta dei sogni".
Ragazzi.... CHE BEL REGALO DI COMPLEANNO CHE MI AVETE FATTO TRA IERI E OGGIIIIIIIIIII!!!!!!
Grazie a tutti, di cuore, degli auguri sinceri ed accorati <3 ... Dio mio, avete letto in 1264 "Labyrinth Mind". Praticamente UNA MOLTITUDINE CHE BUSSA ALLE PORTE DEL LABIRINTO! Avete fatto rimbambire Gogol... E che cosa fa in tutto questo il Re di Goblin? Nulla di che... Sta saltellando nel Castello come uno scemo da ieri così, in questo modo... E la cosa peggiore è che IO LO SEGUO A RUOTAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA! Trenino con i gobliiiiiiiiiiiins: come avere ventuno anni ed un giorno e non sentirliiiiiiiiiiii!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Tutti in piediiiiiiiiiiiiii, OLA DI GRUPPOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO, dance magic dance, jump magic jump!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
(Ah... Dopo questo capitolo... Come vi sentite? Respirate ancora? No perché è così struggente ahaha! Fatemi sapere se vi è piaciuto! :P ogni giorno divento più gnomesca *ride sguaiatamente dei vostri feels maciullati*)
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Labyrinth Mind (in revisione COMPLETA)
FanfictionLabyrinth Sequel (film fantasy con David Bowie e Jennifer Connelly); N° 1 IN DAVID BOWIE, N°1 IN LABYRINTH, N° 1 IN NUOVI PERSONAGGI, N° 2 IN LABIRINTO e N° 732 su 41.4 K FANFICTIONS Il 17/1/2020 Sarah è stata in terapia diversi anni, spinta da suo...