XXV° SI HA SEMPRE UNA SCELTA

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Grassetto: punto di vista di Sarah (dialoghi e riflessioni) 

Corsivo: Jareth (dialoghi) 

Sottolineato: DAIMON (dialoghi e riflessioni)

Sottolineato: DAIMON (dialoghi e riflessioni)

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"Io non so vivere, con o senza di te.". 

U2 - With or without you

Sarah, che nel frattempo si era seduta ai piedi del leggio per ricomporre il libro, finalmente si alzò, aiutandosi con le ginocchia, i jeans sdruciti, tenendo stretta nel cuore la verità, di nuovo, percependone la consistenza tra le dita. Stringeva, come allora, quelle pagine, quella copertina rossa, quelle parole tra le sue mani. Se ne impossessava ancora, le indossava, dopo tempo immemore. Si sentì più leggera ed al tempo stesso appesantita. Ogni respiro, era nuovo. Ogni passo anche. Ogni passo, nel camminare verso di lui. Anche il modo in cui lo guardava era nuovo. Adesso Sarah osservava, con pensieri silenziosi, quasi reverenziali, Jareth, poco distante, immobile, intento, con grazia ed eleganza, compunto, regale, a scrutare l'orizzonte, fissando un punto indefinito oltre il lago, una antica ed arcana espressione, imperturbabile, dipinta sul viso, come quella di chi ha compreso il mondo per ciò che è nei sussurri della brezza. E così fece anche lei: seguì i consigli bisbigliati dallo zefiro che, tenero e dispettoso, giocava con i suoi capelli, frustando le ciocche nere disordinatamente sulle sue spalle. Scherzava pure con la bionda chioma del Signore del Labirinto, facendola turbinare scomposta. Il fascino dello stregone era unico, anche in forma mortale. Il volto d'alabastro in cui erano incastonate le gemme celesti dei suoi occhi, il vento che accompagnava la danza dei capelli aurei. Una volta avvicinatasi a lui, esitò. "Jareth...". Disse solo il suo nome, come a richiamarlo a sé, dalle sue riflessioni. Le sembrò che fosse nuovo anche quello, il suo sapore. Il suo significato. La sua dolcezza, sulla punta della lingua, era semplicemente diversa. Lentamente, l'altro si voltò verso di lei, l'aspetto ancora profondamente assorto, come se non la guardasse veramente. Fu come vederlo per la prima volta. Le parve davvero di non averlo mai conosciuto fino a quell'istante. E poi tutto mutò. "Come hai potuto farlo..." cominciò il sovrano, in un bisbiglio a fior di labbra, gli occhi a terra, la mascella serrata, i denti stretti. Sarah rimase spiazzata. No, lei voleva sentire, d'ora in poi, sempre e solo, costantemente, quel sapore dolce, sulla sua bocca, nel pronunciare il suo nome per chiamarlo. Mai più l'amarezza del passato. "Jareth, io..." iniziò, disorientata. "Io cosa? Tu cosa?" ringhiò il re. Era furioso, gli occhi un azzurro fuoco pronto a masticare, consumare e risputare ciò che restava di entrambi. E poi tutto si spezzò, il battito del cuore di lei divenne un singhiozzo imbarazzato, colpevole. Provò vergogna. "E'..." portò lo sguardo alla nuova copia de "Il Labirinto". Era chiaro che Jareth si riferisse al fatto che lei stessa avesse permesso alla Dottoressa Daimon, nel suo personale momento di vulnerabilità più alto, di impossessarsene. "E' soltanto un libro..." tentò di giustificarsi. "E' soltanto un libro?" domandò il fabbricante di sogni, risentito, incredulo. Sembrò più che parlasse a sé stesso che a lei, il viso una maschera contratta, il cui sguardo vacuo si rivolgeva altrove, oltre la linea delle sue spalle. "E' soltanto un libro..." ripeté, nuovamente, scuotendo la testa con una smorfia. "E'... Soltanto... Un libro!" ribadì, arcuando un sopracciglio, inclinando il capo verso sinistra. Scandì ogni parola con rabbia controllata, regolando il ritmo di ogni sillaba con l'incedere, lento e feroce, da predatore, del suo passo verso Sarah. Quest'ultima, colpita dalla sua furia, si ritrovò ad indietreggiare, suo malgrado. Fu travolta dalla sua collera. Una collera che la spostò di peso, come un mulinello d'acqua le cui spire muovono il corpo del malcapitato nella direzione che vuole, tra i fluttui risucchianti delle onde, trascinando la vittima che, impotente, avviluppata, resterà nell'implacabile vortice a morire. "E' soltanto una storia!" continuò, obbligandola a cedere, sovrastandola. "E' soltanto una sciocca filastrocca magica, quella che ha invocato gli gnomi per portare via per sempre il tuo piccolo Toby!" rise. E la sua nera, vibrante risata la fece rabbrividire dal profondo. "E' soltanto una stupida collana!" passò un dito sul retro della catena del medaglione al suo collo, facendolo scorrere sul profilo della sua gola, fino all'attaccatura della clavicola. "Soltanto questo. Sei soltanto tu!" accostò il suo volto a quello suo, piantando i sempre intensi, ipnotici e magnetici occhi in quelli verdi di Sarah. "Sono soltanto io! Siamo soltanto noi due..." soffiò. Prese il mento dell'altra tra indice e pollice. "Di quanti soltanto sei vissuta, Sarah? Quanti?" mormorò stringendo le palpebre, velenoso. Sarah, ancora, sempre più mortificata, cercò di spiegarsi. "Tu non capisci..." sussurrò, addolorata. "No, sei tu quella a non comprendere affatto." si scostò e tese un braccio verso di lei, indicandola. "Ma cosa ne sai? Cosa ne puoi sapere e cosa ne saprai mai?" chiuse la mano con la quale l'additava poco fa, stringendola a pugno, ponendola lungo un fianco. "Il libro era la prova, su tutte, che il tuo viaggio nel Labirinto è stato realtà!" gridò. "E di certo umanamente e beatamente ignori come parte di te fosse fluita in lui. La tua energia spirituale! Un pezzo di te, vivente, in mano a quella donna, distrutto, se non peggio, anche manipolato, come temo!" urlò, sempre più adirato. "E gliel'hai consegnato così facilmente..." si volse, offrendole le spalle. "Io non avevo scelta..." affermò con maggior vigore lei, sicura. Jareth girò la schiena, permettendole di scrutarlo in viso. "Non avevi scelta?!" scattò. "Si ha sempre una scelta! Hai voluto, hai scelto che il bambino fosse preso. Ed io l'ho preso. Hai scelto di sfidarmi in tutto, nuovamente te l'ho concesso. Hai scelto di rifiutare i miei doni, non una, ben tre volte, appena Toby era stato portato via dai miei servitori, durante il ballo ed infine nel mio Castello, al rintocco della tredicesima ora. Ed io te l'ho permesso, ti ho permesso di rifiutare e di rifiutarmi! Ti avevo avvertita di tornare indietro prima che fosse troppo tardi, alle porte del Labirinto, hai scelto di proseguire. E successivamente all'avermi vinto, dopo i rischi indicibili e le traversie innumerevoli di cui parlasti, vanifichi tutto così? Hai scelto di dare ragione a tutti," sputò, allargando un braccio, un furore ceco a guidarlo, "a tutti gli sciocchi e volgari umani dai quali sei attorniata, pur di mettere a tacere la verità, il mio mondo, l'Underground ed il mio Labirinto, il mio popolo, me! Me, dopo tutto quello che abbiamo vissuto! Hai ascoltato loro al posto mio. E da lì le sedute, le pillole, la presunta follia e ciò a cui siamo costretti in questo momento! Hai scelto di prendere il medaglione, ti sei impossessata del mio potere ed ho assistito a questo inerme. Ancora ti ho assecondata, ti ho lasciato fare. Hai scelto di propormi la sfida del Labirinto della tua mente, rendendomi mortale. E mi sono reso sfidante ai tuoi occhi. Eppure, eppure alla prima possibilità di scappatoia, alla prima opportunità per rovesciare il mio regno, tu ti prodighi ingenuamente per accorrere a compiacere una sconosciuta, un'estranea per tutti noi, per le nostre vite, per Goblin!" strillò. "E gli affidi l'oggetto in cui hai messo cotanta passione orsono," accarezzò, adorante, la copertina tra le mani dell'altra, come fosse stato un ricordo prezioso, vivente, "devozione ed ossessione. Le pagine di cui eri protagonista ed eroina indiscussa! Il racconto delle tue gesta. Ma, d'altronde, è soltanto un romanzo." ridacchiò, offeso, ferito. "Ti sfugge ancora il senso, non è vero, Sarah?" tornò ad osservare l'orizzonte. Calciò i fili d'erba del prato con poca leggiadria e riprese a parlare: "Il libro può essere considerato un tuo sembiante, esattamente tanto quanto lo sono queste proiezioni mentali che ci sfilano davanti! E te ne sei separata sulla Terra. Ti sei separata di un tuo io veritiero nel tuo mondo. L' hai reciso." la guardò. "Si ha sempre una scelta. Hai sempre avuto una scelta. Ed anche in questo caso, l'hai fatta." si allontanò da lei, come a voler proseguire, senza assicurarsi che lo seguisse o meno. Sarah smise di respirare, a stento ricordò come fare. Come se le avessero trapiantato improvvisamente i polmoni, il cervello e cavato il cuore dal petto. Come se il torace fosse stato attraversato da mille coltelli, ogni parola di Jareth conficcata nell'anima. A farle sanguinare lo spirito, ridotto a brandelli. Se avesse smembrato, allora, la sua carne con l'arrivo degli Spazzini, di certo avrebbe sentito meno dolore. Sarebbe stata ferita a morte, comunque una prospettiva migliore, rispetto all'essere uccisa a quel modo. Senza un esercito, senza uno stupidissimo serpente lanciato sul suo collo. Solo parole, la parte della ragione contro quella del torto, la sua personalissima versione della catastrofe, dell'auto-sabotaggio che aveva adoperato contro sé stessa, inconsapevolmente, da un punto di vista esterno a lei e drammaticamente esatto. Come aveva potuto non rendersene conto? Le si chiusero gli occhi. L'assalì una voglia, tremenda, incontrollabile... Un desiderio d'oblio. E l'oblio arrivò.


"Brava, Sarah Williams..." disse DAIMON, ombrosa, assistendo alla scenaattraverso la venuta di Oblio. "Abbandonati all'Oblio. Sei stanca. Così stancadi lottare, sempre. La tua è una lotta senza fine, di cui neanche il saporedella vittoria ti soddisfa più. Non c'è niente da conquistare, stavolta.Arrendersi è molto più facile. Dormire, dimenticarsi... E' più liberatorio.Nessuno ti chiede di portare il fardello di essere la Campionessa delLabirinto, la regina del cuore di Jareth... E' troppo faticoso combattere per chisei veramente. E' troppo sfiancante essere te stessa. Essere vivi. Esistere. Quelloche ti ci vuole adesso è solo una buona dormita, piccola, sciocca mortale."sorrise. 




La parola ad Elisabetta Roccaforte: le persone crescono, cambiano ed, alle volte, si perdono. E per ritrovarsi affrontano molto dolore ed ogni genere di sofferenza. Questo succede alla Sarah che, quindici anni dopo, perde, con sé stessa, il libro de "Il Labirinto".  Non c'è più la giovinezza di un tempo, i capelli raccolti tra le cui ciocche sono fissati i fiorellini bianchi della corolla che era solita indossare, nessun abito verde pallido dalle maniche a campana e la gonna lunga e morbida sui fianchi. Nessun barbagianni che si posa sulla punta dell'obelisco, planando silenziosamente nel parco. Che raccoglie le sue ali, portando il nero, profondo sguardo al cielo plumbeo. Nessuna nuvola che di lì a poco avrebbe travolto il mondo di impaziente ed abbondante pioggia. Nessun barbagianni a chiedersi se per il maltempo la ragazza avesse mancato il loro appuntamento. Nessuna ragazza che giunge improvvisamente davanti al barbagianni, correndo, da un ponte di pietra, puntuale come sempre.  Non due verdissimi occhi, luminosi, puri,  pieni di ardore. Non due occhi neri e rotondi, profondi e magnetici, che si chiedono se la ragazza li noterà, nonostante le sue recite. Adesso il parco è vuoto. Jareth è solo nel Labirinto della Mente di Sarah e, quest'ultima, si è consegnata ad Oblio.

 Jareth è solo nel Labirinto della Mente di Sarah e, quest'ultima, si è consegnata ad Oblio

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SDRAMMATIZZIAMO: 3.4 k! WOOOOOOOOOOOOOW ma quanto crescete nel giro di pochi istanti?!?! Una sorpresa per voi subito dopo questo capitolo. <3 vi adoro, tutti quanti <3

Labyrinth Mind (in revisione COMPLETA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora