Grassetto: punto di vista di Sarah (dialoghi e riflessioni)
Corsivo: Jareth (dialoghi)
ASTERISCHI * = Note dell'autrice
L'unico rumore a fare eco ai suoi passi era il crepitare, al di sotto dei suoi piedi, delle secche e disarmate foglie, calpestate per il loro avanzare: una sinfonia, unita alla cadenza del respiro regolare del Re di Goblin, al suo fianco. E del muto scorrere dei suoi pensieri. Oramai da tempo si erano lasciati, di nuovo, i corridoi del Labirinto alle spalle. Sarah si guardò attorno, totalmente disorientata. Dov'erano finiti, adesso? Ovunque voltasse lo sguardo, vedeva alberi. Delle querce solide e maestose, nella loro grandezza, che avevano conosciuto il tocco dell'autunno, li circondavano, come a stabilire i limiti del perimetro della radura in cui si trovavano. Si avvicinò ad esse per accarezzarne il ruvido tronco, mentre il sovrano si distaccò, dopo averla osservata un istante, solo per un attimo, da lei, attratto da ben altro oggetto che troneggiava nel panorama generale, che Sarah non aveva notato. Non appena lei catturò i suoi movimenti, si diresse verso di lui, raggiungendolo. E restò incantata da ciò che fissava tanto insistentemente: una deliziosa voliera in legno marino, laccata in una tonalità di celeste fiordaliso delicata, in pieno stile europeo settecentesco, a pianta ottagonale, ricca in ogni dettaglio, con minuziose finiture quali una riproduzione fedelissima di piume sulla sommità, gli sportelli finemente traforati e delle piccole nappe che pendevano dal tetto. "E' bellissima." mormorò, emozionata. Le succedeva sempre, quando qualcosa le piaceva molto: un libro, un film, una canzone, una poesia. Scrutò la reazione del mago. "Credi?" le chiese. "Io l'avrei detto di loro." soffiò con altrettanto sentimento lui, riferendosi ai volatili rinchiusi. Così, Sarah studiò gli uccelli esotici, particolarissimi, unici nel loro genere: il verde dei loro occhi era della stessa tonalità del vetro delle bottiglie, attorniato da screziature acqua marina, appartenenti alle piume vicino alle iridi, che si distribuivano simili a raggi infuocati intorno al nucleo di una stella, le cui punte si torcevano in basso. Il piumaggio era composto da un dualismo di bianco e nero; le nuance scure si facevano più presenti sulla punta delle ali e della coda, mentre le nuance bianche sul petto e la testa, pienamente candida. Il colore delle zampe, grigio fumo, sembrava lo stesso del bizzarro becco lungo, come una lamina di lucente metallo, per quanto rigido e tagliente all'apparenza. Incontrò lo sguardo di un uccello e rabbrividì. L'espressione le risultò... Così... Umana. Parevano così... "Diversi." disse lo stregone. Sarah si ricordò improvvisamente di lui, persa com'era nelle sue riflessioni. Lo fissò tra il confuso e l'affascinato: aveva intuito i suoi pensieri, anticipandola. Lo vide chinarsi per osservare più da vicino l'ostile bestiola che si era voltata verso Sarah. Per un attimo credette di poter vedere gli occhi del Signore del Labirinto farsi più scuri, come due globi neri, il naso e la bocca allungarsi in un chiaro becco niveo e le braccia distendersi in due ali da barbagianni. Li osservò comunicare senza proferire parola. Mantennero il contatto visivo a lungo. Dopo, il re allungò una mano attraverso le fessure dello sportello. "Jareth..." tentò di avvertirlo lei, tutt'altro che serena all'idea che potesse essere ferito nuovamente alle mani. Eppure non l'aveva ascoltata ed arrivò perfino ad accarezzare la testa dell'animale. Gli altri simpatici pennuti, uno spaventato, uno triste ed uno inquieto, che circondavano il loro compagno scorbutico, il quale si stava facendo coccolare tranquillamente, agitarono le ali, molleggiando sulle zampe, ansiosi all'idea che uno sconosciuto fosse penetrato nel loro mondo. Poi però, curiosi, si fecero convincere dall'estraneo e si addossarono di molto contro le pareti della voliera, pur di farsi toccare. Sarah assistette allibita alla scena, mentre Jareth, tutto sorridente per il contatto trovato, disse: "E dovreste conoscermi nell'altra mia forma, che più si adatta alla vostra: avremmo potuto fare conoscenza e spiccare il volo lontano di qui." sussurrò, rabbuiandosi, improvvisamente triste. "Ti piace tanto mettere le persone in gabbia, Sarah?" le domandò, senza rivolgerle lo sguardo. "Me nella sfera, adesso loro..." li indicò, addolorato. "Chiuderci in una prigione ti dà la rassicurante illusione, di cui hai un disperato bisogno, di poter controllare tutti quelli che ti sfuggono?". "Come hai fatto ad avvicinarli senza che ti beccassero?" chiese a sua volta Sarah. Sentì una notevole urgenza di arginare il fiume di parole che l'aveva appena colpita. Quel quesito che le aveva rivolto non aveva risposta. E lei non voleva trovarla. Lui roteò gli occhi azzurri al cielo con uno sbuffo, contrariato per l'abile mossa, attuata da lei, per cambiare argomento. Poco dopo acconsentì a risponderle: "Devi fidarti, Sarah. Se li consideri una minaccia per te stessa, lo saranno. Tu hai il potere di condizionare ciò che è nella tua mente.". Lei, non totalmente persuasa da cosa aveva ascoltato, accennò una smorfia. Così il biondissimo interlocutore incalzò, ridendo: "Ti sembrano veramente una minaccia, Sarah?". Sarah li guardò un'altra volta. Il loro aspetto mutò: rimpicciolirono. Li vide rannicchiarsi in loro stessi, chiudendo le ali ai lati del loro corpo, accovacciandosi sul pavimento della voliera. In trappola. Privati della libertà. Quella consapevolezza la ferì. Poco dopo, Jareth le prese una mano e la condusse attraverso le fessure dello sportello. Così Sarah ebbe modo di sentire la morbidezza del piumaggio degli uccelli, la consistenza vellutata del petto, sebbene forte e compatto, data la possanza dei muscoli dei volatili. Il suo sguardo però non era rivolto ad essi. Bensì al sovrano: "Se li consideri una minaccia per te stessa, lo saranno." le aveva detto. Che il discorso valesse anche per lui e per qualsiasi cosa nella sua vita? Quante volte aveva creduto di dover combattere un'ulteriore nemico che in realtà non esisteva? Ma non aveva importanza. Era tornata a sperimentare il tocco del re, come al ballo, mano nella mano. Un brivido freddo la trovò e la percosse, finendole dritto al cuore. Tuttavia, durò un secondo. Perché, una volta raggiunto esso, conficcandosi, come un fulmine nella terra, tra i battiti sobbalzanti, si tramutò in calore, un dolce calore che, crescendo, si riversò in ogni parte di lei. Non smise di guardarlo, neanche un attimo. Le labbra di lui si erano appena dischiuse e gli occhi socchiusi. Che anche lui avesse capito? Che stesse provando ciò che provava lei stessa? Come avrebbe potuto saperlo? Eppure, per un'istante... Per un'istante pensò di poterlo affermare con certezza assoluta a sé stessa. E quanto, quanto volle che niente potesse essere un inganno. Un altro. L'ennesimo. E perché, perché lo voleva tanto, disperatamente? Perché desiderava essere ricambiata così intensamente, profondamente? "Ti assomigliano.". Fu il fabbricante di sogni a spezzare il silenzio, l'ombra di un sorriso, a fare capolino agli angoli della bocca. Orientò il viso verso gli animali e poi nuovamente verso di lei, confrontandoli. "Intendi... Loro?" fece interdetta lei. "Mi assomigliano?". "Sì. Il colore degli occhi. Il contrasto netto, dato dalla mescolanza di bianco e nero... Il bianco della tua pelle, il nero dei tuoi capelli. Ed il carattere diffidente... Non molto... Anzi, affatto... Posso osare dire... Gestibile?" rise Jareth. Sarah rise con lui, mentre le guance le si coloravano di rosso e si facevano calde. "Sono..." riprese lui. "Delle strane creature. Se ti riferisci al fatto che sono una stramboide, già lo so, grazie.". L'altro ridacchiò ancora. "Saltare alle conclusioni senza permettere agli altri di finire di esprimersi è tipico di te.". "Scusa.". Sul volto di Sarah nacque un'espressione contrita, mentre si tormentava coi denti il labbro inferiore. "Sembri costernata..." considerò l'altro, sbigottito. Sì, ebbe modo lei di riflettere, non l'aveva mai ascoltata implorare il perdono, nelle loro precedenti occasioni d'incontro. A parte in sogno*. "Scuse accettate." continuò. "Stavo per dire che sono diversi da qualunque altra cosa abbia mai visto.". "Perché sono bizzarri come me." asserì a quel punto Sarah. "No... " incominciò lui, scuotendo piano la testa. Parve che fosse fondamentale per lui spiegarglielo. La aiutò ad alzarsi. Esitò, un affanno negli occhi. Il suo sguardo puntò qualcosa alle sue spalle, prima di iniziare a parlarle nuovamente. "Sono unici. Di una bellezza irripetibile. Come una rosa nel deserto. Come te, Sarah. In tanta aridità, banalità e povertà d'animo, tu ti distingui. Ed è un bene. Un immenso bene." commentò, sicuro. Sembrò veramente convinto di ciò che diceva. Sarah si sentì avvampare in viso. Così, si volse per non farglielo notare, inquadrando cosa lui stesse fissando adesso, farfugliando un: "Ti ringrazio." nascosto ai suoi occhi. Vide davanti a lei, in lontananza, una casa in legno, al limitare della radura, contorniata dalle alte querce. Cosa avrebbe potuto mai contenere? Era abitata? Forse dall'ennesima proiezione mentale identica a sé stessa, eppure così differente, della serie che sentiva di dover affrontare di lì a poco, nelle prossime tredici ore. Jareth già incedeva, certo, verso l'abitazione. Le fece segno di raggiungerlo, invitandola con una mano tesa. Le parve così irreale che tra le sue dita non stringesse una sfera di cristallo:"Aspetta, Sarah, guarda cosa ti sto offrendo: i tuoi sogni.". Come poteva resistere a lungo, in modo così stoico, si chiese Sarah, alla sua condizione umana? Spodestato dal suo legittimo trono. Da lei stessa. Prima aveva avuto modo di informarla sugli ultimi sviluppi, nel tragitto fra i corridoi. Gli eventi che erano accaduti... Nella sua mente, a quanto sembrava. La scomparsa dell'Underground, la sua prigionia all'interno della sfera di cristallo, con la successiva perdita del medaglione. Il quale era apparso al suo collo, il giorno della fiera**. Ciò a cui l'aveva costretto... Lui, un re! Un sovrano... Che perde il suo potere. Il suo popolo. Il suo mondo. Gli doveva, gli doveva qualcosa. Gli doveva la vita. L'aveva salvata***. E gli doveva anche di più: una possibilità di fuga dalla sua follia, se fossero sopravvissuti al viaggio nel Labirinto della sua mente. Perciò, sempre più forte e coraggiosa, avanzò, allontanandosi dalla voliera.
* Riferimento al capitolo cinque, "La porta dei sogni".
** Rimando al capitolo secondo, "Impasse parte prima e seconda".
***Ricordate l'incidente? In "Desidero parte seconda".
1300. MILLE E TRECENTO. BHO, MA SIETE PAZZI?!
SI', SIAMO TUTTI MERAVIGLIOSAMENTE PAZZIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII
PAZZI DEL PEGGIOR MONARCA FANTASTICO DI SEMPREEEEEEEEEEEEEEE
AHAHAHA! COME PROMESSO, CI RILEGGIAMO IL 25 CON IL NUOVO CAPITOLO ED IL 27 CON LA ONE SHOT EXTRA, PER IL RAGGIUNGIMENTO DELLE MILLE VISUALIZZAZIONI, COINCIDENDO LA DATA CON IL TRENTESIMO ANNIVERSARIO DELL'USCITA DI LABYRINTH NELLE SALE AMERICANE!
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Labyrinth Mind (in revisione COMPLETA)
FanfictionLabyrinth Sequel (film fantasy con David Bowie e Jennifer Connelly); N° 1 IN DAVID BOWIE, N°1 IN LABYRINTH, N° 1 IN NUOVI PERSONAGGI, N° 2 IN LABIRINTO e N° 732 su 41.4 K FANFICTIONS Il 17/1/2020 Sarah è stata in terapia diversi anni, spinta da suo...