VI° DESIDERO...Parte Prima

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Grassetto : punto di vista di Sarah (dialoghi e riflessioni)

Corsivo :  le frasi che Jareth ha rivolto a Sarah nel capitolo V°, "La porta dei sogni"

Normale : Toby e Karen (dialoghi)

Sottolineato : DAIMON (dialoghi)

ASTERISCHI* : Note dell'autrice

Sarah stringeva a sé il cuscino da, all'incirca, più di un'ora intera, con una morbosità di cui pensava non essere capace: dopo essersi svegliata era rimasta immobile in quella posizione. Fissò nella mente come stritolava la stoffa tra le dita, cullandosi avanti ed indietro, aspettando che il respiro tornasse regolare, così come il ritmo dei pensieri: avrebbe potuto essergli d'aiuto, per quando avrebbe recitato nuovamente. Aveva passato gli ultimi minuti a ripercorrere il ricordo di cosa aveva sognato. Chi aveva sognato. E cosa le aveva detto.                                                                                                                                                                       

"Io, che ero solito governare i sogni a mio piacimento e che conoscevo i tuoi così bene, addirittura da saperli costruire ed abitare..."

"Non vorrei mai saperti in pericolo per causa mia. Non potrei perdonarmelo, nemmeno se i secoli col mio dolore arrivassero, finalmente, a sgretolare ogni singolo pezzo di me, per espiare la mia colpa. Neanche allora saprei perdonarmi. "

"Potresti iniziare a fidarti di te stessa, tanto per cominciare. Qual' è la tua realtà, Sarah? Chiediti questo. E' quella, la tua realtà? "

"Bene, mia preziosa. Mantieni vivo il nostro ricordo, se è ciò che vuoi, hai il potere di realizzarlo."

"E' un prezzo da pagare che accetto volentieri, la fatica, se generata a causa tua. Oso dire che errare nella suddetta testa di poco fa è un piacere unico con cui mi voglio dilettare solo io."

E le frasi più importanti che le aveva rivolto.

"Non sono mai andato via."

E...

"La Daimon... La dottoressa. Non ti fidare di lei... Un presentimento."

In preda ad una sorta di nuova agitazione assassina, spietata, trovò la forza di muoversi. Uno specchio. Aveva bisogno di uno specchio. Mollò il guanciale tra le coperte con, decisamente, poca grazia, corse in bagno ed accesa la luce, osservò il suo riflesso. I capelli, la forma del viso, i lineamenti, la figura del suo corpo... Tutti elementi familiari, un po' stropicciati e sdruciti per via del lungo sonno. Perché questo era stato. Erano le 20.35... Del giorno dopo. Ne aveva preso coscienza, quando poco prima aveva guardato l'orario sul display dell'orologio, posto sul comodino. Improvvisamente, il pomeriggio in cui era andata a trovare Toby non era stato oggi*, ma era diventato ieri. Fortuna che quel giorno non aveva nulla, ma proprio nulla da fare. La compagnia si era concessa un attimo di respiro dall'ultima rappresentazione che si era ritrovata, come vice**, brillantemente a dirigere. Avrebbero ripreso l'indomani mattina con le prove per altri nuovi spettacoli. Ma Sarah non voleva più condurre quel gioco... In quell'istante solo una cosa era importante: il Re di Goblin, dopo anni interi di silenzio, le aveva fatto visita. Nei suoi sogni, certo. Quella discrezione di lui la insospettì: perché semplicemente non era apparso, non era prorotto, anzi, nella stanza quando non dormiva, quando era cosciente, sotto forma di barbagianni, magari, per poi tramutarsi in Sua Altezza? Perché non le aveva urlato adirato contro, nel pieno del suo stile imperativo? "Non sfidarmi", le aveva detto. Lei lo aveva fatto, lo aveva vinto. Lo aveva sconfitto. E perché quei metodi? Perché quella visione e soltanto adesso? "Stupida, stupida Sarah!" gridò graffiando con le unghie il bordo del lavandino. "Era solo un sogno! La tua mente lo ha creato perché lo volevi!" continuò a sbraitare senza preoccuparsi della reazione dei vicini, "Domani stesso chiamerai la tua psichiatra per farti prescrivere di nuovo quelle pillole*** e questa volta," alzò un indice sempre rivolta alla gemella nella superficie riflettente, "le prenderai." concluse più calma. Qualcuno sembrò obiettare, pulsando all'altezza del suo petto. Il medaglione. Si sedette sul bordo della vasca, sull'orlo di una crisi isterica. Doveva essere tutto vero. Per forza. Era reale. Se lo rigirò tra le dita, con una stretta delicata, come aggrappandosi ad esso, tuttavia non volendo sciupare la bellezza inestimabile del pendente, il simbolo del potere del mago che era stato suo avversario. Cos'era quel discorso delirante che le aveva fatto? Aveva perso i poteri... Ed era stato intrappolato, confinato addirittura, in una delle sue sfere... Da lei stessa? L'aveva definita come l'artefice di ciò****. Com'era potuto accadere? Il manovratore dei fili... Debole ed Indifeso? Doveva significare pur qualcosa, che avesse dormito per più ore del necessario. Anzi, che avesse dormito più ore del dovuto, in tutta la sua vita. Neanche quand'era una bimba o una ragazzina s'era addormentata per così tanto a lungo, nella sua intera esistenza non era mai capitato. Era stata una vera e propria incursione, da parte dello stregone, nei suoi sogni. Forse, com'era successo quando lo aveva sfidato nel Labirinto, una volta tornata a casa con Toby sano e salvo, il tempo si era alterato, segno che era avvenuto, veramente, tutto. Ogni cosa. E poi quella sensazione all'interno del sogno, le palpebre e gli occhi pesanti... Così reale... Le era parso che capitasse anche a Jareth. E Jareth, i suoi sussurri all'orecchio, tra i capelli... Il baciamano*****. La sua amarezza... La sua rassegnazione... Aprendo il rubinetto, lanciò qualche schizzo d'acqua, rigorosamente fredda, contro il suo volto ed il collo, per cancellare le ultime tracce di sudore e paura che s'erano fuse sulle goti infiammate. Quando sentì suonare il campanello, sobbalzò, reprimendo un grido. Si diresse alla porta aggiustandosi la piega dei pantaloni del... Pigiama! Non poteva accogliere chiunque in déshabillé! "Un momento solo!" urlò. Incespicò tirando fuori, frettolosamente, la prima maglietta ed il più vicino paio di jeans che trovò nell'armadio, senza badare alla scelta stilistica. La sensazione che le diedero indossandoli, denudatasi della veste da camera intrisa di sudore, era comoda, calda, avvolgente, rassicurante. Come l'abbraccio di un amico. Tornò di sotto, pronta ad affrontare qualunque cosa l'aspettasse là fuori, col cuore in gola. "Sarah, tutto bene?" udì la voce di Karen chiamarla oltre la porta. Afferrò il pomello e l'aprì, tentando uno dei suoi migliori sorrisi, falsamente cordiali, di circostanza. "Ciao Karen... Oh, Toby, ci sei anche tu! Che sorpresa, non vi aspettavo, avrete fatto della strada eh, per raggiungere il mio appartamento in centro, sarete stanchi del viaggio... Vi va di fermarvi a cena? Non c'è granché nel frigo, potremmo sempre ordinare una pizza. Perché quelle facce serie?" iniziò a preoccuparsi, abbandonando definitivamente l'allegra facciata improvvisata in pochi secondi. Era un'attrice, dopotutto. E loro non dovevano intuire nulla di tutto ciò che l'era capitato. La matrigna ed il fratellastro, che erano tanto vicini che le loro spalle si toccavano, si scansarono l'uno dall'altro aprendo uno spiraglio, facendo scorgere la figura che si stagliava dietro di loro, un gran paio d'occhi profondi, glaciali ed elettrici al tempo stesso, dietro gli occhiali. "La Daimon... La dottoressa. Non ti fidare di lei... Un presentimento.". Perché avevano portato la sua psichiatra con loro? "Cosa sta succedendo?" domandò Sarah sulla difensiva. Avrebbe dovuto proteggersi come meglio poteva. Poi, tutt'a un tratto, si ritrovò a capire. Un tradimento, l'ennesimo. E se il primo era stato da parte di sua madre, che l'aveva abbandonata quand'era piccola, successivamente poi Gogol le aveva fatto offerta della pesca, che al suo interno conteneva le allucinazioni, ora... Ora Toby la condannava con degli occhi colpevoli ed intristiti, amareggiati. "Toby... Non gli avrai detto... No, ti prego, no! Come hai potuto... Ti avevo chiesto di non dire una parola!" strillò con un nuovo dolore ad avvelenarle l'animo. "Il medaglione, Sarah" si sentì dire dalla dottoressa. La guardò. Si era tramutata in un'animale in gabbia, una bestia ferita senza via d'uscita, circondata dai suoi cacciatori. Tutto per colpa di suo fratello. Il pendente chiamato in causa trillò sul suo petto, vibrando, talmente caldo che sembrò scottarla e Sarah fremette come una corda di violino, tesa, con lui, in preda all'allarme rosso. "No" disse, ferma, irremovibile. "Ascoltala... Fai come ti dice... E' un nuovo oggetto della tua ossessione. E non ha significato. L'hai solo trovato e..." cominciò Karen. "E' per il tuo bene, perché pensi che l'abbia avvertita? Ho pensato di venire tutti a trovarti... Troveremo una soluzione, se la tua è una recidiva. Parliamone... Siamo la tua famiglia." aveva interrotto la matrigna Toby, intervenendo come mediatore tra gli estremi. "IL MIO BENE! IL MIO BENE, MA SENTITELO! RAZZA DI RAGAZZINO, TU NON SAI NIENTE DEL MIO BENE, NIENTE! NESSUNO DI VOI SA QUALE SIA IL MIO BENE!" replicò Sarah, gli occhi chiusi strizzati tanto quanto il cuore, un panno consumato, umido di sofferenza, da quelle frasi. "Sarah, adesso cerca di calmarti. Posso vedere la tua collana?" chiese la Daimon. "Col cavolo!" pensò la diretta interessata. "Sarah non farà un bel niente di quello che dici.". Scosse la testa decisa, in tutta risposta. "Sarah... Dammela." insistette la psicologa. "Dammi quel ciondolo. Adesso. Non è nient'altro che uno sciocco amuleto comprato alla fiera dei fumetti che potrebbe più o meno assomigliare a... Quello del Re. Devi separartene, per la tua sanità mentale.". "No" ribadì Sarah. Avrebbe dato ascolto soltanto al Signore del Labirinto. Non si sarebbe fidata di lei. Andò anche oltre: non si fidò di nessuno di loro. E poco dopo fece qualcosa d'imperdonabile, investita da quella consapevolezza; li spinse via, buttandoli a terra con tutta la forza che aveva accumulato in corpo, per via della tensione e si gettò in strada, pronta a fuggire. 



*; ** riferimenti al quarto capitolo, "A ritroso, parte prima".  Infatti, il pomeriggio antecedente agli eventi di questo capitolo Sarah era andata a trovare Toby, nella casa della matrigna, Karen. E grazie al dialogo che ha con lui sappiamo che Sarah è diventata il vice direttore della compagnia teatrale locale.

*** Rimando al terzo capitolo, "Pillole".

****; ***** estratti dal capitolo precedente a questo, quinto: "La porta dei sogni".                                                                                                 


Labyrinth Mind (in revisione COMPLETA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora