CAPITOLO 22 - ACATITLAN

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Barry e Macaria rimasero in silenzio per tutto il tempo che Tlachinolli trascorse nella stanza. Di tanto in tanto il ragazzo agguantò della frutta esotica adagiata in un vassoio candido, e la masticò con l'intento di non procurare fastidio. Macaria, se ne restò sul divano dritta e con uno sguardo vitreo perso nella parete levigata di un bianco luminescente. Quando udirono un tonfo sordo provocato dall'apertura automatica della porta di vetro, entrambi voltarono lo sguardo verso il bambino, che indossava una veste bianca con in vita un'esile cintura oro. La sua folta massa di capelli, che Barry l'aveva sempre vista insudiciata, adesso era tersa e pettinata.
«Non possiamo portarlo con noi. Se resta qui, forse starà al sicuro.» Si avvicinò Macaria al ragazzo mormorando il suggerimento. Il volto della ragazza assunse un'aria preoccupata.
«Signora sono spiacente, ma il bambino non può rimanere qui. Le assicuro che anche sottoterra non sarà esente da rischi.» Pronunciò Boyce proprio nel momento in cui Barry stava per aprir bocca. Tlachinolli, che avanzava dalla soglia,  lanciò un'occhiata piena di riserbo alla ragazza.
«Non possiamo rimanerlo qui.» Ribatté Barry quasi offeso dalle parole di Macaria. Sentiva un senso di dovere verso quel bambino, proprio come un fratello maggiore agisce nei confronti di un fratello minore.  «Ci sarà qualcuno ad Acatitlan che lo accudirà?» Domandò infine perplesso e del tutto incosciente di cosa avesse appena domandato.
Macaria gli rivolse uno sguardo seccato. «Stiamo andando in una regione militare e di rado si trovano donne che accudiscano bambini di un altro popolo.» Rispose la ragazza saccente.
«Ciò sta a significare che lui resterà con noi, e poi dopotutto, non stiamo andando incontro ad una guerra.» Sentenziò Barry animandosi.
Macaria, rassegnata lo scrutò per un istante, per poi voltare lo sguardo, mentre Tlachinolli raggiunse la loro posizione. Barry aveva promesso a se stesso di prendersi cura del bambino, e non voleva annullare quel contratto firmato con la sua coscienza.
«Siamo pronti per partire?» Proclamò entusiasta a gran voce issandosi dal divano, che scricchiolò. «Boyce hai un sottopassaggio nei pressi di Acatitlan?» Domandò Barry spostando la testa in cerca della fonte del suono da cui proveniva la voce di Boyce.
«Signore, Acatitlan erge su un'altura, e non possiedo un sottopassaggio che vi permette di arrivare nella cittadina. Però è stato costruito un varco nei pressi di quella città. Dovrete poi proseguire senza il mio aiuto, considerando che la mia rete non raggiunge quell'altezza.»
«Allora trasportaci al varco più vicino.» Confermò Barry poggiando la sua mano sulla spalla di Tlachinolli. «Boyce... Avrei bisogno di una concessione.»  Continuò il ragazzo con qualche remora.
«Dica pure, signore.»
«Un arco.»  Espose Barry abbozzando un sorrisetto.
«Nessun problema.» E poco dopo che il rumore gracchiante della voce scemò, dal soffitto, scese lentamente il braccio metallico che fece espandere in tutta la stanza un rumore metallico di ingranaggi. Serrato fra le dita d'acciaio, c'era l'arco che Barry aveva richiesto. L'arma, costruita in una fibra nera con venature di grigio chiaro, possedeva due mirini ed era arcuata in una forma perfetta.
«Boyce, gli abitanti dell'Unico Mondo si accorgeranno che quest'arco è futuristico.» Protestò Barry avvicinandosi al braccio metallico.
«Signore, basta che pigi il minuscolo pulsante che trova sul mirino, e l'arco si tramuterà nella forma e nel materiale che gli abitanti del posto hanno imparato a costruire.»
 «Possa avere anch'io un arco?» Soggiunse Tlachinolli con il volto affetto da ebrezza.
«Ancora devi imparare ad usarlo. Come puoi pretendere di averne uno?» Rispose Barry agguantando l'arco e la faretra e soppesandoli.
«Mio padre mi ha imparato ad usare l'arco. Ci allenavamo sempre.» Affermò il bambino abbassando di nuovo lo sguardo e cadendo in un'oscurità temporanea. Barry fremeva dal desiderio di domandare se il padre di Tlachinolli fosse ancora vivo. Ma gli ritornò alla mente la discussione avvenuta poco fa con il bambino, e fu costretto ad accantonare l'idea.
«Bene! Allora appena arriveremo nella regione dei Dirupi delle Aquile ne avrai uno.» Sorrise Barry passandogli accanto e strapazzandogli i capelli. Macaria, raggiunse la soglia dell'ascensore, e poggiata di fianco al cardine della porta ialina, cominciò a martellare il piede catturando l'attenzione di Barry. «Direi che ora possiamo andare.»   Raggiunsero la posizione di Macaria e Boyce li informò del numero del sottopassaggio in questione, mentre le ante dell'ascensore si schiusero sparendo fra le pareti.
Si mantennero ai possenti manici posti ai lati dell'ascensore, mentre quest'ultima acquistò maggiore velocità
«Destinazione raggiunta.» Un lungo corridoio illuminato dai raggi solari, congiungeva ad una scalinata scolpita nelle roccia.
«Grazie Boyce.» Concluse Barry, e Tlachinolli e Macaria iniziarono ad essere inghiottiti dalla luce abbacinante del giorno. Barry li seguì affrettando il passo, e una volta superate le scalinate, un'immensa radura prese vita intorno a lui. Intere praterie di erbe rasente popolate da insetti dalle forme più bizzarre erano il fulcro della vita. Alle sue spalle, la prateria terminava con un declivio che segnava l'inizio di una fitta foresta pullulante di sontuosi rami sferzati dal vento caldo, ma dinanzi ai suoi occhi un'immenso monte scistoso, di cui non si scorgeva la cima, troneggiava possente sulla radura.
«Quella è Acatitlan.» Soggiunse Macaria buttando una sbilenca occhiata sulla cima dell'altura, per poi intraprendere un sentiero sinuoso popolato da rocce.
«Dove vai?» Domandò Barry rinsavendosi dall'assuefacente vista di quel miracolo della natura.  La sua voce echeggiò in quel luogo dimenticato dagli dei arrivando sino in cima all'altura e al ridosso delle nuvole candide.
«Ad Acatitlan.» Rispose Macaria inerpicandosi.

Barry, seguito da Tlachinolli, ridusse la distanza da Macaria, rincorrendola e raggiungendo la posizione della ragazza.
«Come arriviamo fin lassù?» Domandò Barry con lena e buttando ancora una volta lo sguardo verso la cima. Adesso riusciva a scorgere qualche costruzione, ma ero tutto schiarito dall'effetto delle nuvole dense.
«Dobbiamo aggirare l'altura, per poi intraprendere un sentiero roccioso e ripido fino a giungere ad Acatitlan.» Lo informò Macaria lasciandosi alle spalle un rigagnolo.
Come suggerito da Macaria, aggirarono l'altura e procedettero il cammino per diverse ore sotto i raggi battenti che si schiantavano al suolo illuminando la terra di vividi colori. Fecero anche qualche pausa fermandosi a dissetarsi, poiché Talchinolli iniziò a manifestare dei segni di stanchezza; dopodiché ripresero il cammino sino ad arrivare al sentiero ripido, che risultò più duro del previsto.
«Dobbiamo arrampicarci» Disse Macaria stentorea; il vento cominciò ad ululare fra la valle.
Dopo una stancante scalata e dopo aver aggrappato al volo Tlachinolli mentre era in procinto di precipitare a causa di una roccia pencolante, giunsero finalmente nella capitale della regione dei Dirupi delle Aquile.
Un'imponente barriera, che si trovava nel bel mezzo di un dirupo e l'inizio di una ripida montagna, proteggeva l'ingresso della città. La costruzione in pietra era asserragliata da strani soldati mai visti sinora da Barry. I guerrieri indossavano un'armatura agghindata da piume d'aquila con le parti intime ricoperte da un velo rosso vermiglio, e portavano un elmo color canarino a forma d'aquila il cui becco aperto si incurvava sopra la fronte. Gli scudi scudo erano in legno con delle forme romboidi disegnate sopra di essi, e la parte inferiore della difesa si prolungava con piume di svariati colori. Tutti i soldati Impugnavano delle lance di legno con punte di ossidiana.
«Chi sono quei soldati?» Domandò Barry attonito.
«Sono i guerrieri aquila. Si trovano solo ad Acatitlan, e da decenni vengono addestrati dal Vecchio Rapace,  il più grande addestratore e allevatore di aquile della intera valle.»
Barry deglutì. I Guerrieri Aquila incombevano molto più timore dei Guerrieri Giaguaro.
«Come facciamo ad entrare?» Domandò il ragazzo squadrando la barriera che si avvicinava ad ogni suo passo.
«Mio padre era conosciuto da queste parti.» Rispose sicura la ragazza.
La grande barriera, che si frapponeva per l'ingresso della città e che assumeva dimensioni sempre più mastodontiche, era un imponente costruzione fatta per lo più in pietra. Presentava degli archi sui cui presidiavano i guerrieri aquila, e  il portale in legno era abbastanza grande da far passare un gigante. Di fianco alla porta, un grosso emblema di cotone posto su un palo, che ritraeva un aquila con le ali spalancate, crepitava a causa delle forti folate di vento.
Macaria, impavida, si accinse a raggiungere la posizione di un guerriero aquila, ma Barry le serrò la mano attorno al braccio. «Sei sicura di quello che fai?» Le domandò corrucciando la fronte.
Ma Macaria si divincolò, eppure i suoi nervi facciali erano contratti, come se fosse costretta a varcare la soglia di Acatitlan.

Ad un tratto, un guerriero con il solo volto scoperto si scorse da un arco della barriera. «Cosa porta la signora ad entrare ad Acatitlan?»
Macaria senza indugio ripose con il suo solito tono seccato: «Sono la figlia dell'Aquila Reale.» Il guerriero si ritrasse e indugiò per qualche secondo, poi scomparve.
Il padre di Macaria veniva chiamato Aquila Reale?  Il ragazzo non ricordava se Macaria gli avesse mai parlato del padre, non che discutevano molto.
Barry avvertì delle dita strattonare i suoi abiti. Si girò versò Tlachinolli e il bambino gli fece segno di inginocchiarsi. «Aquila Reale è stato il più valoroso guerriero aquila che Acatitlan abbia mia conosciuto. Si narra che da solo, con il suo arco e la sua vista da avvoltoio, potesse far fuori cinquanta uomini in un batter d'occhio.» Bisbigliò il bambino.
Barry rimase perplesso. Poteva credere alla parole di Tlachinolli?
Il misterioso portale della barriera si spalancò cigolando  e lasciando dietro sé un concentrato agglomerato di catapecchie in legno. Quasi alla fine delle logore costruzioni la terra subiva un'incurvatura. Un nauseabondo odore di carne putrefatta saltò all'olfatto del ragazzo.
Il soldato, che poco prima scomparve, ricomparve sulla soglia. «Prego signora. il Riverito Oratore vi aspetta.»

Il Riverito Oratore di Acatitlan aspettava Macaria?, per quale motivo? Si domandò Barry e la sua mente fu presto invasa da pensieri sibillini.
Al di là dell'agglomerato di capanne, un ragazzo comparve dalla curva, e si diresse verso Macaria.
«Macariaaa.» Berciò, e appena la ragazza lo vide i suoi occhi si riempirono di una luce riflettente. Macaria e il ragazzo si lasciarono andare ad in un intimo abbraccio che durò un po' troppo per Barry, infatti il ragazzo distorse il naso e un impeto di gelosia lo travolse procurandogli un aggrovigliamento dello stomaco.
«Pensavo che gli dei ti avessero accolta, sorellina.» Pronunciò il ragazzo distaccandosi da Macaria.
Barry si volto, e scaricò tutta la tensione in un sospiro, che Tlachinolli vide iniziando a sghignazzare ponendosi una mano dinanzi alla bocca.
«Pensavo fossi morto anche tu, Izel.» Disse Macaria rauca asciugando le lacrime sul volto del fratello.

Il Quinto Sole - La Grande Battaglia [COMPLETATA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora