Capitolo 3

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"E così sono andata via. Era inutile restare lì. Ho provato più volte a far ritornare le cose come prima con i miei genitori, ma loro erano come indifferenti a tutti i miei sforzi. Volevo ricominciare a essere amata come quando ero piccola, ma ho capito che era tutto inutile, che quella bambina non ritornerà mai indietro. Il loro amore nei miei confronti non tornerà mai". Concludo il racconto iniziato poco fa.

Abbasso lo sguardo e una lacrima scende sul mio viso seguita dalle altre.
Federico non dice nulla. Si limita ad avvicinarsi e in un attimo sento le sue braccia forti e calde intorno al mio corpo. Mi stringo di più a lui e scoppio in un pianto liberatorio. Nelle sue braccia mi sento al sicuro, come quando da piccola volavo in alto sull'altalena ma non avevo paura di cadere, perché c'era mio padre pronto a prendermi.

Federico mi stringe di più a lui e inizia ad accarezzarmi lentamente la schiena. Appoggio la testa sul suo petto e sento il suo profumo entrarmi nelle narici. Chiudo gli occhi per godermi quel momento, mentre le lacrime iniziano a diminuire. Federico mi lascia un bacio sulla tempia.

Dopo un po' mi stacco a malavoglia dalle sue braccia e subito ne sento la mancanza.

"Grazie". Dico sorridendo leggermente e abbasso la testa per l'imbarazzo.

Federico mi mette due dita sotto il mento, mi alza la testa e con il pollice mi asciuga una lacrima rimasta sul viso.

"Non ho fatto nulla di particolare, ti ho solo consolata vedendoti piangere, o almeno ci ho provato." Il suo tono di voce è diventato più basso e allo stesso tempo più rassicurante.

"Invece sì. Mi hai ascoltato in silenzio senza farmi domande. Quando mi hai vista piangere mi hai solo abbracciata, e fidati, quell'abbraccio ha parlato più di mille parole." Ammetto sinceramente.

Gli sorrido leggermente e lui ricambia.

Restiamo in silenzio per un po' di tempo, fino a quando decido di interromperlo.

"Ti ho raccontato molte cose di me e devo dire che mi conosci abbastanza bene, ma che ne dici di raccontarmi qualcosa su di te?"

"Va bene. Cosa vuoi sapere su di me?"

"Dimmi quello che vuoi. Voglio che tu sia libero con me nel raccontare della tua vita, come lo sono stata io con te."

"D'accordo. Iniziamo allora". Sorride. "Mi chiamo Federico, ma questo già lo sai. Ho 22 anni, sono nato e cresciuto a Modena, e magari vivrò per sempre a Modena. Qui è dove ho vissuto i miei momenti più belli, soprattutto con mio padre."

A pronunciare quelle parole il volto di Federico cambia espressione: i suoi occhi diventano lucidi mentre si morde il labbro inferiore per evitare di scoppiare a piangere.

In quel momento mi sento così impotente davanti al suo dolore, vorrei stringerlo e dirgli di piangerle quelle lacrime, di non tenerle per sé, di vivere quelle emozioni, ma mi limito a poggiargli una mano sulla spalla e lui mi sorride riconoscente per quel piccolo gesto.

"Ti va di continuare?" Gli chiedo con un tono di voce più dolce.

"Si. Voglio raccontarti tutto."

Accarezzo la sua spalla e lui mi guarda negli occhi. In quel momento capisco che anche lui si fida di me.

Sospira leggermente e continua a parlare.

"Come avrai già capito mio padre non c'è più, mi ha lasciato circa tre anni fa ma continuo a sentire la sua mancanza in tutto quello che faccio." Federico guarda davanti a sé e continua a parlare. "È stato lui a farmi avvicinare alla musica. Canto e suono la chitarra da quando ero piccolo. Mio padre mi è sempre rimasto vicino in tutto. In ogni mia vittoria c'era sempre lui vicino a gioire con me e spingermi a fare sempre meglio. Nelle sconfitte mi restava vicino e mi aiutava a rialzarmi. Sai, quando la mia ultima storia è finita, poco dopo la morte di mio padre, mi sembrava di morire. Il dolore era insostenibile. Non ero più lo stesso di prima. Sorridere sembrava sempre più difficile e non riuscivo più a vedere i colori nella mia vita. Vedevo solo grigio e nero. La voglia di andare avanti, di vivere era sparita. La mia non era più vita, ma era diventata un continuo sopravvivere.
Un giorno decisi di cambiare, di dare una svolta alla mia vita. Non prendevo la chitarra dal giorno della morte di mio padre. Avevo paura che prendere in mano quella chitarra mi avrebbe fatto ricordare di mio padre, dei momenti vissuti con lui, ma lo feci. Presi quella chitarra e affrontai tutte le mie paure. Iniziai a suonare e mi accorsi che mi sbagliavo. La musica da quel giorno è diventata il mio rifugio. Cantare e suonare la chitarra sono gli unici modi per sentirlo vicino a me. A volte riesco quasi a vedere lui che mi guarda fiero. Fiero di ciò che sto facendo."

Federico guarda ancora una volta davanti a lui, mentre sorride leggermente, nonostante le lacrime agli occhi. In quel momento capisco che sta pensando a suo padre.

Una lacrima mi riga il viso e velocemente la asciugo.

Federico si gira verso di me e mi guarda negli occhi.

"Ti ho raccontato la parte più intima e profonda di me, che non ho mai raccontato a nessuno."

"Perchè lo hai fatto?"

"Semplice. Perchè mi fido di te". Ammette, incontrando i miei occhi.

Give me love like never before || Federico Rossi (In revisione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora