Capitolo 40

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Federico.

Maggio lascia il posto a Giugno, portando con sé giornate piene di sole e di caldo.

È passato ormai un mese da quel giorno, dal giorno in cui le ho chiesto di essere la mia ragazza.

In questo mese le cose sono andate bene, e se possibile, anche meglio di prima.

La sento sempre più vicina, sento che giorno dopo giorno i miei sentimenti verso di lei crescono sempre di più e sembra essere lo stesso anche per lei, ma non nell'ultimo periodo.

La sento sempre più distante e sento che sto quasi per perderla.

Non ho idea a cosa sia dovuto questo comportamento ma tutto ciò che riesco è starle vicino più che posso.

Il sole che filtra dalle tapparelle della mia camera inonda la stanza con i suoi raggi e mi costringe a svegliarmi per affrontare questa ennesima giornata.

Scivolo fuori dal letto per poi indossare i vestiti ammucchiati in un cumulo disordinato sulla sedia e scendo giù in cucina, dove in teoria dovrebbe esserci mia madre, ma al suo posto, sul tavolo bianco della cucina, trovo solo un biglietto di piccole dimensioni con sopra una scritta.

"Sono uscita per delle compere.
Sarò a casa per le dieci."

Do un'occhiata veloce all'orologio a muro vicino al frigo e noto che manca un quarto d'ora al suo ritorno.

Prendo un cornetto alla crema dalla dispensa e lo mangio in piedi appoggiato al bancone, prima di gettare via l'involucro di plastica che lo avvolgeva e scrivere a mia volta un biglietto dove avviso che sarei uscito.

Afferro le chiavi della mia macchina dal mobile posto vicino all'ingresso e esco di casa, salendo sulla mia macchina.

Percorro il tratto di strada che separa casa mia da quella di Giulia lentamente, ammirando il profilo delle case illuminato dalla luce del sole, quasi come se fosse la prima e l'ultima volta che posso guardarli.

Parcheggio la macchina al solito posto, ormai sempre vuoto, quasi riservato a me, e scendo, prima di chiuderla a chiave.

Percorro il vialetto fino ad arrivare alla porta d'entrata, e con mio grande stupore, noto che è socchiusa.

Brandelli di parole e singhiozzi mi arrivano a tratti alle orecchie, ma ben presto capisco che la persona dall'altra parte sta parlando con una segreteria e non con una persona in carne ed ossa.

Non riconosco la sua voce spezzata dai singhiozzi fino a quando non apro la porta e la trovo lì, in piedi, una mano poggiata al piccolo tavolino, quasi a sorreggersi e il telefono poggiato vicino all'orecchio.

"Mamma, papà, adesso sono finalmente felice."

A sentire pronunciare quelle parole, la delusione e la rabbia si fanno strada dentro di me.

Riesco finalmente a capire che il motivo per cui la sento sempre più distante e lontana da me sono loro.

Prende un profondo respiro e si asciuga le lacrime, ma nel momento in cui i suoi occhi incontrano i miei, il telefono le cade da mano, rimanendo legato al filo a spirale.

Francesca.

Asciugo le lacrime dal viso con il dorso della mano, riavvicinando poi l'apparecchio, sto quasi per parlare di nuovo, ma le parole mi si bloccano in gola non appena i miei incontrano i suoi occhi.

Non sono del loro solito colore azzurro, sono cupi spenti, in cui leggo solo delusione e tristezza.

"Non posso crederci."

Give me love like never before || Federico Rossi (In revisione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora