Capitolo diciannove

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<Signorina Chapman.. Che, che cosa devo fare?!> La mia segretaria è rimasta ferma davanti alla mia scrivania, dopo che ha pronunciato il suo nome, ho avuto un tuffo al cuore, in quel momento il tempo si è fermato, in cui i ricordi sono riaffiorati, più vividi.

<Ah.. Dalla... Dalla a me.> Mi metto un piede goffamente, sbattendo la poltrona contro il muro e tendo la mano tremante verso di lei, aspettando che metta la busta fra le mie mani.

La donna fa un passo avanti, poggia la lettera nel palmo della mia mano, guardandomi confusa, ma senza chiedere niente.
Quando la carta entra a contatto con la mia pelle, i ginocchi diventano molli, come gelatina.
L'idea che dentro quel pezzo di carta, ci siano parole che ha scritto Alex, fa vibrare tutto il mio corpo, scuotendolo come un terremoto.

Fisso i miei occhi sulla busta celeste, sulla parte frontale c'è scritto il nome di Alex, deve avere usato un pennarello fine, nero.
Dall'altra parte invece, il nome dell'azienda, il paese e il mio nome.
Avvicino la carta e strizzo gli occhi, per leggere meglio..
Controllo attentamente l'ortografia, non sembra di Alex, anzi sono sicura che non lo è, perché lei fa la P, in modo diverso, più steso e romantico.

Apro velocemente la carta, sbarazzandomi della busta, quando la lettera piegata in quattro si ritrova fra le mie mani, l'annuso intensamente, non ci sono dubbi, è il profumo di Alex.

Mi siedo sulla poltrona dietro di me, impiego qualche secondo, forse minuti, prima di aprire il foglio, davanti ai miei occhi.

Scorro veloce lo sguardo sulle parole, soffermandomi ogni volta, che Alex sottolinea il suo dolore.
Non so dirvi, quante volte sia morta leggendo le sue parole.

Quando arrivo alla riga finale, scoppio a piangere, mordo il dorso della mano, per non farmi sentire e chiudo a chiave la porta dell'ufficio.
Sono attimi di insicurezza, in cui mi cullo fra le righe di quella lettera, come fossero le sue braccia.

Sono attimi in cui mi domando, se non avessi già il mio destino, fra le mani e stupidamente l'ho lasciato scivolare fra le dita, come polvere.

Toc, toc. Qualcuno bussa alla porta. Mi ricompongo, con un fazzoletto di carta tolgo il mascara nero, che è colato sulle guance, poi domando chi è, con la voce meno rotta possibile.

<Sono io, Mary.> Dannazione, proprio adesso!? Nascondo la lettera sotto ai documenti e vado ad aprire la porta, con un sorriso stampato in volto.

<Volevo ricordarti che abbiamo un meeting fra qualche ora.> Lascia nelle mie mani alcuni appunti, che si riferiscono agli argomenti del meeting. La ringrazio cordialmente, senza smettere di sorridere.
Se rilascio la tensione dei muscoli facciali, giuro che scoppio a piangere di nuovo.

<Tutto bene..?> Domanda confusa, piegando la testa da un lato, scrutando meglio il mio viso.

<Si, si. Sono solo molto stanca e stressata per il lavoro.> Mento, pretendendo che sia una cosa da niente, quando invece, mi è appena crollato il Mondo addosso.

<Puoi farcela. Io so chi sei.> Mi fa l'occhiolino e poi si guarda intorno, assicurandosi che nessuno ci stia tenendo d'occhio, dopodiché si sporge in avanti, lasciando un bacio veloce sulle mie labbra, al quale non rispondo, anzi tutt'altro.
Continuo a tirare le labbra tirate in un sorriso patetico, mentre Mary bacia furtivamente il mio labbro superiore.
Se ne va, alzando la mano e muovendo le dita ritmicamente, in un saluto apparentemente normale.

Alex e Piper 2 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora