Capitolo trentasette

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<Potrei denunciarti per favori sessuali.> Pianto le mani sulla sua scrivania, fissandola con tutta la rabbia che in questo momento mi assale dal profondo del mio essere.

<Ah certo..> Sorride beffarda, ricontrollando le carte sopra al tavolo. Sta pensando al lavoro, come se io non fossi davanti ai suoi occhi, come se lei non mi avesse appena ricattato, per Mary è una semplice giornata di lavoro, abitudinaria, non ha niente di speciale <E che cosa diresti in commissariato? "Ho pregato il mio capo di ritirare la denuncia della mia donna, ma lei mi ha chiesto di andare a letto insieme.. Buu-buu."> Imita la mia voce, o almeno ci prova e aggiunge anche qualche lacrima finta, pretende di essere davanti ad un qualsiasi poliziotto, buono o cattivo che sia, ha ragione, finirei nei guai anch'io e non ho prove che lei mi abbia ricattato.
Sarebbe la mia parola contro la sua schiera di avvocati.

<Mary.. Alex non ti ha fatto niente, lo so ha reagito d'impulso, è un suo grande difetto, ma tu non ti sei tirata indietro.. Insomma hai riposto alla violenza, con la violenza.> Mi lascio cadere sulla poltrona, allargando le braccia sui braccioli e alzo lo sguardo verso il soffitto, dove immagini ripetute di quella notte ripercorrano in punta di piedi la mia mente.

<Io ho sbagliato, lo so. Però non ti ho mai illusa, ti ho sempre detto che amavo Alex, anche quando andavamo a letto insieme, non puoi scaricare su di lei...> Mi interrompe, fa rotolare la penna sulla scrivania. Il tappo metallico produce un rumore leggero sul legno mentre cade verso il bordo arrotondato, un rumore che arriva alle mie orecchie amplificato dieci volte, come se avesse lanciato un'ancora, invece che una semplice penna.

<Quindi è questo il punto? Credi che io abbia denunciato Alex per te?> Fa una smorfia disgustata, indicandomi con l'indice.
Beh.. Si. Mi pare evidente, per cos'altro sennò?

Non rispondo, ma le basta il mio silenzio per intuire i miei pensieri e scoppiare in una risata, ma questa non è scenica, è reale.

<Non mi interessi Piper. Avevo già ottenuto ciò che volevo da te. La mia collera è dovuta al mancato rispetto, al fatto che una borghese abbia osato calpestarmi, a me! Io che sono un Dio delle imprese e del commercio, una semplice magazziniera mi ha picchiata.> Il veleno che esce dalle sue parole punge la mia pelle, posso intravedere la lingua biforcuta sibilare fra i denti appuntiti.

Tutto questo per orgoglio!?

<Tu hai mandato Alex in carcere per uno stupido capriccio?> Le domando scattando in piedi, nella foga del momento la poltrona si rovescia all'indietro, ma nessuna delle due ci fa caso <Avrei preferito mi dicessi che l'avessi fatto per amore, almeno era una ragione plausibile, ma l'hai fatto per puerile orgoglio?> Grido arrabbiata, così forte che faccio tremare non solo il vetro che circonda l'ufficio, ma anche il pavimento, il soffitto, le pareti.. Persino i nostri corpi, il mio viene scosso da una scarica di adrenalina, mista a rabbia e il suo dalla mancata vergogna.

<Badi a come parli nel mio ufficio.> Puntualizza a denti stretti, la sua voce esce meccanica, un leggero sospiro, spezzato dalle mia urla.

<Ritira la denuncia, o giuro che quello che ti ha fatto Alex è niente in confronto a ciò che ti farò  io.> Sbatto il pugno sulla scrivania, le nocche colpiscono con forza quel legno massiccio, ma non abbastanza spesso da non piegarsi sotto la mia collera.
Si inclina leggermente al centro, lasciando delle crepature sulla scrivania e un buco al centro.
Aspetto qualche secondo, prima di togliere la mano dall'incavo che ho lasciato io stessa.

<Non mi fai paura. E non mi farai mai paura, perché io ho una cosa che ti alletta molto..> Sorride maliziosa, con quel tanto di cattiveria che basta a farmi venire i brividi.
Non domando niente, resto in silenzio, aspettando che sia lei a dirmelo.

<Ho la libertà di Alex in pugno. E la sto condividendo con te.> Mi spiega gesticolando. Sta per farmi uno dei suoi discorsi psicologici, quelli in grado di fotterti la mente, stiamo per entrare in acque tortuose e non sono sicura di sapere nuotare.

<La vita della donna che ami dipende da te. Verrai a letto con me? Tornerai in Norvegia? È nelle tue mani adesso. Pronuncia le due lettere che voglio e Alex tornerà libera.> Il suo discorso mi abbatte, come un vecchio albero marcio, che viene falciato con due colpi precisi sul tronco.

Alex avrebbe più libertà stando in prigione, o sapendo ciò che ho dovuto fare per farla scagionare?

Proprio in quel momento mi squilla il telefono. Lo afferro velocemente e guardo lo schermo.
È Alex.
Dò le spalle a Mary, avvicinandomi il più possibile alla porta e con un dito tappo l'altro orecchio, rispondendo con più disinvoltura possibile.

<Ciao amore, come stai?> Inizio sorridente, anche se non può vedermi, so che sentirà il mio sorriso sfiorarle la pelle e abbracciarla per me.

<Male. Piper non sono ancora in una vera cella, che già ho paura di tornarci. Non ho mangiato per due giorni, perché sono l'ultima arrivata e non bastava il cibo per tutte, così l'hanno tolto a me. Una donna mi ha minacciato con un coltello, puntandolo alla mia gola.. E sai per cosa? Delle caramelle. Delle fottute caramelle! Non posso vivere così, non ce la faccio. Non posso diventare come loro, non adesso che mi sono disintossicata dalla prigione.> Chiudo gli occhi. Conosco bene l'inferno che sta passando e in un modo o l'altro, ci siamo dentro entrambe, ma se la lascerò là dentro, starà così male, che quando si rifletterà allo specchio, non riconoscerà la sua immagine.

<Non ti preoccupare.> La rassicuro, voltandomi verso Mary, la quale tiene lo sguardo fisso su di me, ha le braccia conserte e la labbra serrata in una linea dura <Ho trovato una soluzione.>

Gli angoli della bocca del diavolo si alzano leggermente, mostrando un sorriso vittorioso.

È per Alex, non posso tirarmi indietro, non dopo tutte le volte che lei ha salvato me.

Alex e Piper 2 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora