Capitolo ventitre

999 60 19
                                    

Tre giorni dopo...

PIPER:

Sono comodamente seduta sulla mia poltrona, mentre leggo e rileggo le pratiche.. Stiamo per concludere un buon affare e se va in porto, potrei assicurarmi un posto fisso, non solo temporaneo.

<Andrà bene.> Mary mi rassicura, è seduta sopra la mia scrivania, tiene le gambe accavallate, per mostrare le curve, perfettamente stilate.

<Non sono preoccupata.> Mi difendo, mentendo spudoratamente.
Con Alex era diverso, potevo mostrarle la mia vulnerabilità, senza vergogna. Quando ero con lei, mi toglievo ogni velo, restando nuda e pronta al suo giudizio, che poi risultava essere più un discorso d'incoraggiamento, che critiche mirate a migliorarmi.
Ma con Mary, non posso. Lei è una donna tutto d'un pezzo, una di quelle che non si toglie mai la maschera, nemmeno quando resta sola, altrimenti vedrebbe la vera lei e potrebbe restare spaventata, nello scoprire che è un comune essere vivente e da tale, anche lei ha le sue crepe, dove gli altri potrebbe colpire.
E invece no, non si scopre mai, si difende con professionalità e freddezza, nasconde i suoi punti fragili con astuzia, mostrando solo la parte che più la valorizza: l'indifferenza.

<Meglio così, perché andrà bene.> Ripete, sfogliando per l'ennesima volta le pagine di giornale che la ritraggono.

Per fortuna le squilla il telefono e sembra essere una telefonata abbastanza importante, (quindi fondamentalmente di lavoro) perché lei mi saluta velocemente, uscendo dall'ufficio, senza nemmeno fermarsi a darmi un bacio.

Tiro un sospiro di sollievo, una volta che resto sola. La sua presenza mi opprime a volte.
Ha rilasciato un'intervista, in cui dichiarava che eravamo ufficialmente una coppia, perché rilevare che io sono semplicemente la sua bambola, era troppo peccaminoso, per una donna della sua portata.

<Signora Chapman..> La mia segretaria fa capolino, pochi secondi dopo.
Mi domando se esitasse ad entrare, per colpa di  Mary, la quale intimorisce quasi tutti in ufficio, schiacciandoli sotto i suoi tacchi di Gucci, come fossero piccoli insetti.

<Dimmi.> Le rivolgo uno sguardo speranzoso, come faccio da un pezzo a questa a parte, perché è stata proprio lei a portarmi la lettera di Alex. Ogni qualvolta che entra, spero di rivederla in piedi, stringendo fra le mani una busta, che porta il mio nome e l'inconfondibile odore di Alex, ma anche stavolta vengo delusa.

Nelle sue mani ci sono solo cartelle lavorative, alle quali ormai non faccio più caso.
Riabbasso lo sguardo e sento la donna avanzare verso di me, poggia un foglio bianco davanti ai miei occhi e mi chiede di firmarlo.

<Che cos'è?> Domando confusa, leggendo velocemente le prime righe e le ultime, che si rivelano sempre essere quelle più essenziali.

<Il suo consenso.> Mi guarda sorpresa, come se io dovessi sapere esattamente che cosa sto per firmare, quando invece non ne ho la più pallida idea.

<Il mio consenso per cosa?> Chiedo, inclinando la testa e aspettando una risposta, che lei sembra avere.

<Per il viaggio a New York.> Rispondo con un sorriso allegro, sperando che mi torni in mente qualcosa, ma niente. Resto immobile a fissarla, come se avesse appena pronunciato la sentenza finale, di un combattuto confronto.

<Qual.. Quale viaggio a New York?> Balbetto, il mio fiato si fa sempre più corto.
New York, ho capito bene? La città nella quale ho perso tutto, sto per tornare a New York?!

<Signora Chapman, credevo che l'avessero avvertita. Il suo aero partirà domani alle tre del pomeriggio, mi dispiace prenderla alla sprovvista.> Abbassa il capo, sentendosi terribilmente in colpa, come se fosse compito suo avvertirmi di certe partenze.
Oh no, è Mary che si occupa di tutto, allora perché io non ne sapevo niente?!

<Domani!!?> Scatto in piedi, stringendo il foglio fra le mani e restando a bocca aperta.
La donna fa un passo indietro, sempre con la testa china.

<Va a chiamare Mary.> Le dico a denti stretti, mentre mi risiedo con classe, davanti ad un foglio, che ha spezzato la mia giornata.

ALEX:

Sono passati tre giorni e due notti, da quando ho visto quella foto sul giornale.
L'immagine non vuole saperne di uscire dalla mia testa, ho memorizzato ogni singolo dettaglio, come era messa la mano, il movimento delle dita sui fianchi di Piper e il braccio stretto sulle spalle della donna.
Ricordo ogni colore, dai vestiti sgargianti, alle scarpe argentate, fino agli accessori dorati, ben coordinati con il tutto.
Non dimentico nemmeno i lineamenti della donna, perfetti e sublime, capaci di attirare qualsiasi essere umano.
E poi, il sorriso tirato di Piper, gli occhi sul l'obiettivo e le caviglie incrociate.
Rivederla è stato un altro colpo al cuore, forse quello finale e decisivo.
È come se per tutto questo tempo, avessi vissuto con dei coltelli piantati nel corpo, che mi facevano un male terribile e che stessi aspettando solo la pugnalata decisiva.
Ed eccola qua.
Arriva sempre quando meno te l'aspetti.

Sono contenta di avere un lavoro, la mattina mi concentro sul mio compito e non penso a nient'altro e anche se il pomeriggio torno a casa con la schiena dolorante, almeno il cuore riposa un po'.
E poi Nicky è passata a farmi visita più spesso, sta programmando ogni dettaglio per andare al cinema, dice che sarà il film più bello di tutti i tempi e anche di questo sono contenta.. Se parla, non dobbiamo scopare, il che è ottimo, perché non sono dell'umore giusto.

Dannazione! Piper Chapman, non potevi fottere la vita di qualcun'altro?

PIPER:

<Che c'è di tanto urgente?> Si lamenta Mary, entrando nel mio ufficio con il suo smartphone in mano. Vorrei buttarlo a terra e pestarlo con tutta la forza possibile.

<Come che c'è?!> Grido arrabbiata, al che la donna ripone via il telefono, degnandomi della sua attenzione.

<Oggi mi è arrivato questo.> Sbatto con forza il foglio sulla scrivania e incrocio le braccia al petto.
Mari mi guarda senza capire, piuttosto irritata, ma a quanto pare il leone, non ha coraggio di sfidarmi. Le faccio segno di avvicinarsi e leggerlo e lei lo fa.

<Non mi avevi detto niente.> Le dico con tono più calmo, ma mantenendo sempre una certa freddezza nella mia postura.

<Mi è passato di mente! Chissà cosa credevo che fosse successo. Prepara le valigie e partiamo.> Mostra i palmi delle mani, come se avesse appena risolto un enigma, mostrandomi che la soluzione era più semplice del previsto.

<Io non vengo a New York. Chiedi a qualcun'altro.> Le passo il foglio, vedendo sfumare davanti ai miei occhi, l'unica opportunità di rivedere Alex.

<Tu devi venire.> Si piega davanti alla scrivania, porgendomi nuovamente il foglio, bruscamente.

<Secondo te perché mandano noi?> Aspetta che le dia una risposta, ma invece voglio che sia lei a darmela, così resto in silenzio <Per chiudere l'affare Piper! Elisabeth, la donna con la quale dobbiamo firmare le ultime cose, sarà a New York domani e si fermerà per tre giorni. Non puoi farti scappare questa occasione.>

<Si, ma io...> Provo a replicare, venendo ovviamente interrotta

<Ma niente! Prepara le valigie, domani partiamo.> Mette una penna sopra al foglio e attende che io lo firmi.
Ci penso su, potrebbe davvero essere un'occasione irripetibile, non solo per l'affare...

Prendo la biro fra le dita e ci metto la mia firma, dopodiché chiama la mia segreteria, che entra titubante nell'ufficio ed esce il più fretta in possibile, dopo aver preso il foglio.

<Ah e Piper. Non disturbarmi più.> Mi minaccia Mary, ed esce sbattendo la porta.

Alex e Piper 2 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora