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Christopher

     «Beh. . . non è andata male alla fine.» Dico a mio fratello mentre preparo il mio bagaglio per poter tornare a Londra.

«Davvero?» Sembra scettico, ma non mi meraviglia poi molto.

Anche se parliamo leggermente di più e senza un insulto ogni due parole, non c'è comunque un'alta considerazione fra noi due.

«Sì! Cioè. . . se il signor Chad avesse avuto l'opportunità credo proprio che mi avrebbe sparato, però alla fine hanno deciso di lasciare a lei la scelta.» Mi infilo una felpa con la zip e cappuccio a fantasia mimetica e poi chiudo il borsone con un unico strappo.

«Saggia decisione!» È tutto quello che mi risponde.

Non aggiungiamo altro sulla questione, ci salutiamo e io mi faccio portare con la macchina di casa a Dublino.

     Sono le 6 del pomeriggio quando arrivo finalmente sotto casa di Olivia.

Suono il campanello, ma non risponde nessuno, così decido di prendere da bere nel bar di fronte. Fortunatamente c'è un tavolo libero proprio davanti alla vetrata che da sulla strada e da qui posso tenere d'occhio il portone e tutta la situazione.

Prendo un latte macchiato, un muffin noci e mele, e mi accingo ad aspettare il suo ritorno, ignorando la cameriera che tenta spudoratamente di flirtare con me, arrotolandosi le corte ciocche nere con un dito, mordicchiandosi le labbra mentre mi chiede ogni cinque minuti se mi occorre altro. E dire che un tempo non ci avrei messo molto per chiederle il numero di telefono!

Dopo mezz'ora ancora nulla, così mi prendo un altro muffin, ma non faccio in tempo a dargli il primo morso che la vedo apparire da dietro l'angolo della palazzina color crema affianco a quella dove c'è il suo appartamento

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Dopo mezz'ora ancora nulla, così mi prendo un altro muffin, ma non faccio in tempo a dargli il primo morso che la vedo apparire da dietro l'angolo della palazzina color crema affianco a quella dove c'è il suo appartamento. Pago e mi fiondo fuori, lasciando sul tavolo il muffin completamente intatto e forse cinque o sette euro in più rispetto al conto. Va beh. . . mancia sostanziosa per la cameriera tutta sorrisi e moine.

Sono agitato, mi sudano i palmi delle mani e la bocca all'improvviso è più arida e asciutta del deserto del Sahara. Non so da che parte iniziare il mio discorso, ma, mentre mi sto per avvicinare, noto quel tipo, l'armadio a due ante che ho visto con lei l'ultima volta, andarle in contro. Per istinto mi nascondo dietro a una Ford Kuga parcheggiata sulla strada e prendo a osservarli. Da qui non riesco a sentire una benemerita mazza di cosa stanno parlando, ma dalle loro facce sembrano discutere.

Bene! Sorrido fra me e me come un'idiota, ma il sorriso scivola via in un soffio quando lo vedo abbracciarla.

Ehy, ehy, ehy! Un momento! Giù quelle zampacce da ippopotamo da lei!

Sono sempre più agitato. E quando vedo King-Kong baciarla e lei che non lo respinge sto per spaccare lo specchietto dell'auto con un pugno dal nervoso. Vorrei andare lì e prenderlo a pugni sul grugno, ma so che non sarebbe un ottimo bigliettino da visita per rientrare nelle sue grazie. Così ingoio il rospo e attendo che levi le tende, promettendomi di intervenire esclusivamente se prova a entrare con lei.

Quello Che Cercavo - quando l'amore vince sulla logicaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora