Capitolo 15.

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Due settimane dopo..
Sono due settimane che non vedo Charlie e Cameron. Sierra è sempre stata con me e spesso mi ha detto che Cameron le chiedeva di me.

Non ho più sentito Charlie nonostante io avessi sbagliato con lui e non mi ha più cercata o chiamata.

I miei genitori hanno saputo del piede e sono venuti qui, ma quando mi hanno chiesto cosa fosse successo non ho saputo dirgli la verità.

Sierra mi ha raccontato che a Cameron sono rimasti dei segni visibili sul viso e non esce di casa da quando è successo quel casino.

Il mio piede non è nel migliore dei modi. Infatti ho dovuto mettere il gesso.

Sono due settimane che sono un fottuto letto e ho bisogno d'aria fresca. Non avendo altro da fare, avevo progetto di andare al lavoro ieri.

Già, ieri. Ma oggi il mio letto sembra così morbido e caldo e sembra voglia tenermi a sé e mi attira a sé come una calamita. Oh, mio caro letto, non posso abbandonarti.

La sveglia suona sul comodino della mia stanza e quel fastidioso suono mi ronza nelle orecchie come una mosca. Dio, quanto odio. Tra 5 secondi la butto a terra.

La porta si spalanca portando con sé uno spiraglio di luce. Mi copro subito gli occhi con le mani che manco un vampiro, cioè. Quella luce è così fastidiosa.

Una figura in giacca e cravatta si presenta nella mia stanza. So già di chi si tratta.
"Hey Leigh, sei sveglia?" Mugolo e papà mi viene vicino e si siede sul letto.
"Hey, come sta il piede?" Mi dice accarezzandomi i capelli.

É strano come si comporti con me da due settimane, sembra più preoccupato..è come se ha paura che qualcosa possa ferirmi, purtroppo, però, non sa che sono già ferita, non sa che sono a pezzi e questo non dovrà mai saperlo.

"Va bene papà, sto bene." Dico con voce roca.
"Sei sicura di voler andare a lavoro?"

Da una parte assolutamente no perché ciò equivale a lasciare il mio letto. Dall'altra parte voglio respirare, sentirmi libera e non chiusa in una stanza per altri giorni, non lo sopporterei.

"Si, papà, sono sicura." Mi sorride preoccupato e mi aiuta ad alzarmi, dopodiché chiama la mamma che mi aiuta a vestirmi.

Una camicia bianca ed un pantalone nero. I capelli sciolti e mossi e una scarpa nera al piede destro, quello che sta bene.

Tutto sarebbe perfetto se solo non avessi questo gesso.

Cosa ho raccontato ai miei? Già, bella domanda. All'inizio non sapevo che dire poi, come un lampo, mi venne un'idea.
Dissi loro che mentre stavo camminano presi una storta per strada mentre stavo camminando e non riuscivo a muovermi. Dissi loro anche che, fortunatamente, di lì a quell'ora e in quel momento passò Charlie che mi portò in ospedale.
Ora sono devoti a lui come un credente ad una santa.
Che grande immaginazione, no?

Dopo avermi aiutata a vestirmi, mia madre mi aiuta anche a scendere al piano di sotto per fare colazione.

Mi sono messa d'accordo con mio padre che saremo andati in azienda insieme visto che io non posso guidare o camminare con questo piede rotto.
Sarà qualche maledizione?

Facciamo colazione con calma e, dopo aver finito, ci dirigiamo verso la macchina. Papà sale dall'altra parte dell'auto dopo avermi aiutato a salire sul sedile del passeggero e mi lancia una sfuggente occhiata malinconica.
Decido di non farci caso e guardo cosa c'è al di fuori del finestrino.

Anche se sono appena le otto del mattino, migliaia di macchine scorrono per le strade affollate di New York. Case enormi e strade scorrono sotto ai miei occhi.

Le macchine si fermano a causa del traffico ed i rimangono incollati al finestrino: siamo davanti alla casa di Cameron.

Mi viene un colpo al cuore solo a guardarla. La porta si spalanca e un Cameron con una maglia bianca ed un pantalone nero si presenta fuori alla porta.

Ha dei lividi violacei sul viso e mi si stringe il cuore a pensare che la causa di quelli sia Charlie.

Le macchine iniziano lentamente a camminare mentre Cameron rimane sull'uscio della sua porta d'ingresso.

"Oh, guarda, quello è Cameron."
"Già.."

Come sempre mio padre ha delle brillanti idee, quindi suona il clacson e Cameron si gira da questa parte.

I miei occhi si incrociano con i suoi e lui sembra non crederci a ciò che sta vedendo. Il suo sguardo, però, sembra malinconico e mi sento subito in colpa.

Già, caro Cameron, sono uscita dalla mia trappola in cui sono stata chiusa per due settimane.

Non sembra uno scherzo del destino? Incontrarci non appena esco di casa intendo.
Sembra che ci sia qualcosa che ci lega nonostante tutte le difficoltà avute.

Fortunatamente le macchine iniziano ad avanzare veloci e in meno di mezz'ora siamo in azienda.

Saliamo in ascensore al nono piano.
"Leigh,ma è successo qualcosa con Cameron?"
"No papà, perché?" Mento.
"Aveva uno sguardo così malinconico."
Alzo le spalle.

Inutile dire che me ne sono accorta e non capisco cosa ha provocato in lui questo sguardo. Questo è il problema: non capisco Cameron.

L'ascensore si apre e il familiare pavimento si presenta davanti ai miei occhi. Mio padre mi porge le stampelle e mi dirigo verso il mio grigio e freddo ufficio.

Apro la porta e il ricordo di due settimane prima mi distrugge. La colpa è mia. Ciò che è successo qui è colpa mia.

Fisso il pavimento: mi sembra di vedere ancora il sangue di Cameron a terra. Invece no. È tutto pulito, ma per me sembra così sporco e malinconico, quasi terrificante.

Arrivò con fatica dietro alla scrivania e mi siedo comodamente. 'Iniziamo questa giornata.' mi dico.
****
Non so quante volte sia squillato il telefono del mio ufficio. Ormai la frase cordiale da dire al telefono l'ho imparata a memoria che potrei anche sognarla.

Bussano alla porta e dopo il mio permesso di entrare nella stanza, vedo sull'uscio della porta Charlie. Il completo grigio composto da giacca e pantalone con una camicia nera e le scarpe dello stesso colore che mettono in risalto i suoi occhi chiari.

"Hey." sussurro.
"Hey, ho bisogno di parlarti." Senza parlare, gli indico la sedia di fronte a me e lo invito a sedersi.

"Mi dispiace molto per ciò che è successo. Io non volevo e credo neanche il tuo amico." Ruota gli occhi al cielo. "Non sai quante volte ho avuto il timore di chiamarti per paura che mi dicessi che non volevi più vedermi. Non sai quanto ho pensato a te, prima di addormentarmi o appena essermi svegliato. Non sai quanto avrei voluto bussare alla tua porta e dirti che ti amo e che mi manchi. Si, mi manchi Leighton. Tanto." Mi dice tristemente.

"Ti ho pensato tanto in questi giorni Charlie..e volevo dirti che ciò che è successo è stata solo colpa mia. Mi dispiace molto, non sai quanto..comunque sia.." Rimango in silenzio per un po' e noto il suo sguardo preoccupato. "..mi manchi Charlie, mi manchi da morire." Dico e un sorriso enorme si forma sul suo volto.

"Mi perdoni?" Gli dico con voce strozzata.
Lui viene verso di me e mi bacia appassionatamente, dopo ci stacchiamo con i respiro affannati.
"Non farmi soffrire di nuovo." Mi sorride e mi bacia di nuovo.

Ho tutto ciò che voglio. Charlie mi ha perdonato, finalmente!

Never without you.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora