Capitolo 14.

4.2K 182 8
                                    

Mi alzo di scatto dalla sedia senza realizzare nulla. Non mi importa di essere al telefono o di essere al lavoro. Lo avrebbe saputo, certo, ma non pensavo assolutamente di dirglielo così.

"Charlie, no. Ti posso spiegare." Mi metto di fronte a lui chiudendo la porta per evitare che qualcuno ci senta.
"Che devi spiegarmi Leighton? Eh? E poi chi è questo Cameron? Qualche pivello che faceva parte della tua adolescenza?"
"Charl.."
"Non chiamarmi così, cazzo." Urla e sbatte la mano sul tavolo.

Le lacrime iniziano a pizzicarmi gli occhi e sono sul punto di piangere.

"Non avrei mai pensato o dubitato di te. Mai. E tu che cazzo fai? Sei qui da una settimana e già baci un altro?"

Piango più forte senza risponderlo. Non riesco nemmeno a guardarlo in faccia, ma in fondo me lo merito. Me lo merito di essere qui, con il buio che mi invade; mi merito di essere sola, senza nessuno al mio fianco.

"Charlie io ti amo.." Singhiozzo.
Mi prende il mento con due dita e mi fa alzare il viso verso di lui.
"Mi ami?" Annuisco. "Una persona che ama non tradisce, Leighton." Dice tranquillamente.

Il mare calmo nei suoi occhi sembra diventare agitato tutto d'un tratto.
I suoi occhi rossi mi facevano bruciare dentro, bruciare di vergogna, di senso di colpa.

Com'è brutto sentirsi così.

Come se stessi morendo dentro e nessuno potrà salvarti, finché non conosci una roccia e ti ci appoggi, ma a causa di un altro problema crolla. Il problema, però, è che il problema sei tu, troppo grande da accollarti o da farti sorreggere da una roccia, troppo problematica per incasinare gli altri.

"Perdonami." Piango ininterrottamente.

Ho sbagliato a reagire al bacio di Cameron, ma come farò senza lui?

"Smettila!" Urla con le mani nei capelli.
"Parliamone almeno."
"Di che cazzo dobbiamo parlare? del tuo tradimento del cazzo? Vaffanculo Leighton." Dà un calcio alla sedia posizionata accanto a me e per un momento ho pensato che mi stesse davvero dando un calcio.

Indietreggiò fino a che il muro non mi blocchi e lui mi guarda in cagnesco. Sto iniziando ad avere seriamente paura.

La porta si spalanca e un ragazzo in camicia e pantaloni neri e larghi si presenta nella piccola stanza.

"Hey Leigh, volevo chiedert.."
Guarda davanti a sé e poi si gira verso Charlie.

"Tu sei..?"
"Tu chi sei?"
"Beh, io sono..io." Sorride beffardo. Fossi in te non lo farei.
"Bene, vai via. Sei nell'ufficio della mia ragazza." Lo trucida con lo sguardo.
"Ahh, tu sei il famoso Charlie di cui parlava tanto!"
"Dimmi chi cazzo sei?"
"Con la calma si può ottenere tutto." Lo deride.
"Ti ho detto, chi cazzo sei."
"Io sono Cameron, tu sei Charlie, piac.." Non finisce di parlare che un pugno lo colpisce in pieno volto. Cameron è a terra con il naso sanguinante, mentre Charlie lo guarda furioso.

"Che cazzo ti prende? Eh?" Chiede Cameron toccandosi il naso.
"Tu, sei tu che hai baciato Leighton. È per colpa tua se ora sono un mostro per lei. Sei uno stronzo." Si fionda di nuovo su di lui, ma cerco di fermarli.

Mi aggrappo alla maglia di Charlie mentre lui riempie il viso di Cameron con pugni forti. Piango e urlo il suo nome fino a che, per sbaglio, mi lancia letteralmente dall'altra parte della stanza. Sbatto violentemente a terra e urlo.

I due ragazzi che si stavano azzuffando tra di loro si girano verso di me.
"Leighton!" Urla il mio nome e si avvicina a me mentre Cameron tossisce non riuscendo ad alzarsi.

Indietreggio a terra con la caviglia che mi fa male da morire e piango. Piango perché sono stata io la causa di tutto ciò. Piango perché sto tremando di paura.

"Non..non voglio farti del male Leigh.." Dice Charlie con voce strozzata. Scuoto la testa e lui cerca di avvicinarsi a me mentre io indietreggio.
"Leigh.." Le lacrime sembra che stiano scendendo dai suoi occhi.

Cameron, nel frattempo, riesce ad alzarsi anche se barcolla. Mi guarda. Non dice niente.
"Che le hai fatto?" Chiede calmo, Charlie non risponde e lui sputa sangue.
"Che cazzo le hai fatto?" Ora urla. Sembra strano che non sia venuto ancora nessuno qui.
Non risponde.

"Ti avverto che se le hai fatto del male, ti ammazzo." Dice e mi porge la mano per aiutarmi ad alzarmi. La prendo e cerco di alzarmi. In un primo momento ci riesco, ma dopo mi accorgo che non riesco a mettere il piede a terra. Il dolore è così lancinante e intenso che le lacrime mi scorrono sul viso.

"Dobbiamo portarla in ospedale." Sento Charlie dire e Cameron gli dice che lui non sarebbe venuto. Da qui inizia un nuovo battibecco sul perché Charlie non possa venire.

Discutono animatamente ed io sono sinceramente stanca.
"Coglioni." sussurro. Si girano verso di me con uno sguardo sorpreso.
"Portatemi in ospedale e dopo avermi portato a casa, dovete andare via dalla mia vita." Dico dura.

Mi sono stancata dei loro battibecchi, del fatto che comunque io sono davanti a loro e stanno discutendo su di me come se non ci fossi. Mi sono stancata di tutto anche se sono stata io a creare questo casino. Ma come potevo pensare che avrei potuto dirglielo civilmente se sentendomi parlare con Sierra, ha combinato questo casino?

Mi portano in ospedale e il medico mi dice di mettere una pomata due volte al giorno per una settimana. Se dovesse alleviarsi il dolore continuerò con la crema, altrimenti dovrò mettere il gesso.
****
Escono dalla farmacia e salgono entrambi sulla macchina alta e nera del mio ragazzo. Si può ancora definire tale?

"Hai bisogno di qualcosa?" Chiede Cameron. Sembra quasi preoccupato.
Scuoto la testa e torniamo indietro per accompagnare Cameron a prendere la sua macchina.
****
Apro la porta di casa mia. Dio quanto mi mancava.

Charlie mi aiuta a salire le scale che portano alla mia stanza e a stendermi sul letto.
"Come ti senti?"
"Bene." rispondo freddamente. Non ho intenzione di parlare con nessuno di tutti e due per ora.
"Leigh senti.." Lo interrompo.
"No, senti tu. Sono stanca, stanchissima. Stanca del vostro litigio, di ciò che avete combinato. Non riesco a guardarvi negli occhi e non voglio farlo. Non voglio vedervi, per ora."

Mi giro verso la finestra. Non voglio vederlo, non voglio vedere che espressione ha. Voglio solo che vada via.

Come se mi avesse letto nel pensiero e dopo aver afferrato il concetto, si alza dalla sedia posta vicino al letto e mi dà un'ultima occhiata prima di scendere e andar via.

Dopo aver sentito la porta sbattere sprofondo sul letto. Voglio dimenticare questa giornata. Voglio dimenticare ciò che è successo. Voglio dimenticare le botte, il dolore. Voglio dimenticare il mio urlo disperato che sembrava nessuno sentisse. Voglio dimenticare tutto. Tutto.

Sprofondo in un sonno profondo pensando a ciò che è successo.
Ma che bella la mia prima giornata di lavoro.

Never without you.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora