Una tela bianca. Lei, seduta sullo sgabello, di fronte al cavalletto. Un pennello in mano. Colori. Tenui, soffusi, mescolati l'uno con l'altro per sfumarsi in cascate di arcobaleni e praterie fiorite. In riquadri di sogni. Lei era lì. Che dipingeva. I suoi capelli di un castano chiaro, la sua pelle ambrata. La rividi, in quel freddo giorno di novembre. Con la sua solita maglietta sporca di acquaragia e i suoi jeans rattoppati e macchiati di colore. Scalza, sul parquet di casa. Stava lì, e tracciava un veloce e istantaneo segno sulla tela. Fissava un punto fisso, al centro del candore immenso del quadro ancora spoglio. Io c'ero, ma in realtà ero lontana. Ero come immateriale, distante dal ricordo. La memoria mi aveva portata in quel posto ormai dimenticato, senza sapere come. La nostra vecchia casa, i mobili come una volta, il divano verde e i suoi cuscini rossi che sembravano papaveri sul prato estivo, le finestre spalancate sulla pioggia. Fuori pioveva un mondo grigio, ma lì dentro esplodeva il colore. Il colore dell'amore di una madre e di una figlia. La pittura scarlatta gocciolava dalla tela, graffiandola, incidendola, rigandola, come sangue su una ferita. La ferita ancora aperta del mio cuore. Rimase immobile di fronte a quel taglio rosso sulla tela bianca. Lo scrutava, come se aspettasse che accadesse qualcosa, come se da un momento all'altro il quadro si sarebbe completato da solo, o come se cercasse di capire qualcosa. Mentre fissava le gocce rosse precipitare giù dalla tela, col pennello a mezz'aria e la pioggia che grondava fuori, arrivò una bambina, dai capelli scuri e la pelle pallida come la tela vuota. La donna sullo sgabello non la udì, non se ne accorse nemmeno del suo arrivo. I suoi occhi erano ancora concentrati sul dipinto. La bambina si avvicinò silenziosamente alla madre, finché non notò, al centro del tavolo, qualcosa che catturò la sua attenzione. Era un foglio di carta, ripiegato. Lo afferrò con cautela, e corse via. Si rifugiò dietro la porta della cucina, così che la madre non la potesse vedere. Sul pezzo di carta, una calligrafia veloce e affilata. E un nome. Un nome estremamente familiare. Un nome tagliente quanto quelle lettere svolazzanti. Un nome che era stato, in qualche modo, cancellato dalla sua memoria. Forse, rimosso solo in parte. O semplicemente sbiadito, a causa degli anni e delle circostanze. Eppure si stagliava lì, netto come una cicatrice nera sulla carta bianca. Più chiaro che mai.
"A Luvinia."
La bambina aprì la busta e cominciò a leggere. Era una lettera carica di dolore, di pianti sommessi, di paura, di silenzi, di ombre.
"Anche quando me ne sarò andata, ricordati che saremo sempre sorelle." diceva l'ultima riga.
All'improvviso, qualcuno arrivò.
Era la donna, bagnata di lacrime e dal viso sconvolto.
Non disse nulla, semplicemente strappò di mano la busta alla figlia e la abbracciò.
E, poi, cominciò a canticchiare una canzoncina, una leggera filastrocca, all'orecchio della bambina. Erano parole dolci, rassicuranti. Parole d'amore, di perdono. Di rimorsi e di scelte sbagliate. Parole che potevano in un attimo riparare tutto. Parole che la figlia non aveva mai dimenticato, e che, in qualche modo, avevano una loro anima, che era rimasta sempre viva nel suo cuore. Parole che, questo la bambina se lo ricordava bene, servivano per ricominciare da capo, anche quando ci si svegliava dopo un brutto sogno.
"Sono i dettagli, June, che rendono la realtà quella che è"- Il Voyageurs National Park l'ha sconvolta, Abigail.
- Lo so. Ma potrebbero ancora essere là.
- Ne dubito. Se ne sono andati.
- Tu lo sapevi, vero?
- Cosa intendi dire?
- Insomma, sapevi che non li avremmo trovati, giusto? L'hai sempre saputo.
- Beh, June ci credeva così tanto che, per un certo momento, ci ho creduto anch'io. Ma sapevo che, se fosse andata male, ne sarebbe rimasta distrutta. Per questo avevo preferito rinunciare dal principio. Si è spezzata, e questo è quello che temevo di più.
- Cosa credi sia meglio fare?
- Non ne ho idea. - sbuffò. - Tornare a Boston, forse. A schiarirci le idee.
- Vuoi abbandonare tutto, quindi?
- Beh, dove potremmo andare? È l'unico posto che assomigli a casa.
- Allora io me ne torno a Worcester. Qui nessuno a bisogno di me.
- Come vuoi. Speriamo solo che si riprenda. Deve essere stato un duro colpo per lei.
- Volevo rivederla. Per l'ultima volta.
- Tutti lo volevamo. Ma, vedi, per lei era diverso. È sua sorella.
- Beh, non servo più qui, giusto? Prendo il primo volo per Worcester, me ne torno a casa.
- Ora? Subito?
- Sì. Sicuramente ve la caverete alla grande senza di me.
- Abby, va tutto bene?
- Sì. Tutto... tutto bene.
- No, dimmi cosa c'è. È stato il bacio, non è vero?
- Di cosa parli?
- Non l'hai mandato giù. Dopo sembravi... Eri diversa.
- Beh, è... difficile da spiegare.
- So che non riesci ancora ad accettare il mio... rifiuto, vedere che io provo qualcosa per...
- Aspetta: credevi che fossi... gelosa di te e June?
- Non è forse così?
- Tom. Io... io vorrei... vorrei solo avere quello che avete voi. Vi ho visti. In un solo sguardo vi intendete, vi... parlate, senza neanche dire una parola. Vi cercate con gli occhi, con le mani, con i gesti, senza neanche accorgervene. Ma... io l'ho notato. E anche Edward e Yuki. Tutti se ne sono accorti. Il vostro è... un rapporto speciale. Io non l'ho mai provato con Hudson. E più penso a voi due, e più mi ritorna alla mente quello che non ho mai avuto.
- Non pensavo...
- È così, Tom. E ora voglio solo tornare alla mia biblioteca di Worcester e chiarire con Hudson. Non ci sentiamo da un po' e... Credo che siano rimaste tante questioni in sospeso. Ho solo bisogno di ricominciare da capo. Capisci quello che intendo?
- Sì. Capisco perfettamente.
Continuai a tenere gli occhi chiusi per tutta la conversazione. Forse perché incollati dal pianto o semplicemente dall'immenso senso di stanchezza che ancora mi avvolgeva.
Senza nemmeno pensare al sogno che avevo appena fatto o a ciò che avevo appena sentito, mi riaddormentai.
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Latte e Cenere
RomanceJune e December sono due gemelle, identiche. L'unico dettaglio che le distingue è una piccola voglia sulla spalla sinistra. Quella di June, bianca come il latte. Quella di December, nera come la cenere. Le due sorelle però sono destinate a cercars...