Dove tutto è cominciato

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Era strano trovarsi di nuovo a Boston. Era il 10 dicembre ed erano passati sedici giorni. Sedici lunghi giorni, che mi sembravano quasi una vita intera. E ora, come se avessi percorso un ciclo infinito, ero tornata all'inizio di ogni cosa. Al principio. A dove tutto era cominciato.
Era la fine, forse. O semplicemente un nuovo inizio. E, come spesso accade, prima che tutto finisca, c'è bisogno di riflettere, di pensare con chiarezza. Di fermarsi. Anche se per pochi istanti. In un posto speciale. Magari, a casa.
E pensai subito a Boston. Forse perché era l'unico posto che davvero era stato, almeno in parte, casa mia. Ci avevo vissuto tutta la mia vita e ci ero affezionata. A volte sentivo di non appartenerci completamente a quel posto, ma, dopotutto, Boston era una parte del mio cuore. La pioggia di novembre, la nebbia, il traffico, i grattacieli, la campanella dell'inizio delle lezioni, le strade, il Club Sandwich alla caffetteria del campus, il Charles e il Mystic al tramonto, che diventano nastri dorati e argentei che si snodano sinuosi attraverso la città, il porto, Chinatown e Charlestown, la metropolitana velata della stanchezza del mattino, i cinema all'aperto in estate, il Patriots' Day e la maratona, i pomeriggi passati al Museum of Fine Arts, i viali tinti d'arancio e ocra in autunno del Boston Common: facevano parte di me, o, comunque, del mio passato.
- Sì, perfetto. - fece Tom al cellulare, mentre all'altro capo del telefono gli parlava Percival, da Moorhead. - Grazie mille. - e chiuse la chiamata.
- Allora? - gli domandai.
- Gli invierò le chiavi della jeep per posta all'hotel, recupererà l'auto al parcheggio dell'aeroporto di Minneapolis e me la riporterà appena possibile.
- Bene. - sorrisi, ammirando la facciata della scuola nel gelido freddo del mattino. - Sarà bello rivedere Percival.
Percorremmo la scalinata d'ingresso, imponente e gloriosa, mentre gli studenti creavano un via vai di cappotti, berretti, sciarpe, sbuffi di fiato nell'aria, abbracci, zaini, guanti, chiacchiericcio, musica, biciclette e motorini. C'era gente di corsa, in ritardo, oppure chi semplicemente voleva entrare subito al caldo. Fuori si congelava e il cielo era pallido e freddo, molto diverso da quello roseo e tenue della Norvegia.
Appena entrammo, fummo pervasi da un tiepido calore, eppure dentro di me percepivo una sensazione di freddezza e lontananza da quel posto un tempo familiare.
All'improvviso, attraversando di nuovo dopo un tempo che mi sembrava infinito i corridoi della scuola, mi pervase un'inaspettata nostalgia di Luvinia, di Abby e Ed, di Yuki, di Imogen, di Percival, di Portland, di Worcester, di Arland, di Molnes, della jeep, della strada, del viaggio, del dubbio, dell'incertezza, dei cieli notturni pieni di stelle cadenti, delle canzoni che riempivano l'aria, delle conversazioni con Tom nel cuore della notte o di prima mattina, del Two Oaks Motel, di Moorhead, del mio primo volo in aereo, di Peggie e Hammond, della neve, del faro e del mare all'alba, della Pioneer Courthouse Square, della mappa, degli waffles con lo sciroppo d'acero, di Funkley, della mia nuova vita. Eppure ora sembrava che quel capitolo della mia vita si fosse chiuso di colpo, e tutto fosse ricominciato, là dove era iniziata quella parte della mia storia ormai messa da parte. Però no, non l'avrei cancellata. Non l'avrai mai cancellata. Semplicemente dentro di me sentivo che qualcosa stava per fiorire come un bocciolo di rosa in inverno, che nonostante il freddo, vuole vedere la luce. Perché avevo solo bisogno di calore, di luce per bocciare, per spiccare il volo. Ero stanca di aspettare. E, finalmente, sarei ripartita. Presto, anche se non sapevo ancora dove. Volevo vedere il mondo, seguire la mappa di December e trovarla. Anche se fossi dovuta andare in capo al mondo, l'avrei rivista. Avrei visto la luce nei suoi occhi, identica alla mia. E sarei sbocciata, con quella luce. Sarei rifiorita, come se fossi rimasta per tutto quel tempo solo un esile stelo, un bocciolo chiuso e impaurito. Ero pronta e sarei ripartita da lì. Dove tutto era cominciato. Con un colpo di fulmine, con un incidente.
Ma sapevo che, questa volta, non sarebbe stato solo un caso, una coincidenza o un incidente. No, sarebbe stata una mia scelta.
L'avrei trovata. Sarei andata ovunque, per lei. E non importava tra quanto tempo, né dove. Ma ci saremmo state. Ma ci saremmo riviste, ci saremmo guardate negli occhi. Sì, noi. Come quando eravamo solo delle neonate, vicine di culla. Non ci saremmo mai più perse di vista, non avremmo permesso alla distanza di tenerci lontane. Non più.
- E ora? - mi chiese mentre uscivamo nel cortile. - Mi fai conoscere il tuo mondo?

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⏰ Ultimo aggiornamento: Dec 17, 2016 ⏰

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