Eva seguiva la partita con grande apprensione, come se fosse veramente in Polonia nello stadio dov'era stata poco tempo prima.
Il tifo nel bar era davvero simile al vero e proprio stadio: ogni volta che inquadravano Sergio, sentiva il suo cuore sussultare e un brivido le scivolava lungo la schiena. Era questo l'effetto che gli faceva, dal vivo o in televisione, da sempre.
Sorrideva, lo seguiva con gli occhi: lo riconosceva anche durante le inquadrature dall'alto o da più lontano, il modo in cui correva era inconfondibile.
Era passata la prima mezz'ora di gioco, mancava un quarto d'ora alla fine del primo tempo quando la telecamera seguiva l'azione dell'attaccante irlandese con il pallone incollato ai piedi.
La Spagna intera teneva il fiato sospeso.
"Sergio corri per l'amor del cieloooooo!!!!" urlava Veronica vedendo l'amico corrergli appresso.
Una frazione di secondo, poi, Eva non ebbe nemmeno il tempo di realizzare bene cosa stesse guardando: il compagno di squadra dell'irlandese super veloce si era scontrato in una corsa a duecento chilometri orari contro Sergio e l'aveva fatto crollare per terra.
Erano rotolati sul campo ed Eva aveva sentito come un colpo al cuore: il suo sesto senso gli diceva che Sergio si era fatto male, che non era la solita caduta durante il gioco.
Dieci interminabili secondi: Sergio non si alzava. Non si muoveva. Era immobile.
Scattò in piedi, scansando la sedia dal tavola e appoggiando le mani su di esso per non perdere l'equilibrio. Il suo cuore si era fermato, Veronica e Silvia si erano guardate tenendo poi gli occhi incollati alla telecamera che lo inquadrava.
"Respira! Respira!" urlò Carmen.
Tutti tirarono un respiro di sollievo, Sergio si era mosso.
Eva però no. Era ancora in piedi, gli occhi incollati sullo schermo pregando che nessuno si azzardasse a togliere le telecamere sul suo ragazzo disteso a terra con i medici attorno.
"Non è niente, si muove, sono sicura che sta bene" le disse Veronica.
Eva però non ascoltava nessuno, le era quasi venuto un colpo dalla paura.
Avevano caricato Sergio, che si muoveva e parlava anche se lei non sentiva cosa stesse dicendo, su una barella e l'aveva portato via tra gli applausi del pubblico. Al suo posto era entrato Raul Albiol.
Eva non poteva rimanere lì dentro, aveva bisogno d'aria così chiese scusa alle amiche e scappò in strada.
L'aria fresca della sera la travolse in un momento, prese il cellulare: non le avrebbe mai risposto se l'avesse chiamato, ma lei provò lo stesso. Magari era lì, in spogliatoio, magari stava male e aveva bisogno di parlare con qualcuno. O forse era lei che aveva bisogno di sentire che stava bene, che non si era fatto niente.
"Non si è fatto niente, è un guerriero." disse una voce alle sue spalle.
Eva si voltò, convinta si trattasse di Veronica che l'aveva seguita, ma quando si trovò davanti una donna dall'aria familiare, su vertiginosi tacchi e con i lunghi capelli scuri, la guardò perplessa.
"Come dici?" le chiese continuando a digitare il numero, portandosi il telefono all'orecchio.
"Conosco Sergio" sorrise lei avvicinandosi "Non si è fatto niente di grave. Non hai visto come si è alzato subito?"
"Scusa tu che ne sai che...chi sei??" domandò, senza capire.
"Lara. La sua ex ragazza." si presentò come se nulla fosse.
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Never Let Me Go || Ramos
FanfictionSergio ci pensò un momento: era da quasi dieci anni se non di più che non vedeva i suoi vecchi compagni di classe. Considerando la piega che aveva preso la sua vita dopo la fine della scuola, quando a diciannove anni era passato dal Siviglia al Real...