XXXIV

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Salii le scale, secondo le indicazioni della bionda, e arrivai davanti ad una camera a porta chiusa. Bussai prima di aprire la porta e lo trovai sul letto che guardava il soffitto.
Sembrava che non si fosse neppure accorto di me. Continuava a fissare il vuoto, finché non decisi di rompere il silenzio.
"Ehi.." si girò, mi scrutò da cima a fondo e poi tornò a guardare in alto.
"Lo so che sei arrabbiato... io, non volevo... ehm" si alzò di scatto e mi guardò dritto negli occhi.
"Cosa non volevi? Eh? Spiegami... forse capisco il motivo per cui la mia migliore amica non mi ha detto che si era messa con una persona... di cui avevo detto di non fidarsi." Io non risposi, mi aveva spiazzata. Immaginavo che si potesse sentire deluso, ma non così tanto. Mi guardò un attimo poi tornò disteso a guardare il soffitto.
"Se non devi più dire niente, puoi anche andartene."
"Io.. mi dispiace, sapevo che se te lo avessi detto tu ti saresti arrabbiato con me... e non volevo perderti."
"Beh, stai sicura che così mi hai perso veramente." Mi scese una lacrima. Avevo gli occhi lucidi e continuavo a fissarlo, sperando che qualcosa potesse fargli cambiare idea. Ma rimase fermo. Senza fiatare.
"Va bene... io... mi d-dispiace, tantissimo" si potevano sentire i miei singhiozzi e notai un cambiamento nella sua espressione. Ma ero talmente distrutta da scappare fuori da camera sua e, di conseguenza, anche da casa sua.
Mi rifugiai sotto un albero nei dintorni. Ero dietro un cespuglio, in modo che nessuno potesse vedermi piangere. Perché sì, piangevo. Ci tenevo troppo.
D'altronde mi ero detta di non fidarmi delle persone. Poi sarei rimasta distrutta da loro.
Ed era successo... ma questa volta io avevo distrutto qualcuno, e mi si era tutto ritorto contro.

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